Non ci spaventano i 1200 chilometri che ci separano dai tagliagole del califfato in Libia perchè anche se la distanza fosse dimezzata abbiamo sufficienti mezzi ed energia militare per difenderci. Il problema sono le <bombe umane> che la Libia del dopo Gheddafi scarica su di noi: sono le migliaia e migliaia di clandestini (non tutti libici) che da laggiù partono per l’Italia anche ora, in febbraio, con condizioni del mare pessime, al freddo, senza tenere conto del maltempo.
In parte si tratta di interi popoli spontaneamente in fuga e in parte si tratta di ondate di profughi costretti a partire per l’Italia dai trafficanti di uomini e dai capi del califfato. Le cronache parlano di disperati minacciati di morte e presi a pistolettate per costringerli a partire sui gommoni della morte. Mentre l’Occidente tentenna e l’America non decide, l’Italia paga il prezzo più alto. E alla fine ci rendiamo conto che se Gheddafi era un satrapo instabile, almeno era in qualche modo gestibile mentre chi ora arriva dopo di lui è sicuramente peggio. La primavera araba ci ha regalato in Libia un governo che non esiste e che ora sta soccombendio ai tagliagole del califfato. Sul fronte dei clandestini nel mediterraneo Mare Nostrum è stato un flop (anche se ha salvato molte vite) Frontex è una operazione europea che non esiste. E le ondate di migranti sono riprese senza sosta.
L’Egitto agisce da solo e bombarda l’Isis come ha fatto la Giordania in Siria ma l’Italia deve giustamente rispondere ad una forza internazionale. Allora battiamo i pugni davanti all’Onu e facciamoci sentire. L’incendio arabo ci sta investendo.

Beppe Boni