Di Lorenzo Bianchi

Dopo oltre un mese di proteste di piazza (nella foto scattata a Tbilisi, la capitale) la legge sulle organizzazioni non governative straniere è stata approvata il 14 maggio dal Parlamento georgiano con 84 voti a favore e 30 contrari. L’ha voluta il partito “Sogno georgiano” che guida il governo. Lo fondò 12 anni fa il ricchissimo oligarca Bidzina Ivanishvili, 68 anni, chiamato Boris quando viveva a San Pietroburgo (La città di Putin), primo ministro del Paese dall’ottobre del 2012 al novembre dell’anno dopo, titolare di un patrimonio che vale il 30 per cento del Prodotto interno lordo della Georgia e che lo colloca fra i 600 uomini più ricchi del mondo. Per un quadro di Picasso ha presentato un’offerta da capogiro, fa beneficenza e finanzia la costruzione di chiese, abbraccia gli alberi tutte le mattine. Ne ha raccolti in ogni angolo del suo Paese e li ha ripiantati in un parco di 60 ettari. La sua villa da 50 milioni di dollari si affaccia su Tbilisi, la capitale, dall’alto del monte Mtatsminda. Da lì ha osservato le manifestazioni di massa che percorrono la capitale dal 9 aprile. Il 13 maggio ha infranto il muro autoimposto del silenzio e ha dichiarato: “Questo è solo il Partito globale della guerra e dietro c’è l’Occidente”.

La sua grande avversaria di oggi è una sua creatura. E’ la presidente Salomè Zourabishvili, di origine francese ed ex ambasciatrice di Parigi in Georgia. E’ contraria alla legge e ha già annunciato che porrà il veto. Entro due settimane dovrà rimandarla al Parlamento, ma con l’obbligo di proporre un testo alternativo che potrà essere accettato o rigettato in toto dall’assemblea, senza la possibilità di una mediazione. Dopo l’annuncio dell’approvazione un gruppo di manifestanti ha sfondato parte delle barriere di metallo poste a protezione dell’entrata del Parlamento e la polizia in tenuta antisommossa ha reagito con i cannoni ad acqua per disperdere la folla. Il ministero dell’Interno ha avvertito che ogni protesta al di fuori dei limiti della legge “porterà ad una risposta appropriata» delle forze dell’ordine”. Tredici manifestanti sono stati arrestati all’esterno dell’edificio del Parlamento: sono accusati di reati amministrativi, di resistenza alla polizia e di piccolo teppismo, ha dichiarato il Ministero degli Interni. Un anno fa la legge era stata ritirata sotto la pressione di un’analoga ondata di proteste.

Il portavoce dell’Unione europea Peter Stano ha ribadito la contrarietà alla normativa, affermando che la sua adozione “è un ostacolo grave nel percorso della Georgia per l’ingresso nella Ue”. Tbilisi ha ottenuto nel dicembre scorso lo status di Paese candidato, ma per l’avvio dei negoziati dovrà dimostrare, entro il prossimo ottobre, di aver varato riforme per adeguarsi ad una serie di requisiti in vari campi, tra i quali la trasparenza, la libertà di espressione, la lotta alla corruzione e la fine del potere degli oligarchi. Anche gli Usa avevano chiesto il ritiro della legge ritenendo che possa portare ad un “soffocamento del dissenso e della libertà di espressione”.

La legge è stata immediatamente ribattezzata “legge russa” perché ricalca quella introdotta dal presidente della Federazione russa Vladimir Putin. I media, le Ong e altre organizzazioni no profit debbono registrarsi come entità “che perseguono gli interessi di una potenza straniera”, se ricevono più del 20% dei finanziamenti da soggetti esteri. Questa quota le sottopone a un regime giuridico separato, impone onerosi obblighi di rendicontazione e introduce pesanti sanzioni amministrative in caso di non conformità a un processo di monitoraggio governativo poco trasparente. Le ong e le organizzazioni no profit dovranno presentare rapporti finanziari mensili che includono informazioni su numero di dipendenti, contratti di servizio e tasse pagate. I mas media dovranno invece fornire resoconti mensili sulle entrate e sulle spese. Una velleità di controllo da parte del governo che vuole soffocare chi si oppone all’esecutivo.

“Screditando”, secondo il premier Irakli Kobakhidze, “la polizia, la magistratura e la Chiesa ortodossa locale”. A ottobre in Georgia si vota.  

La proposta è di fatto identica a quella che lo stesso partito al governo è stato costretto a ritirare l’anno scorso dopo le proteste di piazza. Con una piccola, ma significativa, differenza: nella nuova versione della norma l’espressione “agenti di influenza straniera” è stata sostituita con “organizzazioni che servono gli interessi di una potenza straniera”. Nell’ottica del partito Sogno Georgiano la legge è necessaria per arginare quella che ritiene “un’influenza esterna dannosa” per la scena politica interna e per impedire ad attori non georgiani non identificati di tentare di destabilizzare l’assetto politico del Paese. Gotcha Javakhishvili, l’ambasciatore in Francia, si è dimesso chiedendo il “ritiro” della norma.  I critici del blocco occidentale sostengono invece che il “no” alla legge sulle influenze straniere è supportato e spinto alle proteste da un Occidente che vuole strappare Tbilisi al “russkij mir” (“mondo russo”) per portare la Nato anche lì.

La vicenda georgiana sembra a grandi linee una fotocopia della tragedia ucraina. Anche in Georgia esistono due territori separatisti che guardano a Mosca. Sono l’Abkhazia e l’Ossezia del Sud. Nel 2008 la Federazione russa ha invaso il 20% del Paese caucasico, perché, nell’aprile dello stesso anno, al vertice Nato di Bucarest venne concordato il futuro ingresso della Georgia nell’Alleanza Atlantica. Solo a parole, senza impegni scritti, ma tanto bastò. I soldati del Cremlino non se ne sono mai andati. Nel frattempo Tbilisi ha scelto di non aderire alle sanzioni occidentali contro Mosca, nel timore di una risposta militare da parte di una Russia indispettita.