Ho seguito gli interventi dei candidati alla segreteria all’assemblea Pd. Inutile dire che il più colto è Cuperlo, il più cool Renzi, il più diretto Civati, il più europeista Pittella. Ebbene, e il messaggio? Se li metti tutti insieme crei il candidato perfetto, quello che anche se si trova davanti il miglior Berlusconi in spolvero o il Grillo più in forma riesce a stravincere le elezioni. Peccato che un solo candidato mettendone insieme quattro è impossibile. Ergo, il vincitore sarà unico. Ma comunque vada sarà debole. Perché a ognuno manca qualcosa. Nessuno è davvero completo. 

Cuperlo usa un linguaggio forbito e appassionante, ma non buca lo schermo e non arriva alle masse: troppo radical chic.
Renzi buca il video, ma rischia di logorarsi (come Letta e più di Letta) se non si va al voto subito. E, quindi, potrebbe sì essere il candidato vincente, ma solo sulla carta.
Civati è uno diretto, che non ci gira attorno alle questioni e non ha paura di non essere fedele alla linea. Peccato che ormai sia diventato il dissidente per antonomasia e che venga riconosciuto più per i suoi no che per le sue proposte. 
Infine, Pittella. Per lui chapeau sulle tematiche europee, ma basta eccellere in questo per conquistare gli elettori del Pd ancora chiusi nel recinto di circoli, statuti e regole?
 
Ecco, riascoltando i loro interventi, rianalizzando le loro interviste, i loro tweet, le loro facce, mi sono ritrovata d’accordo con Cuperlo: «Anche il più bravo di noi, da solo non ce la fa». Ecco, appunto, uno solo di questi quattro a governare Paese e Pd rischia di scoppiare. Quindi? Per complicare le cose i nostri eroi democratici hanno litigato (perché non mettono in statuto la rissa verbale?) ed è scoppiato il caos, rinviando ancora il voto sulle nuove regole (vedi alla voce coincidenza segretario-premier).
Morale: gli operai non votano più il Pd, la base è delusa, l’identità del partitone è confusa e i democratici continuano nel solito e incessante auto-logoramento. Basta leggere il cronoprogramma postato da Stefano Ceccanti (ecco le date, dunque: 27 settembre la direzione fa il regolamento per il congresso; 14 ottobre si riuniscono le commissioni provinciali; 15 ottobre termine per le candidature e presentazione delle piattaforme; 15 novembre si riuniscono i circoli; 19 novembre le convenzioni provinciali; 24 novembre la convenzione nazionale. Poi ha il via la seconda fase: 25 novembre la presentazione delle liste; 8 dicembre il voto; 15 dicembre la proclamazione in assemblea) per capire che il Pd rischia di vivere in una realtà parallela.
 
Rosalba Carbutti
 

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