Articolo pubblicato il 15 marzo 2015 su QN (Carlino, Nazione e Giorno)
BOLOGNA
«IL PARTITO è casa mia. Uscire perché non sono d’accordo? Allora io rispondo: no, vai fuori te».
Pier Luigi Bersani, ieri a Bologna alla riunione della corrente della minoranza Pd, Area riformista, non strappa («di scissione non se ne parla»), ma neppure fa concessioni al premier. «Siamo la sinistra di governo», ripete l’ex segretario. Mica di lotta. Per quella c’è Maurizio Landini. E se Bersani rottama la coalizione sociale della Fiom, il capogruppo Pd alla Camera, Roberto Speranza, anche lui a Bologna, arriva addirittura a paragonare Landini a Salvini: «La pulsione antagonista è simile, la soluzione non sono le urla in tv».
Bersani, lei che ne pensa?
«Non credo che Landini voglia fare qualcosa di rilievo politico».
Sicuro?
«Interpreta la zona dei movimenti, ci vuole dialogo ma…».
Siete in contrapposizione?
«Vogliamo incidere, non urlare».
Poi c’è la sinistra dem di Gianni Cuperlo. Siete spaccati.
«Sono le tante sfumature della sinistra che ci sono sempre state».
Quindi la riunione di tutte le anime della minoranza del prossimo sabato si farà?
«Credo di sì».
Speranza, poco più in là, gli fa eco: «Speriamo…». Il deputato bolognese De Maria, cuperliano, si sbilancia: è la prima tappa. Poi bersaniani e cuperliani faranno un’unica corrente. «Noi siamo i reduci», dice qualcuno con orgoglio.

Bersani viene assediato dalla telecamere, stringe mani e fa qualche selfie. Niente a che vedere con l’entusiamo di Renzi a favore di smartphone. Ma qui c’è la Ditta, con dirigenti locali, nazionali e parlamentari (tra gli altri, Cesare Damiano, l’ex governatore Errani salutato con un’ovazione…) in prima fila come ai tempi del Pci.
L’ex segretario scuote la testa: «Dobbiamo riconquistare color che son sospesi, il partito si sta liquefacendo».
Renzi ha invertito la rotta. Niente partito liquido e più importanza a tessere e militanti.
«Noi vogliamo vedere i fatti. Vogliamo discussione, non chiacchiere».
Insomma, non si fida di Renzi?
«Gli iscritti sono in calo. La fiammella delle idee si è un po’ spenta, la cultura cattolica è in sofferenza. Dobbiamo ripescare la radice ulivista, fare una sinistra larga e non spaccarci in pacchettini…».
Ma se Renzi blinda l’Italicum…
«Noi non lo votiamo».
Il bersaniano Miguel Gotor – che guidò la fronda al Senato – ci scommette una bottiglia di champagne: «Se non cambia la riforma del Senato, l’Italicum così com’è non si vota».
Vi accusano di penultimatum.
«Credo – dice Bersani – che l’Italicum si cambierà discutendo».
Lei ha proposto la Serracchiani come mediatrice.
«Ma va. Non abbiamo bisogno di mediatori».
Ma se Renzi tira dritto e non accoglie le vostre richieste?
«Non potremo fare a meno di differenziarci».
Via a un unico correntone?
«Non farò il capocorrente».
Il capogruppo Speranza detta la linea:
convocheremo congiuntamente i gruppi parlamentari». E prova a dare delle certezze: «Non faremo saltare il banco».
Bersani, del resto, non ha dubbi: «Le riforme? Ne vorremo fare di più». Poi sollecita il decreto sui precari della scuola e piccona il Jobs Act.
Infine l’attacco finale al patto del Nazareno: «Il centrodestra deve stare all’opposizione, altrimenti prende spazio la destra di Salvini».
E quindi, Bersani, che cosa succede?
«Con la crisi la bestia che c’è negli uomini può svegliarsi».

Rosalba Carbutti