Articolo pubblicato l’11 maggio 2015 su Qn (Resto del Carlino, Nazione e Giorno)

Sognando Bush. Sì, l’amico George. «Il Presidente Berlusconi ci sta lavorando, verrà in Italia», confermano dai vertici di Forza Italia.
Il nuovo ideale azzurro, infatti, si chiama partito repubblicano modello americano. Niente a che vedere con il modello partito del Novecento, ma stile comitato elettorale evoluto. Silvio Berlusconi, prima in Liguria, ieri a Perugia alla kermesse ‘La primavera delle idee’, l’ha spiegato: «Non è la destra estrema che può battere la sinistra. È soltanto il centrodestra che può opporsi vittoriosamente a Renzi». Lo sguardo non è solo Oltreoceano. Ma anche a David Cameron, visti gli ultimi successi elettorali in Gran Bretagna, e a Nicolas Sarkozy, che ha bruciato Silvio sul tempo ribattezzando l’Ump francese ‘I Repubblicani’.
Quello che ci si chiede, dentro e fuori Forza Italia, è se basterà l’ennesimo restyling (dopo le Regionali). Dal nome al simbolo. Raffaele Fitto è contrario e rilancia le primarie per la leadership liquidando l’idea della nuova creatura politica come «un clone dei club Forza Silvio».
Ancora più netto è Matteo Salvini che, ieri, durante il tour in Puglia dopo essersi preso contestazioni e uova ha chiuso all’idea: «Non mi interessano minestroni o marmellate. Ed è la Lega che detta il programma a Forza Italia. Non siamo noi a sostenere Berlusconi, ma Berlusconi che sostiene noi».
I sondaggisti, in verità, la pensano un po’ diversamente.
Antonio Noto di Ipr Marketing valuta il nuovo ‘contenitore’ moderato in grado di onquistare «un 5/6 per cento dell’elettorato indeciso che ha abbandonato Forza Italia». Quindi, sommando gli ultimi (deludenti) risultati di Forza Italia alle Europee (16 per cento), «I Repubblicani potrebbero arrivare al 20-23 per cento e, quindi, scalzare i grillini dal ballottaggio». Fantapolitica? No, se il centrodestra trovasse un leader da contrapporre a Renzi. D’accordo anche Renato Mannheimer di Ispo: «L’elettorato moderato c’è. Quello che manca è il Cameron italiano».
Mica poco. Il politologo Piero Ignazi non ha dubbi: «Cambiare il nome e il simbolo del partito è solo un gioco ripetuto all’infinito. Non serve a nulla». Ma i veri nodi, dice Ignazi, sono altri.
L’impossibilità di fare sintesi nel centrodestra tra Salvini, Alfano e Berlusconi e, soprattutto l’identità di questo nuovo partito. «L’unico che ha tentato di costruire una destra sul modello europeo – spiega il politologo – è stato Gianfranco Fini e ha fallito. Berlusconi pensa a un nuovo soggetto moderato? È impossibile, visto che lui non è mai stato un moderato, ma ha sempre avuto posizioni di rottura».
Che fare, quindi? Dai vertici di Forza Italia ribadiscono che la leadership del Cavaliere non è in discussione, ma non chiudono del tutto la porta né a Salvini né alle primarie, benché questo strumento di selezione tra gli azzurri non piaccia. Altero Matteoli, ex colonnello di An, non ne fa mistero: «O si istituiscono per legge come negli States, oppure è meglio lasciar perdere. Io sono per la ‘Ditta’, come Bersani. E, infatti, lui mica se ne va come Civati. I partiti devono ritornare a decidere. Fitto ormai si è spinto troppo oltre per tornare indietro».
Sul partito modello Usa, il senatore azzurro semplifica: «Si torna a creare qualcosa di simile al Pdl. La mattina che con Silvio decidemmo la lista unica con Fini e Bossi c’ero anch’io. È sempre stata la sua idea. E con l’Italicum si va verso il bipartitismo, non c’è alternativa».

Rosalba Carbutti