Di Lorenzo Bianchi

Una fila di civili in coda per avere un po’ di farina e un veicolo sono entrati nel mirino di un drone israeliano nella striscia di Gaza. È successo a Qizan al-Najjar, a sud di Khan Yunis. Le vittime sono otto. Le forze armate israeliane sostengono di aver preso di mira un’auto sulla quale viaggiava un uomo che aveva partecipato all’attacco del 7 ottobre. “Il terrorista è stato sotto sorveglianza dell’intelligence per un lungo periodo ed è stato colpito in seguito a informazioni affidabili sulla sua posizione in tempo reale”, ha riferito l’esercito israeliano. Secondo la rete televisiva del Qatar “Al Jazeera” tre dei cinque uccisi erano operatori locali dell’organizzazione non governativa di aiuto alimentare World Central Kitchen. Uno era il direttore.  Anche “Save the children” lamenta una vittima. Le Forze Israeliane di Difesa hanno fatto sapere che stanno vagliando l’informazione secondo la quale il terrorista ucciso era stato assunto in qualche fase dopo l’inizio della guerra. “Sottolineiamo che si trattava di un veicolo civile non contrassegnato e il suo movimento lungo il percorso non era coordinato per il trasporto di aiuti”, hanno precisato. Lo scorso aprile sette operatori umanitari internazionali della World Central Kitchen erano stati presi di mira a Deir el-Balah, mentre viaggiavano su tre veicoli appartenenti all’organizzazione. L’esercito israeliano aveva sostenuto che si era trattato di un errore di identificazione.

Secondo l’agenzia di stampa palestinese “Wafa” almeno dieci civili sono stati uccisi e altri sono rimasti feriti questa notte in un attacco aereo israeliano nel quartiere Sheikh Radwan, nel nord-ovest di Gaza. Per il ministero della sanità di Gaza, gestito da Hamas, nella Striscia i morti sono 44.382 e 105.142 feriti dall’inizio della guerra con Israele. Nelle ultime 24 ore 19 civili hanno perso la vita.
Secondo l’agenzia di stampa palestinese “Wafa” almeno dieci civili sono stati uccisi e altri sono rimasti feriti questa notte in un attacco aereo israeliano nel quartiere Sheikh Radwan, nel nord-ovest di Gaza. Per il ministero della sanità di Gaza gestito da Hamas nella Striscia i morti sono 44.382 e 105.142 feriti dall’inizio della guerra con Israele e nelle ultime 24 ore 19 civili hanno perso la vita, dieci dei quali a Sheikh Radwan. “Al Jazeera” fa salire la cifra a 23,

Un soldato israeliano è stato ucciso durante gli scontri nella Striscia di Gaza settentrionale, ha annunciato l’esercito. Si tratta del sergente Zamir Burke, 20 anni, comandante di una squadra di mezzi pesanti. Hamas ha diffuso un video di un ostaggio. E il cittadino americano-israeliano Edan Alexander. “Un crudele promemoria del terrore di Hamas contro i cittadini di più Paesi, incluso il nostro”, afferma in una nota il portavoce del consiglio per la sicurezza nazionale Usa Sean Savett, ricordando che Il presidente Biden e gli Stati Uniti continueranno a lavorare 24 ore su 24 per garantire il rilascio rapiti. Nelle ultime 24 ore 19 civili hanno perso la vita, dieci dei quali a Sheikh Radwan. “Al Jazeera” fa salire la cifra a 23,

La tregua fra Israele e gli Hezbollah libanesi filoiraniani scricchiola. il 29 novembre a meno di quarantotto ore dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, l’esercito israeliano ha fatto sapere di aver lanciato un attacco aereo nel Libano meridionale per colpire un magazzino di missili a medio raggio di Hezbollah dopo aver individuato attività dentro il sito. Poche ore prima aveva sparato colpi di avvertimento contro sospettati che a bordo di un veicolo si avvicinavano alle zone di confine (due feriti) e usato un drone nel villaggio di Markaba, un comune del Libano situato nel distretto di Marjayoun, governatorato di Nabatiye.

L’esercito libanese ha accusato le Forze Israeliane di Difesa di aver “ripetutamente violato il cessate il fuoco”, ma ha anche avvertito i cittadini che cercano di tornare nei loro villaggi e nelle città del confine meridionale del Paese – principalmente nei distretti di Tiro, Bint Jbeil e Marjayoun – di non avvicinarsi alle aree nelle quali si trovano le Forze Israeliane di Difesa. A sua volta il premier israeliano Benyamin Netanyahu ha minacciato “una guerra intensa” se la tregua sarà violata dai miliziani sciiti, “altro che operazioni chirurgiche, come stiamo facendo ora”.

I media libanesi e fonti della sicurezza hanno dichiarato che il fuoco israeliano ha colpito sei distretti: Markaba, Wazzani e Kfarchouba, Khiyam, Taybe e le pianure agricole intorno a Marjayoun. Sono tutte entro due chilometri dalla Linea Blu che dovrebbe segnare una sorta di confine tra i due Paesi. Una fonte dell’esercito libanese ha affermato che i militari stanno “effettuando pattugliamenti e allestendo posti di blocco” a sud del fiume Litani senza avanzare nelle aree occupate dai soldati israeliani. Anche oggi le Forze Israeliane di Difesa hanno imposto il coprifuoco dalle 5 del pomeriggio alle 7 del mattino.

Gli oltre 60mila sfollati israeliani non hanno ricevuto indicazioni su quando potranno tornare, sebbene ieri una piccola parte sia rientrata senza aspettare decisioni ufficiali da Gerusalemme. Il documento siglato nella serata del 26 novembre prevede due mesi di stop al fuoco. In questo arco di tempo i miliziani sostenuti dall’Iran devono ritirarsi a circa 20 chilometri dal confine e le truppe israeliane lasceranno il territorio gradualmente. La linea di demarcazione sarà pattugliata dall’esercito regolare di Beirut e dai caschi blu dell’Onu.

Il 28 novembre migliaia di persone hanno cercato di attraversare il confine tra Siria e Libano. A Jousieh, nella provincia siriana di Homs, i veicoli si sono messi in fila in attesa dell’autorizzazione per passare. Dei sei valichi di frontiera tra i due Paesi solo due rimangono operativi dopo i raid dell’aviazione israeliana (in sigla Iaf). Si stima che oltre 600 mila persone fuggite in Siria per la guerra dovrebbero fare ritorno in Libano. Solo dal sud sono stati sfollati in 300 mila. In totale circa 1,2 milioni di persone si sono dovute allontanare da casa.

L’esercito israeliano ha reso noto che in 14 mesi sono stati uccisi 3.500 membri di Hezbollah. Dopo la firma della tregua in Libano, alcuni funzionari statunitensi hanno riferito al quotidiano statunitense “New York Times” che Hamas potrebbe rinunciare alle richieste fatte finora e accettare un accordo di cessate il fuoco a Gaza, un’intesa che Israele potrebbe recepire. Una delegazione del gruppo fondamentalista che governa la Striscia si recherà a breve al Cairo, mentre i negoziatori egiziani hanno raggiunto Tel Aviv. Secondo il quotidiano di Beirut “al-Akhbar” (“Le notizie”) il piano prevede una tregua iniziale di un mese o due e il rilascio graduale degli ostaggi. Oltre a un rapido ripristino della funzionalità del valico di frontiera di Rafah tra Egitto e Gaza, sotto la supervisione dell’Autorità Nazionale Palestinese e del Cairo. A Israele verrebbe però concesso il diritto di porre il veto su coloro che lo attraversano. Secondo il report, inizialmente ai militari dello stato ebraico sarà consentito anche di mantenere le loro posizioni all’interno della Striscia di Gaza. Il quotidiano economico statunitense “Wall Street Journal” ha riferito che i funzionari egiziani sono stati in contatto in questi giorni con lo staff del presidente americano eletto Donald Trump per valutare se intende lavorare ad un ammorbidimento della posizione di Netanyahu. Quest’ultimo, da parte sua, come fanno notare i media nazionali, è particolarmente impegnato sul caso dei mandati d’arresto della Corte Penale Internazionale dell’Aja a carico suo e dell’ex ministro della Difesa Yoav Gallant. Contro il provvedimento è stato presentato appello mercoledì. In un’intervista radiofonica all’emittente pubblica israeliana “Kan 11” il portavoce della Corte Fadi El Abdallah ha affermato che i mandati di arresto per Netanyahu e per Gallant potrebbero essere revocati, se in Israele verrà avviata un’indagine seria e approfondita sulle loro responsabilità.

“Sono pronto a un cessate il fuoco” a Gaza “quando penseremo di poter ottenere il rilascio degli ostaggi”, ha detto il premier israeliano Benjamin Netanyahu in un’intervista alla tv “Channel 14”, ripresa da “Times of Israel”, precisando però che non sarebbe la fine della guerra. Senza entrare nei dettagli, il premier ha spiegato che Israele sta facendo “molte, molte cose” per cercare di raggiungere un accordo sui rapiti in circostanze che ritiene migliori dopo la morte del leader di Hamas Yahya Sinwar e l’entrata in vigore del cessate il fuoco in Libano. A Beirut è diventato virale il filmato postato dal figlio del defunto leader del partito di Dio Hasan Nasrallah, ucciso dall’Idf esattamente due mesi fa: nel video Mahdi celebra “la vittoria” tra le macerie della sua casa di Dahyeh.

Dall’altra parte del confine, nel nord di Israele, secondo dati ufficiali, 12mila persone, il 20 per  cento dei residenti evacuati, hanno già fatto ritorno oggi, nonostante i danni gravi non solo agli edifici ma anche alle infrastrutture, alle fognature e alle strade. Ora l’Idf ha 60 giorni per ritirarsi, l’esercito libanese assumerà gradualmente la responsabilità del Libano meridionale, un comitato guidato dagli Usa controllerà che l’intesa sia rispettata. Molte le immagini di mezzi militari libanesi in strada, diretti verso il sud.

Martedì 26 novembre a poche ore dalla tregua Hezbollah ha sparato droni e missili verso il nord e il centro di Israele e le Forze Israeliane di Difesa hanno sganciato tonnellate di bombe su 360 siti dei miliziani libanesi. Nelle prime ore del mattino, l’aviazione ha sferrato il colpo più micidiale: cento bombe, molte anti-bunker, del tipo usato per uccidere Nasrallah, hanno polverizzato la fabbrica supersegreta di missili terra-superficie. Un colpo pianificato dai vertici dell’Idf come “attacco finale” a Hezbollah. Gli effetti politici della tregua si sono visti subito: «Speriamo che questo accordo apra la strada a un’intesa che ponga fine anche alla guerra a Gaza», ha dichiarato il funzionario di Hamas Abu Zuhri. Le milizie filoiraniane che operano in Iraq hanno detto che stanno valutando la possibilità di smettere di sparare razzi contro Israele. Oggi il negoziatore di Biden, Amos Hochtstein, ha parlato per la prima volta in pubblico dell’accordo, sottolineando che l’Iran lo ha sostenuto e potrebbe fare pressione su Hamas. In serata, mentre il premier israeliano parlava di tregua, l’Idf ha colpito nel cuore della capitale libanese prendendo di mira il quartiere Hamra, come aveva preannunciato sui social il portavoce dell’esercito. Tra gli obiettivi bombardati le filiali dell’associazione Al-Qard al-Hasan, rimpinguate dai petrodollari di Teheran, e notoriamente utilizzata da Hezbollah come una banca, in tutto il Libano.

La tregua è arrivata poche ore dopo che la 91ma divisione dell’Idf ha raggiunto il fiume Litani, nel settore orientale del Libano meridionale, per la prima volta dal 2000, anno nel quale Israele si ritirò dalla zona sud del Paese. Questa volta a 60 giorni dal ritiro completo delle truppe che hanno piantato le bandiere biancoazzurre sugli argini. Obiettivo dell’Idf nell’ultimo giorno di guerra era quello di creare un cuneo tra Hezbollah e un milione e mezzo di sciiti libanesi che torneranno alle loro case nel sud del Paese. I miliziani del partito di Dio a loro volta hanno martellato il nord di Israele lanciando per tutta la giornata e fino a sera ondate di razzi e droni su Haifa, su Acri e sulla Galilea. La conferenza stampa di Netanyahu è stata preceduta da una serie di febbrili consultazioni: prima con i ministri di ultradestra contrari al cessate il fuoco. Poi con un gruppo limitato di ministri e alti funzionari della Difesa. L’accordo è stato sottoposto all’approvazione del solo gabinetto e non del governo e della Knesset, con la motivazione che questo è un documento di cessate il fuoco e non una decisione politica.

Gli analisti israeliani hanno sottolineato che l’accordo con il Libano, ma soprattutto l’intesa collaterale con gli Stati Uniti, fornisce a Israele la legittimità di distruggere le infrastrutture militari che Hezbollah cercherà di ristabilire a sud del Litani, e di intervenire militarmente – entrando con i suoi caccia nello spazio aereo libanese – ogni volta che i miliziani filoiraniani violeranno la tregua o cercheranno di ricostruire le loro capacità minate dal conflitto. Svincolare questo punto dall’intesa sul cessate il fuoco, dando spazio a un accordo solo tra Usa e Israele, garantisce un ombrello politico a Gerusalemme e alle Forze Israeliane di Difesa completa libertà d’azione. Il governo libanese ha insistito affinché non si parli di un nuovo accordo tra i due Paesi, ma di decisioni che garantiranno l’attuazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza Onu per aggirare l’ostacolo di un nuovo voto di Hezbollah in Parlamento, poiché l’ha già approvata nel 2006. Sulla questione è intervenuto anche Ali Khamenei. La Guida suprema dell’Iran ha affermato che Netanyahu e Gallant “dovrebbero essere giustiziati per crimini di guerra”.

Il corpo del rabbino israelo-moldavo Ziv Kogan, della comunità ultraortodossa Chabad è stato trovato a Al Ain, a 150 chilometri da Abu Dhabi e al confine con l’Oman. I tre presunti assassini sono stati arrestati, ha annunciato il ministero degli Interni degli Emirati Arabi Uniti. Le informazioni fatte trapelare dalle agenzie di sicurezza hanno immediatamente indicato che i sospettati sono tre uzbeki, da tempo inseriti nei database dei servizi segreti come reclutati dall’Iran. La cellula ha seguito il giovane rabbino, 28 anni, tre giorni prima all’uscita dal supermercato kosher Rimon che gestiva a Dubai. Poi, telefono spento e nessuna notizia. Gli ostaggi detenuti a Gaza da Hamas sarebbero 97. La metà sarebbe morta. Hamas ha annunciato che sarebbe stata uccisa Daniella Gilboa. Era una delle soldatesse che tenevano sotto osservazione il confine con Gaza e che avevano avvertito, inutilmente, che i miliziani preparavano un assalto in grande stile.

Il Paese arabo del Golfo è il più videosorvegliato al mondo. In ogni strada ci sono telecamere a circuito chiuso, il che ha evidentemente aiutato le indagini. I tre cittadini uzbeki sospettati, dopo l’omicidio hanno preso un volo diretto in Turchia. L’auto di Kogan è stata trovata ad Al Ain, nel veicolo c’erano segni di lotta. Non è ancora chiaro se sia stato ucciso lì o altrove, ha dichiarato l’ex politico druso israeliano Ayoob Kara in un’intervista da Dubai. I media locali sottolineano che non sarebbe la prima volta che Teheran si serve di terroristi dell’Uzbekistan: fondamentalisti provenienti dal Paese dell’Asia centrale sono stati coinvolti in attentati nel 2017 a New York, Stoccolma, Istanbul, San Pietroburgo. Nei due primi casi si sospetta che fossero collegati ai pasdaran iraniani. Puntando senza dubbio il dito contro la repubblica islamica, primo oppositore della distensione tra Israele e i Paesi arabi a cui hanno già aderito Emirati e Bahrein. Zvi Kogan era il rappresentante nel Paese del Golfo del movimento Chabad, una delle più grandi organizzazioni chassidiche dell’ebraismo ortodosso, che opera ovunque vi sia una presenza di ebrei affinché abbiano un punto di appoggio, anche in Paesi con cui Israele non ha relazioni diplomatiche.

La guerra tra Hezbollah e Israele si intensifica a colpi di raid. All’indomani dei devastanti bombardamenti israeliani nel cuore di Beirut, la milizia sciita ha risposto lanciando nelle prime dodici ore della giornata oltre 250 razzi e droni contro obiettivi non solo nel nord dello Stato ebraico, ma anche in alcuni sobborghi di Tel Aviv e provocando dieci feriti. Il movimento sciita ha poi riferito di aver distrutto sei carri armati israeliani nel sud del Libano.

Israele ha riaperto il fuoco sulla periferia di Beirut e ha colpito un checkpoint dell’esercito libanese nella zona di Tiro, causando la morte di un soldato e il ferimento di altri 18. Il premier libanese ad interim Najib Mikati ha bollato l’attacco come “un sanguinoso rifiuto di tutti gli sforzi per raggiungere un cessate il fuoco”. Dopo l’attacco che ha ferito quattro caschi blu italiani, la missione Onu ha segnalato il ritrovamento di nuovi frammenti di razzi e droni nei pressi della base a Shama. Il governo israeliano ha annunciato ieri di aver interrotto ogni forma di comunicazione o pubblicità con media liberal, fra questi il quotidiano “Haaretz” e il canale televisivo “Kan 11“.

Nel nord della Striscia di Gaza è stato colpito l’ospedale Kamel Adwan. Abu Safia, il direttore, risulta ferito a una gamba. L’Ue si è detta pronta a stanziare 200 milioni per sostenere l’esercito libanese. Secondo l’ex ministro israeliano della difesa Yoav Gallant l’obiettivo della coalizione che sostiene il premier Benjamin Netanyahu è mantenere il controllo della parte settentrionale della Striscia per ricostruire le colonie che furono evacuate da Ariel Sharon nel 2005. Le Nazioni Unite ritengono che la popolazione sia sull’orlo della carestia. La fame come arma di guerra e il locco degli aiuti destinati alla popolazione sono al centro dei mandati di arresto chiesti dalla Corte Penale  Internazionale dell’Aja a carico del premier israeliano, di Gallant e del comandante militare di Hamas Mohammed Deif del quale non si sa ancora se è vivo o morto.

 

Quattro soldati italiani sono rimasti leggermente feriti da razzi di Hezbollah lanciati contro la missione di osservatori delle Nazioni Unite in Libano il 22 novembre. Il ministro della Difesa italiano Guido Crosetto ha precisato che intorno alle 13 “due razzi da 122 millimetri, una tipologia usata da Hezbollah e non in dotazione all’esercito israeliano, hanno colpito la base UNP 2-3 a Shama”, sette chilometri a nord del confine israeliano. Lì opera la brigata Sassari. Uno dei missili è finito sulla struttura blindata, dove con elmetti e giubbotti i caschi blu erano entrati, e quattro soldati – raggiunti da schegge di vetro e pietrisco – sono rimasti lievemente feriti. Le loro condizioni non destano preoccupazioni. Un altro razzo è esploso vicino a “Casa Italia”, un edificio adibito a pizzeria. Il primo ministro italiano Giorgia Meloni ha espresso “profonda indignazione e preoccupazione” per l’incidente, senza attribuire colpe, anche se il capo della politica estera dell’Unione europea Josep Borrell ha affermato che i due ordigni “sono stati lanciati dagli Hezbollah”.

Il ministro italiano della difesa Guido Crosetto fa sapere su “X” di aver chiesto, attraverso il Capo di Stato Maggiore di Israele, di evitare il più possibile i combattimenti vicino alle nostre basi. I militari israeliani dopo gli incidenti dei primi giorni, si sono impegnati a tutelare la sicurezza delle basi Unifil e lo hanno fatto. “Per questo – scrive Crosetto – ho chiesto un ulteriore aiuto al mio collega Katz: di darci una mano a proteggere i contingenti dai razzi di Hezbollah. Lui mi ha risposto che i suoi militari stanno facendo ogni sforzo in questa direzione e che tengono conto della loro sicurezza nelle operazioni. Ma ha anche aggiunto ciò che io dico da quasi due anni: “La soluzione è l’attuazione e l’applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il ritiro di Hezbollah dal sud del Libano e lo smantellamento delle loro infrastrutture e delle loro armi nella regione”.

Nella stessa giornata aerei da combattimento israeliani hanno effettuato due ondate di attacchi sulla città costiera di Tiro, sul sud del Pese dei cedri e sulla roccaforte di Hezbollah nella periferia meridionale di Beirut. Il ministero della Sanità libanese ha reso noto che un attacco aereo israeliano ha ucciso oggi il direttore dell’ospedale. Dar al-Amal, nell’est del paese, vicino Baalbek, assieme a sei dei suoi colleghi. Una dichiarazione del ministero annuncia la “perdita del dottor Ali Rakan Allam, direttore dell’ospedale universitario Dar al-Amal e di sei colleghi in un vile attacco israeliano che ha preso di mira la sua residenza vicino al nosocomio”. Tutti erano membri di una forza di soccorso affiliata a Hezbollah. L’agenzia di stampa francese “Afp” ha riferito che un attacco aereo a Beirut ha abbattuto un edificio di undici piani.

Secondo i militari israeliani gli obiettivi includevano centri di comando, infrastrutture di intelligence, depositi di armi e posti di osservazione appartenenti a Hezbollah. Prima degli attacchi i militari di Gerusalemme avevano emesso avvisi di evacuazione destinati ai civili nella zona. Molti di questi siti appartenevano alla divisione regionale “Aziz” di Hezbollah, responsabile del lancio di razzi su Israele dal settore occidentale del Libano meridionale. Nel settore orientale del Libano meridionale, le truppe della settima Brigata corazzata hanno trovato diversi missili anticarro Kornet di fabbricazione russa in una postazione di lancio dei miliziani del Partito di Dio scoperta dopo che un agente era rimasto ucciso in un recente attacco aereo.

Circa 30 razzi e diversi droni sono stati lanciati su Haifa e sulla Galilea. La scorsa settimana, l’esercito ha dichiarato di aver distrutto circa 45 lanciarazzi di Hezbollah nel Libano meridionale. I raid dei miliziani sciiti contro il nord di Israele dall’ottobre 2023 hanno causato la morte di 44 civili. Settantuno soldati e riservisti israeliani hanno perso la vita in scaramucce transfrontaliere e nella successiva operazione di terra lanciata nel sud del Libano alla fine di settembre. Due militari sono caduti in un attacco con drone dall’Iraq. Le Forze Israeliane di Difesa (in acronimo inglese Idf) stimano che circa 3.000 miliziani di Hezbollah siano caduti nel conflitto.

Oggi, come martedì, condanniamo questo atto di guerra verso i rappresentanti di una missione di pace. Non abbiamo e non vogliamo interlocuzione con l’organizzazione terroristica degli Hezbollah. Il nostro interlocutore in quel territorio è Israele, una Nazione democratica ed è normale che chi come me ha a cuore la vita di ognuna delle oltre 1000 persone italiane e dei 10.000 di tutti gli Stati impegnati in Unifil, non possa che rivolgersi ad una Nazione vicina da sempre“. Lo ha scritto il ministro della Difesa, Guido Crosetto su “X”. “Per questo oggi ho chiesto, attraverso il Capo di Stato Maggiore della Difesa, di evitare il più possibile i combattimenti vicino alle nostre basi all’unico interlocutore al quale posso chiederlo: Israele. Perché le IDF, dopo gli incidenti dei primi giorni, si sono impegnate per tutelare la sicurezza delle basi Unifil e lo hanno fatto. Per questo ho chiesto un ulteriore aiuto al mio collega Katz: di aiutarci a tutelare i contingenti dai razzi di Hezbollah. Lui mi ha risposto che le IDF stanno facendo ogni sforzo per proteggere le forze e le postazioni dell’UNIFIL nella regione e che tengono conto della loro sicurezza nelle operazioni. Ma ha anche aggiunto ciò che io dico da quasi due anni: la soluzione a tali incidenti è l’attuazione e l’applicazione della risoluzione 1701 del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, il ritiro di Hezbollah dal sud del Libano e lo smantellamento delle sue infrastrutture e armi nella regione”.

Prima che si verificassero le esplosioni le Idf avevano abbattuto due droni di Hezbollah nei pressi della base. A fare le spese del conflitto nelle scorse settimane era stato anche l’altro avamposto italiano di Naqoura, finito sotto il fuoco degli israeliani. I militari dello stato ebraico sono anche riusciti a raggiungere il villaggio frontaliero di Deir Mimas, abitato in prevalenza da cristiani lungo il settore orientale della linea di demarcazione tra i due Stati: E’ la prima volta che penetrano in una località frontaliera libanese ancora in parte abitata dalla popolazione locale.

Fonti del sito in line ” Axios” hanno riferito che la risposta di Israele nei colloqui per la tregua è stata un “sì”, ma ancora interlocutorio. Hezbollah avrebbe rifiutato la partecipazione di Germania e Regno Unito al comitato di monitoraggio sull’attuazione dell’accordo, mentre accetterebbe il coinvolgimento franco-americano. Il quotidiano “al Jumhoriya“, contrario alle posizioni dell’organizzazione filoiraniana, ha rivelato maggiori dettagli sulla proposta americana: un ritiro di Hezbollah oltre il fiume Litani e dell’Idf dai villaggi libanesi, il ritorno degli sfollati di entrambe le parti e un significativo rafforzamento delle forze Unifil e dell’esercito libanese. Secondo il sito on line libanese “Nadaa al Watan“, dovrebbe essere poi istituito un comitato internazionale con la partecipazione di Usa, Francia, Gran Bretagna e un Paese arabo di cui non sono ancora state definite le competenze.

A Washington, il portavoce del Dipartimento di Stato Matthew Miller ha confermato che sono stati “compiuti progressi nell’accordo sulla tregua”. Nel frattempo dagli Usa è arrivata la notizia che un avvocato che rappresenta le famiglie delle vittime americane dell’attacco del 7 ottobre ha intentato causa presso una corte federale degli Stati Uniti contro l’Iran, Hamas, Hezbollah, la Jihad islamica palestinese e il Fronte popolare per la liberazione della Palestina. Alla corte è stata presentata una nuova prova del coinvolgimento della repubblica islamica nell’attacco: documenti segreti dimostrano come i pasdaran iraniani abbiano trasferito milioni a Hamas. Secondo il New York Times, la quota mensile di 7 milioni di dollari era stata richiesta per prepararsi all’attacco del 7 ottobre.

Sul fronte degli aiuti a Gaza l’agenzia Onu per i palestinesi, l’Unrwa, ha fatto sapere che il 17 novembre 98 camion su 109 entrati nella Striscia sono stati saccheggiati. Secondo Hamas ha affermato che 20 autori dell’assalto di diverse bande sono stati uccisi dalle forze di sicurezza locali.  Hezbollah ha lanciato decine di razzi contro il centro e il nord di Israele. Un’insegnante arabo-israeliana di 50 anni è rimasta uccisa nella cittadina araba Shafaram.

In vista del dopoguerra le Forze Israeliane di Difesa costruiscono in gran segreto avamposti stabili nel centro di Gaza.  I media hanno svelato con immagini eloquenti come l’esercito abbia trasformato il centro di Gaza in una enclave militare israeliana. I reporter di “Ynet”, il sito on line del quotidiano “Yedioth Ahronoth”, descrivono l’ampliamento del corridoio Netzarim lungo 8 chilometri e largo 7, 56 chilometri con postazioni fisse, una lunga fila di bandiere israeliane a lato dell’asse – già ribattezzato Israel flag boulevard – fino al grande avamposto sulla spiaggia, a sud del quartiere della Torre di Gaza di Sheikh Ejlin. “Tutto sarà smontato e rimosso rapidamente”, hanno promesso i militari israeliani. Nel corridoio però, spiega “Ynet”, c’è una base vera e propria, recinti, stanze per gli interrogatori, strutture di detenzione temporanea, farmacia, complessi residenziali modulari per i soldati delle due brigate di fanteria e riserva corazzata che controllano a nord e sud. Tutt’intorno le truppe stanno scavando trincee.

I miliziani filoiraniani Houthi dello Yemen tornano a minacciare la navigazione al largo della Penisola arabica nella loro campagna “di solidarietà con i palestinesi di Gaza” lanciata un anno fa. Il portavoce Yahya Saree, ha annunciato che il gruppo ha preso di mira la portaerei americana Uss Lincoln nel Mar Arabico e due cacciatorpediniere nel Mar Rosso. Il Comando Centrale americano si è limitato a far sapere che gli aerei della Lincoln hanno “supportato le operazioni contro gli Houthi sostenuti dall’Iran” nella loro area di responsabilità. La notizia si è diffusa proprio nel giorno nel quale il presidente israeliano Isaac Herzog è in visita a Washington. “L’Iran – ha detto – è l’impero del male. Il motore dell’antisemitismo”. Aveva al suo fianco di Joe Biden, che ha rinnovato “l’impegno incrollabile per la difesa di Israele”. Il viaggio di Herzog coincide con quello di Ron Dermer, il ministro israeliano per gli affari strategici e stretto collaboratore di Netanyahu, volato anche lui negli Stati Uniti per discutere della tregua, anche temporanea, con Hezbollah in Libano. Dermer l’11 novembre ha incontrato il segretario di Stato americano Antony Blinken. Altri colloqui sono fissati con Donald Trump e con i suoi consiglieri. L’esercito del Paese dei Cedri resterebbe l’unica forza armata sulla linea A nel sud del Libano, e a Israele sarebbe permessa libertà di azione in caso di violazione dell’accordo. Alcuni diplomatici hanno rivelato al canale televisivo di Stato israeliano “Kan” che i colloqui sono in corso e che, oltre agli Usa e alla Francia, sono coinvolti anche altri Paesi.

Hezbollah ha continuato a martellare il nord di Israele, dove due uomini sono stati fulminati da un razzo. Altri ordigni, definiti dal gruppo sciita “molto potenti”, sono stati lanciati verso il centro di Israele, su Tel Aviv e numerose altre località. Solo una parte è stata intercettata. In mattinata un drone carico di esplosivo ha colpito un asilo nella città di Nesher, i bambini tuttavia non sono stati feriti. Erano tutti nel rifugio.

 Secondo i media palestinesi a Deir al-Balah, sei persone hanno perso la vita. In nottata, l’esercito israeliano ha annunciato che altri quattro soldati sono caduti in combattimento nel nord della Striscia.  Hamas ha condannato gli Usa per la loro complicità nella “guerra di genocidio” nella Striscia di Gaza, dopo che Washington ha affermato che Israele non stava violando la legge statunitense sul livello di aiuti che entrano nel territorio. Hamas ha condannato le affermazioni di Washington secondo le quali Israele starebbe “prendendo misure per migliorare la situazione umanitaria a Gaza” e ha affermato in un comunicato che si tratta di una “conferma della piena collaborazione dell’amministrazione del presidente Biden nella brutale guerra di genocidio contro il nostro popolo”.

Sul fronte con il Libano, Israel Katz, il nuovo ministro della Difesa di Gerusalemme, ha dichiarato che per Hezbollah” non ci sarà tregua fino a quando non saranno raggiunti tutti gli obiettivi della guerra”. Almeno otto persone sono state uccise e altre 14 ferite in un attacco su un appartamento nella zona di Akkar, nel nord del Paese dei Cedri.  E’ stato colpito un alloggio nel villaggio di Ain Yaqoub, nel quale risiedevano alcuni sfollati provenienti dalle zone dei combattimenti nel sud del Libano. L’obiettivo potrebbe essere stato un membro della milizia sciita filoiraniana Hezbollah. Le truppe israeliane sembrerebbero aver già ripulito dalle strutture di Hezbollah la prima fascia di 5 chilometri dal confine con Israele verso il Libano e sarebbero pronte ad avviare la seconda fase per spingere il gruppo sciita ancora più all’interno.

La risposta alla pressione militare l’11 novembre è stata particolarmente rabbiosa. Gli Hezbollah hanno martellato la baia di Haifa, Acri, e la Galilea con un centinaio di razzi tirati in sequenza, provocando feriti, incendi e distruzione  i progressi nei negoziati per il cessate il fuoco sono stati confermati da Saar, ma smentiti in serata dal ministro della Difesa Israel Katz. Secondo il responsabile della difesa i siti nucleari iraniani sono oggi più vulnerabili che mai dopo i raid di Israele dello scorso 26 ottobre che hanno preso di mira i sistemi di difesa aerea della Repubblica islamica. “L’Iran oggi è più esposto che mai ai danni alle sue strutture nucleari. C’è la possibilità di raggiungere l’obiettivo più importante, di sventare e rimuovere la minaccia di annientamento dello Stato di Israele”, ha affermato Katz.

Gideon Saar, il neoministro degli Esteri di Netanyahu, ha fatto sapere a scanso di equivoci che il suo governo non ritiene “realistica” la creazione di uno Stato palestinese. Da Ramallah non è partita nessuna risposta al progetto portato dal sottosegretario di Stato americano Barbara Leaf, ma fonti vicine al presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese riferiscono ai media che il piano non sarebbe di suo gradimento. All’Anp verrebbe attribuita la responsabilità di attuare riforme concrete, costruire istituzioni, e sarebbero restituiti i ministeri per la gestione di acqua, banche, energia, commercio e risorse per gli ospedali.

Sul fronte libanese, i progressi nei negoziati per il cessate il fuoco sono stati confermati da Saar, ma smentiti in serata dal ministro della Difesa Israel Katz. Vladimir Putin a sorpresa è diventato l’attore inaspettato dei colloqui internazionali per fermare la guerra in Libano. Nonostante le riserve delle forze di sicurezza, dicono i commentatori locali, è probabile che Israele sia interessato a rinnovare il partenariato politico con Mosca. Secondo le valutazioni, la Russia, che ha una grande presenza militare in Siria, dovrebbe impedire che il Paese resti una delle principali rotte del contrabbando di armi dall’Iran al Libano. Putin, oltre ad avere interesse a ridurre i raid israeliani, che minacciano la stabilità dell’amico Assad, ha anche motivo per non volere attacchi israeliani in territorio siriano: i bombardamenti sulla città portuale di Latakia che hanno colpito magazzini di armi iraniane sono avvenuti a due passi dalla grande base russa di Chamayim.

L’offensiva di terra in Libano si espanderà. Il tenente generale Herzi Halevi, capo di stato maggiore delle Forze Israeliane di Difesa, ha dichiarato mercoledì 6 novembre che l’esercito deve prepararsi ad allargare l’operazione terrestre in corso contro Hezbollah. “Insieme al tentativo diplomatico di raggiungere accordi in Libano, dobbiamo continuare – ha precisato – a formulare i piani per la continuazione dei combattimenti in Libano. Fra questi c’è l’espansione e l’approfondimento della manovra [terrestre]. Attiveremo questi piani secondo necessità”. I militari dello stato ebraico, ha aggiunto, “continuano a colpire obiettivi di Hezbollah in tutta la regione, nel sud del Libano, nella valle della Beqaa, a Beirut e in Siria”.

Nella tarda mattinata del 6 novembre dal Libano sono stati lanciati 10 razzi. Uno ha colpito un’area nei pressi dell’aeroporto Ben Gurion. Hezbollah ha affermato di aver preso di mira la base israeliana di Tzrifin che ospita diverse scuole di addestramento e un centro logistico. I detriti di un razzo intercettato hanno colpito anche un’auto parcheggiata a Ra’anana. Non ci sono stati feriti nell’attacco. Le sirene hanno risuonato di nuovo poco dopo le 16:00 a est di Tel Aviv. Secondo i militari israeliani le ha attivate un razzo che è stato intercettato. Alcuni voli hanno subito ritardi e interruzioni a causa degli attacchi missilistici. L’Israel Airports Authority ha affermato che l’aeroporto “funzionava normalmente per arrivi e partenze”.

Il 6 novembre nel nord di Israele le schegge di un razzo degli Hezbollah hanno fulminato Sivan Sade, un diciottenne del kibbutz Kfar Masryk vicino ad Acri. L’adolescente stava lavorando nei campi. Nel corso della giornata il gruppo terroristico aveva scagliato altri razzi verso il centro di Israele, dimostrando di essere in grado di lanciare attacchi a lungo raggio anche mentre l’esercito israeliano prosegue le sue operazioni di terra nel Libano meridionale.                       

Martedì 5 novembre il gruppo terroristico ha lanciato anche altri proiettili contro Israele, tra i quali un drone lanciato dal Libano che ha fatto scattare le sirene a Metula e a Kfar Giladi ed è stato abbattuto. Due vettori lanciati dal Libano sono stati intercettati dopo aver fatto risuonare l’allarme  ad Haifa e nelle comunità circostanti. Nella serata del 6 novembre i jet da combattimento israeliani hanno colpito una serie di siti di Hezbollah nella periferia meridionale di Beirut. Secondo le Forze Israeliane di Difesa gli obiettivi includevano sale di comando di Hezbollah, depositi di armi e altre infrastrutture. Tutti i siti di Hezbollah erano “nel cuore della popolazione civile”, ha affermato l’esercito. Prima degli attacchi i militari israeliani hanno diramato avvisi di evacuazione ai civili.

Nella serata del 5 novembre i soccorritori libanesi hanno estratto 30 corpi dalle macerie dopo un attacco israeliano senza preavviso su un condominio nella città di Barja. Non è ancora chiaro se ci siano sopravvissuti o corpi ancora intrappolati sotto le macerie.  Barja, una cittadina appena a nord della città portuale di Sidone, nel Libano centrale, non è stata finora presa di mira regolarmente nel conflitto. “Qualcosa mi ha tirato forte, e poi è avvenuta l’esplosione”, ha detto Moussa Zahran, che era a casa con la moglie e il figlio quando l’edificio è stato colpito. Ha detto che non riusciva a vedere, ma ha iniziato a scavare tra le macerie finché non ha trovato la moglie e il figlio, vivi ma feriti, e li ha tirati fuori. Entrambi sono ancora in ospedale. Mostafa Danaj, funzionario della protezione civile libanese, ha dichiarato che alcuni vicini hanno segnalato che ci sono ancora persone disperse. Nel corso dell’operazione, mercoledì le Forze Israeliane di Difesa invitato i civili nei pressi di quattro edifici a Nabatieh, nel Libano meridionale, a evacuare immediatamente prima degli attacchi aerei. Il colonnello Avichay Adraee, portavoce in lingua araba dei militari di Israele, ha pubblicato alcune mappe insieme all’annuncio, invitando i civili a tenersi ad almeno 500 metri di distanza dai siti. “Vi trovate vicino alle strutture e ai beni di Hezbollah, contro i quali le IDF opereranno nel prossimo futuro”, ha detto Adraee.

Il ministero libanese della Salute ha annunciato lunedì che il bilancio delle vittime nella guerra fra Israele e gli Hezbollah ha superato quota 3.000. La cifra non distingue tra civili e combattenti. I militari israeliani stimano che circa 3.000 operativi di Hezbollah siano stati uccisi nel conflitto. Circa 100 membri di altri gruppi terroristici sono stati uccisi in Libano.

La Corte Suprema israeliana ha accolto la petizione che chiede di annullare il licenziamento di Yoav Gallant, un veterano del partito di Netanyahu, il Likud. E ha ordinato al premier, dandogli tempo fino al 7 novembre alle 12,00, di presentare la sua risposta alle richieste della Guardia democratica israeliana e del Movimento per un governo di qualità. Gali Beharev Miara, il consigliere giuridico del governo difenderà il premier e chiederà ai giudici di respingere le istanze. In giornata il ministro Yoav Gallant, il cui mandato scade il la sera del 7 novembre, ha avuto un incontro di addio con i generali delle Forze Israeliane di Difesa. “Vi ho visti nelle ore difficili del fallimento del 7 ottobre, e vi ho visti nei momenti di ripresa e successi senza precedenti”, ha detto. E “quando i venti sono tempestosi, quando l’oscurità ti circonda, attieniti alla bussola dei valori, alla bussola morale e non lasciare che nessuno ti distolga da questo percorso”, è stato il suo appello.

Al dicastero degli Esteri è stato designato Gideon Sa’ar, vecchio esponente del Likud che è stato a volte amico e a volte nemico del primo ministro. Riceverà un aumento di bilancio per una campagna volta a migliorare la diplomazia pubblica di Israele all’estero, ha annunciato il suo ufficio. Aggiungendo che il rimpasto di governo prevede anche la nomina di Zeev Elkin a ministro delle Finanze. Dovrà di riabilitare le comunità di confine con Gaza e del Nord. Elkin farà anche parte della squadra che elaborerà il piano per la Striscia di Gaza nel dopoguerra, ha annunciato un portavoce del partito. Sa’ar ed Elkin entreranno nel potente gabinetto di sicurezza e “parteciperanno alle consultazioni, anche sul programma nucleare iraniano”, ha aggiunto. Per la seconda notte consecutiva migliaia di manifestanti sono scesi in piazza. Chiedono a Netanyahu di ritirare il licenziamento di Gallant.

La decisione sul licenziamento di Gallant è arrivata ai mass media alle 19 del 5 novembre su Whatsapp, una sola riga per dire che il mandato del capo delle forze armate scadrà entro 48 ore. Il premier ha consegnato personalmente, a mano, la lettera a Gallant durante un breve incontro nel suo ufficio a Gerusalemme. Dopo un veloce scambio di frasi, Netanyahu ha registrato un video per rendere pubblico di aver sollevato il titolare della Difesa dal suo incarico. Al suo posto andrà Israel Katz, finora ministro degli Esteri, dicastero che sarà a sua volta assegnato a Gideon Sa’ar. “Purtroppo, anche se nei primi mesi della guerra c’era fiducia e un lavoro molto fruttuoso, negli ultimi tempi questa fiducia si è incrinata tra me e il ministro della Difesa”, ha spiegato il premier. “Ho fatto molti tentativi per colmare queste lacune, ma continuavano ad ampliarsi. I nostri nemici ne hanno tratto piacere e un sacco di benefici”, ha dichiarato Netanyahu.

Gallant ha replicato su “X”: “La sicurezza dello Stato di Israele è stata e rimarrà sempre la missione della mia vita”, ha scritto. In una conferenza stampa ha citato tre punti di contrasto insanabile: “La mia ferma posizione sulla coscrizione universale, l’impegno a restituire gli ostaggi e la richiesta di una commissione statale d’inchiesta sul fallimento del 7 ottobre”. “È possibile restituire gli ostaggi”, ha aggiunto Gallant, “ma ciò implica dei compromessi. Lo Stato di Israele può farli. L’oscurità morale è calata su Israele”.

Migliaia di persone sono scese in piazza a Gerusalemme e Tel Aviv. Le tv hanno mostrato le immagini della polizia che installava barricate vicino alla residenza del primo ministro nella città santa e fuori dal quartier generale dell’esercito a Tel Aviv, dove i manifestanti hanno bloccato l’autostrada Ayalon e appiccato roghi.

Documenti riservatissimi diventati pubblici hanno puntellato la scelta di Benjanin Netanyahu di non fermare l’offensiva su Gaza e soprattutto di mantenere il controllo del corridoio Philadelphia che costeggia il confine fra la Striscia e l’Egitto. L’esercito israeliano “ha effettuato un’operazione aerea e ha colpito obiettivi appartenenti al quartier generale dell’intelligence di Hezbollah”, si legge in un comunicato nel quale si precisa che è stato “eliminato anche Mahmoud Mohammed Shaheen, il leader del ramo dell’intelligence siriana di Hezbollah” nel raid avvenuto a Damasco.

I documenti forniti a “Bild” avrebbero dovuto dimostrare che Hamas non vuole raggiungere un accordo per il rilascio dei rapiti. Il secondo paper, pubblicato e poi rimosso dal “Jewish Chronicle”, sosteneva che Hamas avrebbe tentato di far uscire clandestinamente terroristi e ostaggi da Gaza portandoli attraverso l’Egitto in Iran usando il Corridoio Filadelfia. Il controllo dell’asse da parte dei militari israeliani, fortemente sostenuto da Netanyahu, è stato al centro dei falliti negoziati di settembre. Passato un mese e mezzo, il 27 ottobre, agenti dello Shin Bet, il controspionaggio interno, e i media israeliani critici nei confronti del premier sostengono che gli articoli di “Bild” e di “Jewish cronichle” si sposano perfettamente con il punto di vista del primo ministro che “cercava di enfatizzare l’importanza di mantenere l’esercito a Gaza, mentre attribuiva ad Hamas la colpa del fallimento dei colloqui”. Netanyahu, l’8 settembre, aprendo la riunione settimanale di governo ha citato “Bild” e ha descritto le proteste che chiedevano un accordo sugli ostaggi come una “trappola di Hamas”. Sei giorni dopo Elon Perry, autore del report sul “ Jewish Chronicle”, negò di aver agito da “messaggero di Netanyahu”. Militari dello stato ebraico hanno fatto irruzione col volto coperto, alle 4 del mattino, a casa di Feldstein.

Nel corso dell’ultimo anno Feldstein, figlio di una ricca famiglia religiosa e già portavoce del ministro di ultradestra Itamar Ben Gvir, è stato uno dei consiglieri più stretti di Netanyahu, ha partecipato a incontri anche classificati – ha riferito il giornale liberal “Haaretz” – accompagnando spesso il primo ministro come mostrano diverse fotografie, in contraddizione con le affermazioni dell’ufficio del premier secondo le quali “non ha mai partecipato a discussioni sulla difesa, non è stato esposto o ha ricevuto informazioni classificate e non ha mai partecipato a visite segrete”. Il portavoce per la sicurezza è stato pure fotografato in diverse riunioni di gabinetto. Lo Shin Bet finora ha vietato l’incontro tra Feldstein e un avvocato. Presumibilmente, ritengono gli analisti, gli investigatori cercheranno di capire se qualcuno, e nel caso chi, abbia dato l’ordine a Feldstein di ottenere i documenti classificati e di inviarli ai media stranieri.

Israele ha dichiarato di aver ucciso in un raid su Damasco Mahmoud Mohammed Shaheen il capo dell’intelligence di Hezbollah per la Siria. “Circa 90 proiettili sono stati sparati dall’organizzazione terroristica Hezbollah dal Libano in Israele oggi”. La fonte della notizia è un aggiornamento su Telegram delle Forze Israeliane di Difesa.

 

Muhammad Sinwar, il fratello di Yahya, ha operato come leader de facto dell’ala militare di Hamas a Gaza, insieme a un piccolo consiglio di comandanti di alto rango. Lo afferma l’emittente pubblica israeliana “Kan” rilanciata dal Times of Israel, sottolineando che non c’è stata alcuna nomina formale di Muhammad Sinwar da parte di Hamas. Il gruppo palestinese deve ancora confermare la morte dell’ex capo dell’ala militare Muhammad Deif, che Israele afferma di aver ucciso in un attacco aereo in luglio.

L’Iran è già in grado di produrre una bomba nucleare e solo una fatwa (responso con valore di legge) del Grande ayatollah Ali Khamenei impedisce di usarla. Questo è ciò che ha dichiarato alla tv libanese filoiraniana “al Mayadeen” Kamal Kharraz, consigliere della Guida Suprema della repubblica teocratica. Tuttavia, ha aggiunto, se il Paese dovesse trovarsi di fronte a una minaccia esistenziale la dottrina nucleare seguita finora potrebbe cambiare. In ogni caso il Paese risponderà all’ultimo attacco di Gerusalemme, quello del 26 ottobre, al momento giusto e nel modo giusto. Secondo l’autorevole sito on line “Axios” il raid potrebbe partire dal territorio iracheno.

I militari dello stato ebraico  continuano le operazioni a Gaza. Secondo Mahmud Bassal, portavoce dell’agenzia di difesa civile “dall’alba del 3 novembre, almeno 17 cittadini sono stati uccisi negli attacchi israeliani contro case e cittadini nella Striscia di Gaza settentrionale”. I medici del ministero della Salute gestito da Hamas hanno registrato altri 13 palestinesi uccisi in diversi attacchi israeliani nel sud della Striscia, tra i quali “quattro bambini a est di Khan Yunis” e una donna e i suoi due figli nel quartiere orientale di Khirbet al-Adas a Rafah.

Eliezer Feldstein, portavoce del premier israeliano, è stato arrestato e interrogato diversi giorni fa dallo Shin Bet, il controspionaggio interno, per le fughe di notizie riservate provenienti dall’ufficio del primo ministro e distribuite a due media europei, “Bild” e “Jewish Chronicle”, con l’obiettivo di difendere Benjamin Netanyahu dalle critiche mentre i colloqui per il cessate il fuoco a Gaza erano in stallo. Inizialmente erano state arrestate quattro persone, tra le quali lo stesso Feldstein. Una è già stata rilasciata. Il nome del principale sospettato è stato reso pubblico dopo che un ordine restrittivo sulle informazioni è stato revocato dal tribunale di Rishon LeZion. Secondo il giudice “Ci potrebbe essere stato un danno alla capacità delle agenzie di sicurezza di raggiungere l’obiettivo di liberare gli ostaggi”. L’indagine era iniziata in seguito a “un sospetto significativo nello Shin Bet e nelle Forze Israeliane di Difesa” avvalorato “dopo che la stampa ha riferito che informazioni riservate e sensibili erano state prelevate dai sistemi dell’esercito e diffuse illegalmente”.

Il primo novembre gli attacchi israeliani notturni sulla Striscia hanno causato almeno 47 morti, per la maggior parte bambini e donne, ha riferito l’agenzia palestinese “Wafa”. Dieci persone sono state uccise da un raid nel campo profughi di Nuseirat. La situazione nel nord di Gaza “è apocalittica”, hanno denunciato le agenzie umanitarie dell’Onu. I gazawi corrono il “rischio imminente di morire di malattia, fame e violenza”.

Il governo israeliano ha approvato il bilancio del 2025. Le misure di aggiustamento valgono circa 40 miliardi di shekel (9,8 miliardi di euro) in aumenti di tasse e tagli di spesa per cercare di controllare un deficit che ora è pari all’8,5% del PIL. La spesa totale è stata fissata a 744 miliardi di shekel (182 miliardi di euro). Centosessantuno (circa 40 miliardi di euro) saranno assorbiti dal servizio del debito. A causa dell’aumento dei costi della guerra, che ha comportato anche il dispiegamento di migliaia di soldati, compresi i riservisti, nella Striscia di Gaza e in Libano. Israele ha dovuto aumentare le spese militari in un contesto di rallentamento dell’economia dovuto alla mancanza di lavoratori. L’assenza di decine di migliaia di riservisti in servizio al fronte e l’esclusione di migliaia di lavoratori palestinesi da Israele per motivi di sicurezza, hanno influito negativamente su settori importanti come la tecnologia, l’edilizia e l’agricoltura. In questo contesto, il governo israeliano ha tagliato per la seconda volta quest’anno le previsioni di crescita per il 2024, abbassandole allo 0,4% da una precedente stima dell’1,1%. Si tratta di un bilancio che da priorità alla sicurezza dello Stato e alla vittoria nella guerra, oltre a mantenere la capacità di resistere dell’economia del Paese, ha dichiarato il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich in un comunicato. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha dichiarato che gli stanziamenti per la difesa potrebbero essere aumentati ulteriormente, sia aggiungendo fondi prima del voto parlamentare di gennaio, sia attraverso un bilancio supplementare. Il leader dell’opposizione Yair Lapid ha dichiarato sul suo account della piattaforma “X” che il governo ha approvato un “bilancio sconsiderato” che aumenterà i costi per le famiglie israeliane di 20.000 shekel (circa 5.000 euro) all’anno. Il presidente del Partito di Unita’ Nazionale Benny Gantz ha accusato l’esecutivo di aver autorizzato 4 miliardi di shekel (1 miliardo di euro) per mantenere la coalizione di governo, piuttosto che per il benessere dei cittadini israeliani e per le spese di guerra.

In Israele entrerà in funzione il sistema di difesa laser Iron Beam. La previsione è del ministro della difesa Yoav Gallant: ‘Il sistema sarà operativo entro un anno e porterà a una nuova era di guerra. Secondo quanto riportato dalla “Cnn”, lo Stato ebraico ha speso più di 500 milioni di dollari in accordi con gli sviluppatori di Rafael Advanced Defense Systems, architetto dell’Iron Dome di Israele, e di Elbit Systems per espandere la produzione dello scudo. Soprannominato Iron Beam, lo scudo mira a utilizzare laser ad alta potenza per contrastare una serie di ordigni, tra i quali missili, droni, razzi e mortai. “Preannuncia l’inizio di una nuova era nella guerra”, ha affermato Eyal Zamir, direttore generale del ministero della Difesa. “La capacità iniziale del sistema laser terrestre dovrebbe entrare in servizio operativo entro un anno” ha precisato. Il sistema utilizza un laser ad alta potenza posizionato a terra. Con una portata che va da centinaia di metri a diversi chilometri, riscalda il guscio del bersaglio in aree vulnerabili, tra cui il motore o la testata, fino a quando il proiettile non collassa. Si tratta di un metodo diverso da quello tradizionale utilizzato da Israele per distruggere missili e razzi nel quale si usa il radar per identificare una minaccia in arrivo e poi si lancia un missile intercettore per distruggere il proiettile a mezz’aria. Rispetto all’Iron Dome, uno scudo laser sarebbe più economico, più rapido e più efficace, affermano gli esperti. Gli esperti stimano che ogni missile di intercettazione Iron Dome costi circa 50.000 dollari, se non di più. Israele lancia due missili per ogni intercettazione, ha detto alla “Cnn” Yehoshua Kalisky, ricercatore senior dell’Institute for National Security Studies (Inss) di Tel Aviv.

Almeno 93 persone hanno perso la vita il 29 ottobre nel bombardamento le macerie di un edificio di 4 piani nella Striscia a Beit Lahia, l’area settentrionale della Striscia nella quale Israele tre settimane fa ha avviato una nuova offensiva militare per reprimere i tentativi di Hamas di riorganizzarsi nel nord di Gaza. Venti caduti sono bambini. I dispersi sono 40. L ‘esercito israeliano ha affermato di aver aperto un’indagine, ritenendo tuttavia “impreciso” il numero dei morti e invitando i media a prendere con le molle i dati forniti da Hamas che reputa parte della propaganda della fazione islamica, “come è stato dimostrato in diversi eventi precedenti”. Beit Lahyia, hanno ricordato le Forze Israeliane di Difesa, “è una zona di combattimento attiva” per la quale era stato diramato un ordine di evacuazione dei residenti poco meno di un mese fa. “Ci sono decine di martiri, decine di sfollati vivevano in questa casa. L’edificio è stato bombardato senza preavviso. Come potete vedere, i morti sono qua e là, con parti del corpo appese alle pareti”, ha detto in un video Ismail Ouaida, un testimone che stava aiutando a recuperare i corpi. il ministero della Salute guidato da Hamas ha dichiarato che i feriti nell’attacco non hanno potuto ricevere cure poiché i medici sono stati costretti a evacuare il vicino ospedale Kamal Adwan.

Quattro soldati israeliani sono stati uccisi e un ufficiale è rimasto gravemente ferito durante gli scontri avvenuti nella mattina del 29 ottobre a Jabalya, nel nord della Striscia di Gaza. Sono il capitano Yehonatan Joni Keren, 22 anni, di Moledet, il sergente maggiore Nisim Meytal, 20 anni, di Hadera, il sergente maggiore Aviv Gilboa, 21 anni, di Neve Tzuf e il sergente. Naor Haimov, 22 anni, di Rosh Ha’ayin. Prestavano servizio nell’unità d’élite Multidomain Unit, o Unità “Ghost”. Quando sono entrati in un edificio, per utilizzarlo per le operazioni nella zona, in uno dei piani superiori è stato fatto esplodere un ordigno. Nell’offensiva di terra contro Hamas a Gaza e nelle operazioni militari lungo il confine con la Striscia hanno perso la vita finora 367 militari israeliani.

Il portavoce del Dipartimento di Stato statunitense Matthew Miller ha informato Israele del suo disappunto per la legge approvata il 29 ottobre dal Parlamento, la Knesset, che vieta l’apertura di nuovi consolati stranieri a Gerusalemme al servizio dei palestinesi. La legge è stata vista come indirizzata a ostacolare la riapertura del consolato statunitense, chiuso nel 2019 dall’ex presidente Donald Trump. Il presidente degli Stati Uniti Joe Biden era entrato in carica promettendo di riaprire la missione, ma la mossa richiede il “sì “di Israele poiché l’edificio si trova nel territorio sovrano di Israele a Gerusalemme Ovest.

Sfidando le critiche di Stati Uniti, dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite, il parlamento israeliano, la Knesset, ha approvato con 87 voti a favore e solo 9 contrari un disegno di legge che limita drasticamente le attività dell’UNRWA, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi e i loro discendenti, a Gaza e in Cisgiordania. L’Unrwa garantisce istruzione, assistenza sanitaria e aiuti a milioni di palestinesi a Gaza, in Cisgiordania, in Giordania, in Libano e in Siria. Il disegno di legge, promosso tra gli altri dalla parlamentare di Yisrael Beytenu Yulia Malinovsky e dal parlamentare del Likud Dan Illouz, impedirebbe alle autorità statali israeliane di avere qualsiasi contatto con l’UNRWA. Senza il coordinamento con Israele l’agenzia non potrebbe più lavorare a Gaza o in Cisgiordania, poiché Gerusalemme non rilascerebbe più permessi di ingresso in quei territori né consentirebbe il coordinamento con le Forze Israeliane di Difesa. Israele attualmente controlla anche l’accesso a Gaza dall’Egitto, visto che i suoi militari sono schierati lungo il corridoio Philadelphia fra Gaza  e il confine egiziano.

A febbraio le Forze Israeliane di Difesa hanno  rivelato l’esistenza di un centro dati sotterraneo di Hamas, direttamente sotto il quartier generale dell’UNRWA nella Striscia di Gaza. L’IDF ha anche ripetutamente preso di mira i centri di comando di Hamas e gli uomini armati che si nascondono nelle scuole dell’UNRWA.

Davanti a una base dell’intelligence militare e del Mossad, il controspionaggio all’estero  poco dopo le dieci del 27 ottobre un tir guidato da un arabo israeliano si è schiantato su un pullman dal quale stava scendendo con un gruppo di pensionati arrivati a Glilot, a nord di Tel Aviv, per la Giornata ebraica della memoria del 7 ottobre. Bezalel Carmi, 72 anni, di Rishon Lezion, è morto alcune ore dopo in ospedale, altre 32 persone sono rimaste ferite. La base è un centro nevralgico per le operazioni di intelligence dell’”Unità 8200”, responsabile della raccolta di informazioni di alto livello per operazioni audaci e sofisticate. L’autista del camion è stato ucciso da un civile armato.

La polizia aspetta i risultati dell’autopsia sul corpo del camionista prima di diffondere un comunicato ufficiale. Il conducente del mezzo pesante si chiamava Rami Natur. Era un palestinese di Kalanswa, una città vicina alla linea di demarcazione che separa il territorio israeliano da Tulkarem, in Cisgiordania. I familiari, hanno detto che soffriva di malori e forse di cuore. L’esame autoptico dirà se mentre guidava ha avuto effettivamente problemi di salute. Il titolare della ditta di tir nella quale lavorava Natur ha spiegato alla tv “Kan” che ha deviato dal suo percorso e ha vagato per Ramat Hasharon fino a raggiungere il posto dell’incidente. “Non avrebbe dovuto essere a Glilot”, ha dichiarato l’imprenditore. Secondo altri testimoni, quando il tir è arrivato nelle vicinanze della fermata degli autobus ha accelerato di colpo e si è lanciato sulle persone che stavano scendendo dal pullman. Deborah era appena uscita dalla porta anteriore del mezzo. “Abbiamo visto il camion accelerare, si è sentito un boato, tutto era sottosopra, una pesante nuvola di fumo si è alzata, abbiamo pensato a un attacco”, ha raccontato alla tv “Channel 12”.  “Diverse persone erano rimaste incastrate sotto il camion, altre erano ferite vicino al mezzo”, ricorda un medico del servizio di pronto soccorso Magen David Adom.

 

Sul fronte iraniano, il giorno dopo l’operazione “Giorno del pentimento” del 26 ottobre, Israele ha reso noto di aver provocato danni significativi agli obiettivi strategici del nemico, che avrebbero minato le difese e la capacità di produrre missili. A Teheran la Guida della teocrazia, il Grande Ayatollah Ali Khamenei ha detto che l’attacco di Israele “non va sminuito ma nemmeno ingigantito”. Il presidente Masoud Pezeshkian ha precisato: “Non vogliamo la guerra, noi rispondiamo a qualsiasi atto di follia con prudenza e intelligenza”. “Sappiamo che gli Stati Uniti stanno spingendo Israele a commettere questi orrendi crimini”, ha aggiunto. Teheran ha chiesto e ottenuto per domani la convocazione del Consiglio di sicurezza.

Quattro ore di bombardamenti nella notte del 26 ottobre su strutture militari, cento aerei israeliani coinvolti, quattro soldati iraniani uccisi. Una risposta contenuta come avevano chiesto gli Stati Uniti e tutta concentrata su obiettivi militari. Sono stati segnalati attacchi nelle aree di Teheran, Karaj, Isfahan e Shiraz. Questa è stata il 26 ottobre la rappresaglia di Gerusalemme per i 181 missili scagliati da Teheran contro il suo territorio il primo ottobre. Secondo due funzionari iraniani citati dal quotidiano statunitense “New York Times” uno dei siti presi di mira era il sistema di difesa aerea con batterie russe S-300 dell’aeroporto internazionale Imam Khomeini, vicino a Teheran. Sono state colpite anche tre basi missilistiche del Corpo delle Guardie della Rivoluzione iraniane. Un drone israeliano avrebbe danneggiato l’insediamento di Parchin, alla periferia di Teheran, la struttura nella quale Israele da anni sostiene che l’Iran ha svolto attività legate al suo programma di armi nucleari. Lì nel 2016 l’organismo dell’ONU che ha il compito di evitare la diffusione di armi atomiche (AIEA) avrebbe trovato prove di attività legate a quel settore di armamenti. Lo stato maggiore della teocrazia ha evitato qualsiasi minaccia di rappresaglia immediata: “Pur riservandosi il suo diritto legale e legittimo di rispondere al momento opportuno, l’Iran sta dando priorità all’istituzione di un cessate il fuoco duraturo a Gaza e in Libano”.

Le segnalazioni di esplosioni nei pressi di Teheran hanno iniziato ad emergere intorno alle 2:15 del mattino del 26 ottobre, ora locale, con le Forze Israeliane di Difesa che hanno rapidamente rilasciato una dichiarazione nella quale confermavano di aver aggredito, in risposta a “mesi di continui attacchi del regime iraniano contro lo Stato di Israele”. Alle 6 l’operazione “Giorni del pentimento” era conclusa. Le segnalazioni di esplosioni nei pressi di Teheran hanno iniziato ad emergere intorno alle 2:15 del mattino, ora locale, con le Forze di difesa israeliane che hanno rapidamente rilasciato una dichiarazione in cui confermavano di aver attaccato, in risposta a “mesi di continui attacchi del regime iraniano contro lo Stato di Israele”.

La prima ondata di attacchi aveva come obiettivo le capacità di difesa aerea dell’Iran, sia per garantire la libertà di operazioni delle Forze Israeliane di Difesa durante le sortite de 26 ottobre, sia per preparare il terreno per ulteriori attacchi, qualora l’Iran avesse reagito. Le ondate successive hanno colpito i siti di produzione di droni e missili balistici, quelli utilizzati negli attacchi diretti iraniani contro Israele del 14 aprile e del primo ottobre, nonché i siti utilizzati per il lancio di tali armi. L’esercito israeliano ha dichiarato alle 6 del mattino che l’assalto era stato completato. Tra gli obiettivi anche un ‘componente speciale usato per alimentare i missili a lungo raggio Khaybar e Qassem.

Hezbollah ha  rivendicato l’attacco del 19 ottobre, con un drone,  alla residenza privata del premier di Gerusalemme Benjamin Netanyahu a Cesarea. Il velivolo senza pilota ha raggiunto l’edificio e ha provocato danni, come è emerso dalle immagini pubblicate dai media israeliani. Il premier  non c’era, ma il Partito di Dio ha avvertito che ci saranno ancora “notti e giorni” per riprovarci. E lo ha fatto con un atto pubblico di sfida, una conferenza stampa. Le Forze Israeliane di Difesa hanno risposto con una serie di raid nella roccaforte sciita nel sud di Beirut che ha sfiorato l’ospedale universitario Rafik Hariri e ucciso 18 persone. Sullo sfondo, la guerra (per il momento) a distanza tra lo Stato ebraico e l’Iran.  Un drone degli Hezbollah libanesi è stato lanciato verso la casa del premier israeliano Benjamin Netanyahu a Cesarea. La salve complessiva era di 150 razzi. L’aeroporto Ben Gurion ha dovuto sospendere i voli per diversi minuti. Le forze di difesa israeliane hanno confermato che Israele ha effettuato un attacco aereo in Siria. Secondo il contrammiraglio Daniel Hagari, è stato eliminato il capo del braccio finanziario di Hezbollah. Israele ha localizzato anche un bunker dei miliziani del Partito di Dio sotto un ospedale di Beirut, un luogo nel quale il gruppo terroristico conservava più di 500 milioni di dollari in oro e contanti.

Il comitato di cinque membri di Hamas che era nato in agosto dopo l’assassinio di Haniyeh per facilitare il processo di decisione, date le difficoltà di comunicazione con il capo di Hamas a Gaza Yahya Sinwar (poi ucciso dall’esercito di Gerusalemme), “assumerà la guida del Movimento di Resistenza Islamica”. La sede sarà Doha, la capitale del Qatar. Sarà composto da rappresentanti di Gaza (Khalil al-Haya), della Cisgiordania occupata da Israele (Zaher Jabareen) e della diaspora (Khaled Mechaal), nonché del Consiglio consultivo della Shura di Hamas (Mohammed Darwish) e del segretario dell’ufficio politico, sempre anonimo per ragioni di sicurezza.

 

L’uccisione del capo di Hamas Yahya Sinwar non ha spostato di un millimetro la posizione del Movimento di Resistenza Islamica sui rapiti nell’assalto del 7 ottobre 2023.  L’intero asse antisraeliano radunato sotto l’ombrello dell’Iran (Hamas, Hezbollah, gli Houthi in Yemen e le milizie dell’ Iraq e della Siria ndr.) sostiene che “il martirio di Sinwar” non farà altro che “rafforzare lo spirito della resistenza” in favore della causa palestinese. “Piange” la morte di Sinwar perfino la laica Organizzazione per la liberazione della Palestina, che Hamas cacciò dalla Striscia con la violenza nel 2007. In Afghanistan i talebani si sono uniti al lutto.

Per le Forze Israeliane di Difesa Sinwar, stracarico di soldi e di esplosivo, stava cercando di raggiungere un riparo nell’area umanitaria di Mawasi, nel sud della Striscia, dopo essere stato costretto a lasciare Khan Yunis. L’esercito israeliano ha riferito di aver ucciso, a circa 200 metri di distanza, Mahmoud Hamdan, responsabile della sicurezza di Sinwar e della sorveglianza dei sei ostaggi israeliani uccisi alla fine di agosto, nonché comandante del battaglione Tel Al-Sultan di Rafah. Dopo l’autopsia condotta nell’istituto di medicina legale di Tel Aviv, il corpo di Sinwar sarà custodito in un luogo segreto.

Secondo la televisione pubblica israeliana “Kan”, Netanyahu ha deciso di aumentare gli aiuti umanitari alla Striscia di Gaza, facendo entrare 250 camion al giorno. Gli Stati Uniti avevano minacciato un embargo sulle armi, se Israele se non avesse rinforzato l’assistenza alla popolazione palestinese. Gerusalemme sta chiedendo una seconda batteria di missili difensivi di alta quota Thaad in vista della sua rappresaglia contro l’Iran che il primo ottobre ha lanciato contro Israele 181 missili balistici. Il Presidente russo Vladimir Putin si è proposto come mediatore, dicendo che sarebbero negoziati difficili, ma possibili. Putin suggerisce la ripresa del formato del “Quartetto” nel Medio Oriente, dicendo che crede possa essere ampliato. Il quartetto comprendeva l’Onu, gli Stati Uniti, l’Unione Europea e la Russia. La posizione tradizionale di Mosca, che risale ai tempi dell’Unione Sovietica, è che “il modo principale per risolvere il problema è la creazione di uno Stato palestinese a pieno titolo”.

 Il leader di Hamas Yahya Sinwar è stato ucciso il 16 ottobre, non con un’operazione mirata ad eliminarlo, ma durante uno scontro a fuoco casuale con i soldati della brigata 828 delle Forze Israeliane di Difesa. L’uomo che ha pianificato e diretto il massacro di 1200 israeliani sterminati il 7 ottobre del 2023 era al piano terra di un edificio a Rafah, nel sud della Striscia di Gaza. Il palazzo è stato colpito da un tank, che ne ha provocato il crollo parziale. Il giorno dopo quando i militari sono entrati nell’edificio, dopo aver bonificato l’area dalle granate e dopo aver rimosso le macerie, si sono resi conto che uno dei cadaveri “assomigliava molto” a Sinwar. Nel primo pomeriggio sui social diversi account hanno cominciato a postare le crude immagini del “macellaio di Khan Younis” coperto di polvere, con il cranio fracassato, ma il volto ancora abbastanza integro da poter essere riconosciuto anche a occhio nudo. La prima conferma è arrivata dal test dell’arcata dentale. Poi le altre, poiché Sinwar è stato detenuto per 22 anni in Israele e sulla sua scheda erano registrati il Dna, le impronte digitali, il gruppo sanguigno.

È durata solo una settimana la pausa dei bombardamenti israeliani sul sud di Beirut, nonostante le rassicurazioni offerte a Joe Biden dal premier Benjamin Netanyahu nell’ultima conversazione telefonica di 7 giorni fa. Dopo un messaggio del portavoce in lingua araba dell’Idf che invitava i residenti a evacuare, i caccia israeliani hanno colpito di nuovo il sobborgo sud della capitale libanese Dahiyeh, baluardo di Hezbollah. Alle 7,40 del mattino l’esercito ha reso noto di aver preso di mira un arsenale delle milizie sciite filoiraniane nascosto dentro un magazzino sotterraneo. L’ultima volta che Israele aveva colpito la capitale libanese è stato giovedì scorso, quando due attacchi hanno ucciso 22 persone e distrutto interi edifici in un quartiere densamente popolato.

Israele, pur non osservando gli impegni presi su Beirut con l’alleato statunitense, ampiamente riportato dai media nei giorni scorsi quando effettivamente aveva sospeso i raid, sembra aver preso molto sul serio la lettera del segretario di Stato Antony Blinken e della Difesa Lloyd Austin: aiuti immediati a Gaza o le forniture di missili saranno limitate. In giornata il Cogat, l’organismo del ministero della Difesa israeliano che supervisiona le attività in Cisgiordania e a Gaza, ha fatto sapere che “50 camion carichi di aiuti umanitari, tra cui cibo, acqua, forniture mediche e attrezzature per rifugi forniti dalla Giordania, sono stati trasferiti nel nord di Gaza attraverso il ponte di Allenby e il valico di Erez West. Gli analisti israeliani hanno valutato che la lettera, “fatta trapelare sicuramente dal loro  Paese e non da Washington”, ha costretto Netanyahu a impegnarsi vigorosamente poiché gli aiuti a Gaza sono uno di quegli argomenti che potrebbero far procedere la richiesta di arresto per il premier e per il ministro della Difesa Yoav Gallant, avanzata nei mesi scorsi dal procuratore della Corte penale internazionale Karim Khan. Come dire, in Israele qualcuno lavora sottotraccia contro Bibi.

Sul fronte libanese, l’aeronautica è tornata a colpire Nabatiyeh, cittadina a sud di Beirut dove già nei giorni scorsi la zona del mercato era stata interamente distrutta. Secondo le Forze Israeliane di Difesa decine di obiettivi di Hezbollah sono stati attaccati, compresi edifici militari dell’unità d’élite paramilitare Radwan. Fonti della sicurezza libanese hanno riferito che il sindaco di Nabatiyeh e altre 15 persone sono state uccise dai raid che hanno centrato l’edificio amministrativo della città. I feriti sono oltre 50. Il canale televisivo israeliano “Channel 12” ha rivelato che dopo dieci giorni di intensi scontri, il 7012mo battaglione della brigata Alexandroni ha fatto saltare in aria con decine di tonnellate di esplosivo il villaggio di Muhabbab, nel quale era stata insediata la cosiddetta ‘fossa di Hezbollah’, il centro della gestione dei combattimenti nel sud del Libano. L’esercito ha trovato in tutte le case depositi di munizioni e dispositivi avanzati, il più grande arsenale scoperto finora, centinaia di cariche, mine anticarro, lanciatori, missili a spalla, bombe. Dentro le abitazioni c’erano gli ingressi ai tunnel. Decine di miliziani sono stati eliminati.

Gli Stati Uniti sono a disagio per il modo di combattere messo in atto da Israele. È “orribile vedere persone bruciare a morte” dopo i bombardamenti aerei dello stato ebraico a Gaza. Lo ha detto il portavoce del dipartimento di stato statunitense Matthew Miller. Le perplessità americane sono sia su Gaza sia sul Libano. Per quello che riguarda la Striscia, l’alto funzionario ha confermato che il segretario di stato Antony Blinken e il ministro della difesa Lloyd Austin hanno inviato una lettera al governo israeliano per chiedere miglioramenti della situazione umanitari a Gaza nei prossimi 30 giorni per non correre il rischio di perdere l’accesso ai fondi Usa per le armi. “Stiamo chiarendo al governo israeliano che questi sono cambiamenti che devono essere fatti e diamo loro un periodo appropriato di tempo, un mese, per farlo”, ha detto Miller, sottolineando che si tratta di “modifiche necessarie per vedere un aumento degli aiuti che entrano a Gaza rispetto agli attuali livelli bassissimi”. Nella lettera indirizzata a Ron Dermer, ministro israeliano per gli affari strategici, si denuncia anche che gli ordini di evacuazione di Tel Aviv hanno costretto circa un milione e 700mila persone a rifugiarsi in una fascia costiera dove sono “a grave rischio di contagio”.

 

A Gaza un raid sull’ospedale al Aqsa di Deir Balah ha fatto divampare un incendio nel quale sono bruciati vivi quattro palestinesi e molti altri hanno subito ustioni che potrebbero costargli la vita. Israele non nega l’attacco, ma sostiene che le fiamme sono state un evento non voluto. “Le violazioni del diritto internazionale umanitario e il disprezzo per le vittime civili non renderanno Israele più sicuro”, ha commentato Josep Borrell, alto rappresentante dell’Unione Europea per la politica estera.

In Israele è arrivata una squadra avanzata di militari Usa munita di alcune componenti per il funzionamento della batteria di difesa aerea ad alta quota Thaad (Terminal High-Altitude Area Defense). Altri militari e munizioni arriveranno nei prossimi giorni, ha fatto sapere il Pentagono. Il sistema comprende lanciatori, intercettori, apparecchiature radio e radar e richiede 95 soldati per funzionare. Il Thaad è considerato complementare al Patriot, ma può difendere un’area più ampia colpendo bersagli a distanze di 150-200 chilometri. Un sostegno importante per le difese aeree delle Forze Israeliane di Difesa che, dopo un anno di guerra, si trovano sotto la minaccia dei missili balistici dell’Iran e debbono fare i conti con una riduzione dell’arsenale e con una “carenza critica” di missili intercettori, secondo il “Financial Times”, ma anche secondo fonti militari di Gerusalemme. La decisione di Biden di inviare un sistema di difesa e un centinaio di militari Usa per farlo funzionare, secondo la lettura fornita da alcuni esperti americani, mirerebbe ad allentare le tensioni, frenando sia Gerusalemme sia Teheran e scoraggiando passi militari azzardati.

 

L’agenzia di stampa libanese “Nna” ha pubblicato la notizia che nel villaggio di Qana, nel sud del Libano, i bombardamenti degli aerei israeliani hanno ucciso dieci persone e ne hanno ferite quindici. Poche ore prima il centro di emergenza del Ministero libanese della Sanità aveva riferito che un altro attacco contro un edificio nell’insediamento di Riyaq, nell’est del paese, ha ucciso cinque persone. Tre erano bambini.

Israele si è scoperta vulnerabile. Nella serata del 13 ottobre  un velivolo senza pilota di Hezbollah ha sfondato il tetto della mensa della base militare di Binyamina  all’ora di cena e ha ucciso quattro reclute di 19 anni. Decine di altri soldati sono rimasti feriti. Poco dopo il ministro della Difesa israeliano Yoav Gallant ha parlato al telefono con il pari grado statunitense Lloyd Austin per sottolineare “la gravità dell’attacco e la forte risposta che sarà data a Hezbollah”. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha visitato la base attaccata annunciando che Israele continuerà a colpire i miliziani del Partito di Dio “senza pietà” anche a Beirut. Al suo ritorno ha convocato un incontro ristretto sulla prossima mossa da affidare all’esercito dopo il “catastrofico” – come viene definito nel Paese – colpo messo a segno dai miliziani sciiti.

In allerta massima per il timore di aggressioni sono  anche le Forze Israeliane di Difesa. Nel pomeriggio del 14 ottobre hanno fatto sapere che in questo momento la priorità è eliminare l’unità 127 di Hezbollah, responsabile della gestione dei velivoli senza pilota, uccidendo ogni singolo membro. Non solo, alla luce del colpo alla base militare, l’aviazione ha deciso di ampliare le aree di allerta. Gli ufficiali hanno individuato un nuovo protocollo: gli addetti ai radar dovranno presupporre che un drone stia ancora volando anche se scompare dagli schermi e indicheranno che si è schiantato solo quando saranno trovate le prove a terra.

Sul fronte libanese, le truppe israeliane continuano a espandere la manovra di terra, ma anche i raid aerei hanno mirato a zone del Paese finora rimaste fuori dalle mappe del conflitto. A Nabatiye, 60 chilometri a sud di Beirut, l’aviazione dello stato ebraico ha bombardato l’area nella quale si nascondeva un gruppo di miliziani uccidendo un comandante della forza d’élite Radwan. Al confine con Israele è stata scoperta una delle basi dei miliziani, imbottita di missili e mezzi, pronta per essere usata per “invadere la Galilea”, ha detto il portavoce dell’esercito in video da dentro il comando sottoterra.

Hezbollah ha ancora il 20-30 per cento di razzi a medio raggio nei suoi magazzini e resterebbero intatti dai 30 ai 60 mila missili di precisione. Il compito dell’Idf – ha detto l’esercito – è bloccare ogni tentativo di ripresa: a cominciare dall’organigramma militare, la cui leadership è stata letteralmente azzerata da Israele. Gli scontri tra i commando dello stato ebraico e i miliziani sciiti sono durissimi. Con la manovra di terra sono entrati nel Libano meridionale i carri armati, le ruspe e i genieri dell’esercito israeliano che stanno usando decine di chili di esplosivo per distruggere i tunnel lungo la recinzione con Israele. Avichay Adrae, il portavoce in lingua araba delle Forze Israeliane di difesa, ha riferito che un attacco lanciato da un’area vicina a una postazione dell’ UNIFIL, la missione di interposizione dell’Onu  fra Israele e il Libano, ha ucciso due soldati dello stato ebraico. Nella notte del 12 ottobre l’aeronautica di Israele ha colpito la zona del mercato di Nabatieh, popolosa città a 60 chilometri a sud di Beirut. I video postati dai residenti hanno mostrato scene apocalittiche, il cielo rosso per le esplosioni, macerie e fumo dovunque.

Il 13 ottobre la Croce Rossa ha riferito che diversi dei suoi soccorritori sono rimasti feriti in un attacco ad un’abitazione nel sud del Libano alla quale erano stati inviati “in coordinamento” con la missione dell’Onu. I media israeliani hanno rivelato che le unità d’élite che stanno combattendo nel sud del Libano hanno conquistato posizioni strategiche e una fila di villaggi vicino alla recinzione: l’obiettivo dell’Idf è localizzare i punti precisi vicino al confine da dove si temono infiltrazioni in Israele, come quelle di Hamas del 7 ottobre. Sulle mappe degli scontri si vede che le operazioni vanno dal mare fino al monte Dov, sperone occidentale del monte Hermon. Secondo gli analisti israeliani, i combattimenti di terra in Libano dovrebbero continuare ancora per qualche settimana, almeno fino a che i commando non avranno il pieno controllo delle capacità di intelligence e di fuoco nell’area, e anche successivamente a distanza.

Sul fronte di Gaza ( nella foto) violenti combattimenti sono in corso nel nord, dove le milizie di Hamas si sono ricostituite almeno in parte. “L’esercito sta portando avanti le operazioni nella zona settentrionale della Striscia, nel cuore di Jabalya, dove i soldati stanno smantellando le roccaforti di Hamas”, ha detto il premier Benjamin Netanyahu in un discorso registrato. L’agenzia di stampa palestinese “Wafa” ha riferito che cinque bambini sono rimasti uccisi in un attacco aereo nella zona di al  Shati. Secondo il ministero della Sanità di Hamas il bilancio delle vittime nell’enclave è salito a 42.227 morti dall’inizio della guerra.

Nel mirino di Israele ora sono ci sono anche le autombulanze. Il portavoce in lingua araba dell’esercito di Gerusalemme ha invitato gli operatori sanitari e le squadre di medici che operano nella zona meridionale del Libano a non ricorrere alle ambulanze, affermando che i miliziani di Hezbollah le usano per i loro spostamenti e che le Forze Israeliane di Difesa colpiscono ogni veicolo che abbia a bordo uomini armati.

Dal Libano meridionale gli Hezbollah filoiraniani hanno lanciato contro Israele 320 ordigni l’11 e il 12 ottobre. Nella serata dell’11 ottobre, quando era cominciato da poco Yom Kippur, il giorno più sacro del calendario ebraico, diversi boati si sono sentiti a Tel Aviv. Dal Paese dei cedri erano stati tirati due droni. Uno è stato abbattuto e un secondo ha colpito un condominio. Una coppia è stata leggermente ferita vicino ad Acri. Una casa di riposo di Herzliya, a nord di Tel Aviv, è stata danneggiata da un velivolo senza pilota la sera dell’11 ottobre. I militari israeliani hanno comunicato di aver ucciso decine di miliziani del Partito di Dio e di Hamas durante lo Yom Kippur in un totale di 280 attacchi, oltre 200 dei quali in Libano. I commando delle forze speciali dello stato ebraico hanno eliminato 50 membri degli Hezbollah libanesi in “scontri corpo a corpo”.

Nella Striscia di Gaza le truppe israeliane hanno ucciso oltre 20 persone a Jabaliya e diversi miliziani nel centro e nel sud. La cifra è stata confermata dal servizio di soccorso dell’enclave, ma senza specificare se si trattasse di uomini armati. Il raid è costato la vita al sergente dello stato maggiore delle Forze Israeliane di Difesa Ittai Fogel. Secondo il quotidiano statunitense “New York Times” Hamas aveva pianificato di lanciare l’attacco contro Israele già nell’autunno del 2022, ma lo rimandò nel tentativo di convincere l’Iran e Hezbollah a unirsi all’invasione.

L’Unifil ha fatto sapere che un altro casco blu, un cittadino indonesiano – il quinto in due giorni – è stato ferito da colpi di arma da fuoco di “origine non ancora determinata” nella notte tra l’11 e il 12 ottobre mentre era in corso un’azione militare non lontano dal quartier generale a Ras al Naqoura. Le Forze Israeliane di Difesa hanno chiesto l’evacuazione agli abitanti di ulteriori 22 villaggi nel sud del Libano indicando di spostarsi nelle zone a nord del fiume Awali. Secondo il sito on line del quotidiano israeliano “Yedioth Ahronoth” gli Stati Uniti trasferiranno immediatamente il sistema di difesa missilistica THAAD a Israele per contribuire a intercettare potenziali minacce di missili balistici provenienti dall’Iran.

La missione dell’Onu sul confine fra Israele e il Libano è un testimone scomodo. L ‘esercito israeliano ha bombardato il quartier generale dell’ Unifil a Naqura e le due basi italiane 1-31 e 1-32A. Due militari indonesiani hanno riportato ferite. “Inammissibile”, ha commentato la premier Giorgia Meloni. Il ministro italiano della difesa Guido Crosetto ha convocato Jonathan Peled, l’ambasciatore di Israele a Roma, per esprimergli l’indignazione e la protesta del governo e dell’intero Paese e per ricordargli che “né l’Onu né l’Italia prendono ordini da Israele”.  L’Italia schiera il contingente più numeroso, 1.260 soldati.

Il portavoce dell’Unifil Andrea Tenenti ha riferito che un carro armato Merkava delle Forze Israeliane di Difesa “ha colpito una torre di osservazione del quartier generale e ha fatto cadere i due caschi blu indonesiani. “Le ferite – ha precisato Tenenti – non sono gravi, ma sono in ospedale”. L’esercito israeliano ha poi bombardato la posizione Unp 1-31, dopo averla sorvolata più volte con un drone, colpendo l’ingresso del bunker nel quale si erano rifugiati i caschi blu italiani. Nel raid sono stati danneggiati veicoli, i sistemi di comunicazione tra la base e il comando di Naqura, e le telecamere di monitoraggio perimetrale. Poco dopo i militari di Gerusalemme hanno sparato anche sulla postazione Unp 1-32 A, nella quale si tenevano le riunioni tra libanesi, israeliani e i vertici dell’Unifil prima dell’inizio del conflitto, danneggiando l’illuminazione e una stazione di trasmissione. Secondo fonti della sicurezza l’attacco all’Unifil avrebbe l’obiettivo di “costringerla a ritirarsi” per non avere “testimoni scomodi in vista di pianificazioni future dell’esercito israeliano in Libano”.

Dopo il raid Danny Danon, l’ambasciatore israeliano all’Onu ha “raccomandato” ai militari di Unifil di spostarsi di 5 km a nord per evitare pericoli mentre i combattimenti si intensificano e mentre la situazione lungo la Linea Blu rimane instabile a causa dell’aggressione di Hezbollah”. L’Unifil ha respinto l’invito. In serata si è riunito il Consiglio di Sicurezza dell’Onu. La sottosegretaria generale delle Nazioni Unite Rosemary Dicarlo ha chiesto a Israele di ritirare le sue forze di terra dal Libano. Condanne dei militari israeliani sono arrivate dall’Unione Europea e dagli altri Paesi che forniscono uomini all’Unifil, come la Spagna (nelle postazioni attaccate c’erano anche 49 spagnoli) e la Francia. Roma e Parigi hanno deciso, dopo un colloquio tra Crosetto e Sebastien Lecornu, il responsabile francese delle forze armate, di riunire nella prossima settimana i Paesi europei che partecipano alla missione in una videoconferenza. Anche gli Stati Uniti hanno manifestato “preoccupazione”. Secondo le autorità locali dall’inizio dei combattimenti sono morte 2.169 persone e oltre 10 mila sono state ferite.

L’obiettivo della rappresaglia delle forze armate israeliane per i 181 missili balistici lanciati dall’Iran il primo ottobre contro lo stato ebraico sarebbero le basi militari dalle quali sono partiti. I vettori hanno danneggiato siti dell’aeronautica israeliana.  “Il nostro attacco sarà letale, preciso e soprattutto sorprendente, non capiranno cosa è successo né come”, ha poi annunciato il ministro della Difesa Yoav Gallant. Gli Stati del Golfo temono che, per ritorsione, i loro impianti di estrazione del greggio finiscano nel mirino degli alleati della teocrazia. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti e Qatar avrebbero deciso di rifiutare ai caccia dello Stato ebraico il permesso di sorvolare il loro spazio aereo per gli attesi raid sull’Iran. Durante incontri che si sono tenuti questa settimana i delegati degli ayatollah hanno avvertito Riad che non sarà garantita la sicurezza delle sue piattaforme petrolifere, se le Forze Israeliane di Difesa avranno il loro sostegno in un attacco.

Il portavoce delle forze armate di Gerusalemme ha mostrato in un filmato la quantità eccezionale di armi di Hezbollah trovate dentro abitazioni dell’area. I video pubblicati dai soldati israeliani sui social documentano la distruzione del lungomare di Maroun al Ras, inaugurato nel 2010 dall’ex presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad, e l’abbattimento della statua di Qassem Soleimani, già capo delle forze speciali “Quds” dell’Iran.

Dopo le 19 del 10 ottobre, le 18 Italia, un massiccio attacco dell’aeronautica israeliana nella zona occidentale di Beirut ha ucciso 18 persone e ne ha ferite 97. L’obiettivo, secondo i media israeliani e arabi, era Wafiq Safa, il responsabile della Difesa degli Hezbollah, l’uomo di Nasrallah (di cui era cognato e confidente) addetto alle operazioni speciali, anche diplomatiche, nonché negoziatore nell’affare dei rapiti israeliani Goldwasser e Regev. Nel 2019 fu sanzionato dal dipartimento del Tesoro statunitense. Dall’inizio della guerra, è la prima volta che l’aeronautica di Israele attacca la zona ovest di Beirut.

La Mezzaluna Rossa ha reso noto che nella mattinata del 10 ottobre l’esercito israeliano ha attaccato una scuola nel nord della Striscia di Gaza uccidendo 28 civili e ferendone 54. Secondo le Forze Israeliane di Difesa l’ex scuola era diventata un centro di comando di Hamas nel quale erano immagazzinate molte armi e dal quale venivano lanciati attacchi contro il territorio israeliano. Nella serata del 10 ottobre l’esercito dello stato ebraico (Tsahal n.d.r.) ha comunicato che tre soldati della riserva sono stati uccisi durante gli scontri con i miliziani fondamentalisti nel nord di Gaza. Il numero di militari israeliani caduti nell’offensiva nell’enclave sale così a 353. Secondo Hamas dall’inizio della guerra a Gaza le vittime sono state 42.065. Non si sa quanti caduti siano miliziani in armi e quanti i   civili.

I miliziani filo iraniani continuano a martellare di razzi e droni il nord di Israele: nel pomeriggio del 9 ottobre, secondo i militari israeliani, ne hanno lanciati 90 in appena 8 minuti sull’Alta Galilea. Una coppia di quarantenni è rimasta uccisa da un razzo contro Kiryat Shmona, vicino al confine, in un attacco rivendicato dai miliziani sciiti. Le autorità libanesi hanno denunciato la morte di 40 persone nelle ultime 24 ore, facendo salire il totale a 2.119 dall’inizio delle operazioni israeliane nel Paese dei Cedri. Tra le vittime anche quattro persone uccise in un raid nel sud che ha colpito un albergo che ospitava sfollati.

Un’ esplosione ha scosso Damasco. I media statali siriani hanno riferito di un raid, attribuito a Israele, contro “un edificio residenziale”. La ong Osservatorio siriano per i diritti umani ha precisato che l’edificio era “frequentato dalle guardie rivoluzionarie iraniane e da membri degli Hezbollah libanesi”. Sette persone hanno perso la vita. 

La Guida Suprema dell’Iran, il Grande Ayatollah Ali Khamenei, in persiano e in arabo ha lanciato un appello a tutti i musulmani: “dall’Afghanistan allo Yemen, da Gaza al Libano, cingiamo il nemico comune con una cintura di difesa. La resistenza nella regione non si tirerà indietro e vincerà”. Il “nemico comune” è ovviamente Israele. Khamenei è riapparso in pubblico per la prima volta dopo oltre 4 anni. A Teheran ha guidato la preghiera del venerdì di migliaia di fedeli radunati nella moschea Imam Khomeini Grand Mosalla. Al suo fianco aveva un fucile, forse un Dragunov di fabbricazione russa come era già successo nel 2019.  Ha definito il massacro di 1200 israeliani il 7 ottobre 2023 e i missili iraniani lanciati contro lo Stato ebraico “azioni legittime”. L’asse della resistenza, ha rincarato, “continuerà a lottare per la vittoria” nonostante la morte dei suoi leader. A una settimana dall’uccisione del capo di Hezbollah Hassan Nasrallah, provvisoriamente sepolto in un luogo segreto, Khamenei ha rinunciato per qualche ora alle consuete e rigide misure di sicurezza. Non conduceva la preghiera del venerdì dal 2020, l’anno dell’uccisione  del generale Soleimani per mano americana. Ha elogiato Nasrallah, simbolo dei “martiri” caduti nella guerra contro Israele, Ismail Haniyeh, numero uno di Hamas all’estero fulminato a Teheran, e i tanti comandanti militari del Movimento di Resistenza Islamica e di Hezbollah uccisi da Gerusalemme. Una guerra che, è il mantra dell’Iran, è condotta a scopi difensivi per rispondere ai “crimini sorprendenti” di Israele. Anche l’imponente operazione del primo ottobre, 181 missili scagliati dall’Iran contro lo stato ebraico, è stata “del tutto legale”, anzi è stata “una punizione minima”.

Le Forze Israeliane di Difesa hanno colpito di nuovo la periferia meridionale di Beirut, roccaforte del Partito di Dio. L’obiettivo  principale, secondo quanto è filtrato da Gerusalemme, era Hashem Safieddine, probabile successore di Nasrallah. Israele ritiene che sia morto. Con lui nel sito bombardato c’era probabilmente anche il generale Esmail Qaani, capo delle forze Quds dei pasdaran iraniani, nominato nel 2020 dopo l’assassinio di Qassem Soleimani a Baghdad. La sua sorte non è ancora chiara, mentre è stata confermata dalle forze israeliane di difesa l’uccisione del capo del braccio armato di Hamas in territorio libanese Mohammed Hussein al-Lawis, e di Saeed Atallah Ali, “l’autorità esecutiva del Movimento di Resistenza Islamica in Libano”.

Nel Golan due soldati sono rimasti uccisi da un drone lanciato dall’Iraq, Paese nel quale sono attive milizie sciite filo-iraniane. Sono il sergente Daniel Aviv Haim Sofer, 19 anni, cadetto ufficiale addetto alle segnalazioni nel 13° battaglione della Brigata Golani, di Ashkelon, e il caporale Tal Dror, 19 anni, specialista in informatica del 13°  della Brigata Golani, di Gerusalemme. Secondo un’indagine delle IDF, nell’attacco sono stati lanciati dall’Iraq due droni carichi di esplosivo. Uno è stato abbattuto dalle difese aeree. Pochi minuti dopo il secondo ha colpito una base militare sulle alture settentrionali del Golan.

Un raid israeliano a Tulkarem, in Cisgiordania, ha provocato almeno 18 morti. Nove, secondo le Forze Israeliane di Difesa, (nella foto in azione a Gaza) erano miliziani di Hamas, fra questi Abd al-Razeq Oufi, il capo locale. Era accusato di pianificare un attentato in occasione del primo anniversario della carneficina del 7 ottobre. Nello Yemen  le milizie locali filo iraniane sono state colpite nuovamente da raid britannici e americani che hanno bombardato anche la capitale Sanaa.

Hamas si è assunta la responsabilità dell’aggressione che il primo ottobre a Jaffa  ha provocato la morte di sette israeliani e ne ha feriti 16. L’organizzazione integralista islamica palestinese ha affermato che Mohammad Mesek e Ahmed Himouni, i due uomini in armi di Hebron che hanno messo a segno l’attacco, sono suoi affiliati. La coppia ha attaccato i passanti sul Jerusalem Boulevard fulminandone due. Subito dopo un terrorista è salito su un vagone della metropolitana leggera e ha ucciso quattro passeggeri prima di scendere. Tutto è successo mentre le sirene d’allarme suonavano per avvisare la popolazione dell’arrivo di missili balistici dall’Iran.  Le vittime sono una ragazza di 17 anni, i cui parenti non hanno autorizzato la pubblicazione del nome, Shahar Goldman, 30 anni, Roital Bronstein, 24, Ilya Nozadze, 42 anni, della Georgia, Nadia Sokolenko, 40, e Jonas Crossis, 26. “Ho visto – racconta un testimone oculare – un terrorista sparare a una ragazza che era già a terra e a una coetanea. Subito dopo ha colpito un uomo in bicicletta. In quel momento è arrivato un civile con una pistola e lo ha ucciso”. Il giovane che ha eliminato uno dei due terroristi è Lev Kreitman, un partecipante al festival Nova nella foresta di Be’eri scampato al massacro del 7 ottobre. Da riservista è stato per sei mesi a Gaza. “La pistola con la quale ho sparato è mia, la porto sempre con me, capisco subito se c’è una situazione di pericolo”, ha detto in un’intervista al canale televisivo “Kan”.

Sei militari israeliani del commando “Egoz” sono stati uccisi durante uno scontro a fuoco con i miliziani di Hezbollah in un villaggio del Libano meridionale. Sono il capitano Eitan Itzhak Oster, 22 anni, di Modi’in, il capitano Harel Etinger, 23 anni, comandante di squadra dell’unità commando Egoz, di Eli, il capitano Itai Ariel Giat, 23 anni, dell’unità di ingegneria da combattimento Yahalom, di Shoham, il sergente di prima classe Noam Barzilay, 22 anni, dell’unità commando Egoz, di Kohav Yair, il sergente di prima classe Or Mantzur, 21 anni, dell’unità commando Egoz, di Beit Aryeh, il sergente di prima classe Nazar Itkin, 21 anni, dell’unità commando Egoz, di Kiryat Ata, il sergente maggiore Almken Terefe, 21 anni, dell’unità di ricognizione della Brigata Golani, di Gerusalemme e il sergente maggiore Ido Broyer, 21 anni, dell’unità di ricognizione della Brigata Golani, di Nes Tziona.

 

Alle 19.30 del primo ottobre, le 18 e 30 in Italia, improvvisamente i cellulari di ogni singolo abitante di Israele hanno preso a ululare simultaneamente il rumore angoscioso dell’allerta massima, l’arrivo di missili balistici. L’allarme inusuale era stato deciso dall’esercito per consentire alla popolazione di raggiungere le zone protette con almeno 6 minuti di anticipo rispetto al minuto e mezzo previsto quando suonano le sirene. Sirene che poi sono entrate in azione ovunque in Israele. Lo stato ebraico si è trovato sotto un attacco diretto dell’Iran per la seconda volta in poco meno di sei mesi, bersagliato stavolta da 181 missili balistici. Milioni di israeliani, che per tutta la giornata si erano affannati tra spese, parrucchiere, pasticcerie e fiorai per i quattro giorni di festa di Rosh haShanà, il Capodanno ebraico, si sono precipitati nei rifugi interrompendo l’atmosfera indaffarata dei preparativi.

La Guida suprema iraniana Ali Khamenei, nascosto in un posto segreto dal giorno dell’assassinio di Hassan Nasrallah, ha fatto sapere attraverso il ministero dell’Intelligence che “l’Iran è ora in stato di guerra”, e ha minacciato tutti i Paesi che sosterranno Israele. Immediatamente lo spazio aereo dello stato ebraico è stato chiuso. Subito dopo gli allarmi, si sono sentite le esplosioni provocate dal sistema di difesa aereo che ha abbattuto la prima ondata di ordigni arrivata dall’Iran. Al cento per cento nelle aree popolate, mentre nelle zone aperte le bombe dei pasdaran sono scoppiate autonomamente. Le Forze israeliane di Difesa hanno  fatto sapere che schegge o razzi sono caduti a Tel Aviv, vicino al Mar Morto, nel sud del Paese e nella regione di Sharon. Pochi minuti dopo è partita la seconda ondata. Le tv israeliane trasmettevano luci e deflagrazioni contro il cielo del tramonto e i residenti sentivano decine di boati.

I sistemi anti-missilistici Usa dislocati in Medio Oriente sono entrati in azione, così come la contraerea della Giordania, che lo ha annunciato ufficialmente. In serata il segretario di Stato Antony Blinken è stato lapidario: “Israele ha sconfitto” l’attacco di Teheran, giudicato “inefficace” anche dalla Casa Bianca. Il portavoce delle Forze israeliane di Difesa nel pomeriggio aveva avvertito che l’Iran avrebbe ricevuto “una risposta forte” in caso di attacco: in serata ha ribadito che ora ci saranno “gravi conseguenze”. In un briefing il portavoce del Pentagono Pat Ryder ha detto che l’azione dell’Iran ha avuto “una portata doppia” rispetto a quello del 14 aprile scorso e gli Stati Uniti hanno annunciato che ora vogliono coordinare la risposta con l’alleato. L’attacco serale ha quasi fatto passare in secondo piano l’operazione di terra nel sud del Libano lanciata lunedì in tarda serata dall’esercito israeliano dopo 13 giorni di azioni preparatorie contro Hezbollah, dalle esplosioni dei cercapersone all’uccisione del capo del partito di Dio Hassan Nasrallah, all’eliminazione dell’intera leadership militare del gruppo sciita filoiraniano.

I media libanesi hanno mostrato il video del recupero del cadavere di Nasrallah, “intatto”, tirato fuori dal cratere lasciato dalle bombe anti bunker israeliane. Non solo: sempre nella notte fra il 28 e il 29 settembre i caccia israeliani hanno di nuovo preso di mira la roccaforte sciita uccidendo Nabil Kawak, comandante dell’unità di sicurezza dei miliziani e membro del Consiglio centrale esecutivo. I piloti dell’Iaf hanno poi puntato il mirino sulla Siria, a Homs, dove hanno centrato, secondo l’Osservatorio per i diritti umani, un veicolo che trasportava miliziani iracheni filo-iraniani. Sul fronte di Gaza un nuovo raid ha distrutto con missili di precisione un centro di comando di Hamas piazzato in una ex scuola nel nord della Striscia. Il ministro degli Esteri iraniano Abbas Araghchi è tornato a mettere in guardia sulle “conseguenze pericolose” degli attacchi in Libano. E ha aggiunto: “Il regime israeliano non troverà mai pace e tranquillità”.

Hassan Nasrallah, il capo supremo degli Hezbollah libanesi sciiti, ritenuto dagli ayatollah iraniani “pari tra pari”, era stato ucciso in un bunker sotterraneo dall’esercito israeliano con un raid sul quartier generale dei miliziani del Partito di Dio. Le Forze Israeliane di Difesa hanno confermato la notizia nella mattinata del 28 settembre. I miliziani integralisti, dopo aver smentito più volte il 27 settembre sera, alla fine l’hanno celebrato come loro “martire”.  Per il presidente americano Joe Biden l’uccisione di Nasrallah è “una forma di giustizia” per le molte vittime, anche statunitensi, che ha cagionato. L’Iran giura vendetta e evoca la possibilità di inviare le sue truppe in Libano “per combattere contro Israele, come nel 1981”.

Con Nasrallah sono caduti anche Abbas Nilforoushan, il vice comandante della Forza Quds (ndr. Gerusalemme) dei Pasdaran iraniani in Libano, Ali Karki, il numero tre di Hezbollah , comandante delle unità del Libano meridionale,  Ibrahim Hussein Jazini, capo della sicurezza personale di Nasrallah, il consigliere Samir Tawfiq Deeb, Abd al-Amir Muhammad Sablini, responsabile del rafforzamento delle forze militari, Ali Nayef Ayoub, capo della potenza di fuoco di Hezbollah. Erano riuniti sotto un edificio di più piani nel quartiere sciita di Dahiyeh. L’incontro era stato convocato per decidere il da farsi contro lo Stato ebraico. Una potenza di fuoco senza precedenti ha distrutto un intero isolato di palazzine. Gli F15 hanno lanciato in sequenza 83 bombe anti-bunker da un quintale per penetrare in profondità nel sottosuolo, ordigni devastanti usati per la prima volta nel 2016 per distruggere i tunnel della Striscia di Gaza. L’attacco ha polverizzato almeno sei condomini. Sotto le macerie, secondo le stime israeliane, ci sarebbero almeno 300 vittime.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu il 27 settembre pomeriggio, pur trovandosi a New York per il suo discorso all’Assemblea dell’ Onu, non ha esitato a dare il via libera all’azione. Facendo infuriare gli americani che avevano in mano un accordo di tregua.  Nasrallah era riuscito a catalizzare intorno alla sua figura sfuggente un enorme sostegno nell’intera regione, diventando un simbolo nei Paesi arabi. L’enorme arsenale del gruppo fondamentalista in Libano è stato finanziato dalla repubblica islamica dell’Iran. Nei magazzini ci sono missili balistici che potrebbero colpire facilmente tutto il territorio israeliano. E’ l’opzione-scudo che Teheran tiene in serbo da anni nel caso in cui Israele attaccasse i suoi siti nucleari direttamente. L’Iran si trova ora con le spalle al muro e dovrà prendere una decisione. Finora ha accettato le pressioni degli Usa e non si è vendicato direttamente come aveva fatto ad aprile per l’attacco al consolato di Damasco e per l’omicidio del capo politico di Hamas Ismail Hanyieh a Teheran in luglio.

L’aeronautica israeliana ha continuato i raid nel sud del Libano e altri attacchi mirati a Beirut nei quali sono stati uccisi Muhammad Ali Ismail,  il comandante dell’unità missilistica di Hezbollah nel sud del Libano, e Hassan Khalil Yassin, .il numero uno della divisione intelligence  I miliziani islamisti hanno tirato quasi un centinaio di razzi e di missili sul nord e sul centro di Israele e sulla Cisgiordania. Gli Houthi yemeniti nel pomeriggio hanno lanciato un vettore terra-terra.

In Israele le sirene d’allarme hanno risuonato fino a un centinaio di chilometri dal confine, a Tel Aviv, quando Hezbollah ha lanciato un missile terra-superficie che, secondo l’esercito israeliano, è stato intercettato. L’obiettivo era il quartier generale del Mossad, accusato di aver decapitato la leadership militare del movimento libanese facendo esplodere migliaia di cercapersone e di walkie-talkie.

Nel primo pomeriggio del 24 settembre i jet di Gerusalemme hanno preso di mira un edificio residenziale a Beirut sud, nella zona di Rabiri, Tre piani di una palazzina sono stati polverizzati. L’obiettivo era il comandante militare dell’unità missili e razzi del gruppo sciita Ibrahim Qubaisi. Per Israele è stato il miliziano che ha ordinato l’attacco nel quale, nel 2000, furono uccisi e rapiti tre soldati delle Forze Israeliane di Difesa. I corpi furono restituiti in uno scambio del 2004. Qubaisi era in riunione con altri capi militari. Probabilmente sono morti anche loro.

Hezbollah ha affermato di aver lanciato diversi droni carichi di esplosivo contro la base di Atlit della Marina israeliana, che ospita l’unità commando Shayetet 13. Secondo i militari israeliani nell’attacco sono stati lanciati tre droni, due dei quali sono stati intercettati dalle difese aeree. Una raffica di razzi lanciati verso il nord di Israele ha innescato incendi nei pressi della città di Safed e nella circostante Sdeh Ilan. I video mostrano fiamme che divampano sulle colline attorno alla città. Le autorità siriane hanno affermato di aver attivato le difese aeree in seguito a un presunto raid israeliano sul porto di Tartus. I funzionari hanno dichiarato all’agenzia di stampa “Reuters” di aver abbattuto diversi missili israeliani. La Siria è una delle principali vie di transito delle armi iraniane destinate a Hezbollah.

Il Partito di Dio ha dichiarato di aver utilizzato per la prima volta, oltre ai soliti razzi Katyusha, anche i missili Fadi 1 e Fadi 2. Secondo i miliziani di Hassan Nasrallah le bombe avrebbero colpito complessi industriali militari in Israele e la base di Ramat David. Circostanza che non è stata confermata da Gerusalemme, che invece ha affermato che da sabato sera sono stati lanciati circa 150 razzi, mentre da est, da Iraq e Siria riforniti da Teheran, sono stati scagliati droni e i missili da crociera. Tsahal (l’esercito israeliano) ha detto che i sistemi di difesa hanno garantito un alto tasso di intercettazioni. Tuttavia le immagini delle case sforacchiate, di strade ridotte a cumuli di asfalto nero dimostrano che i razzi sparati da poche centinaia di metri al di là del confine provocano danni seri.

Israele  continua le sue operazioni anche nella Striscia: il 22 settembre 7 palestinesi sono stati uccisi a Gaza, secondo il canale televisivo del Qatar “Al Jazeera“. Nel pomeriggio il premier Benjamin Netanyahu ha fornito la prima informazione ufficiale sugli ostaggi ancora prigionieri a Gaza dichiarando che da notizie di intelligence risulta che “la metà è ancora in vita”. Finora secondo l’esercito i rapiti ancora vivi sarebbero 33.

Alle 13,48 del 21 settembre, l’esercito israeliano ha annunciato che stava colpendo obiettivi di Hezbollah in Libano. Pochi minuti dopo sono partite decine di razzi – secondo gli amministratori locali più di 90 – contro il nord dello stato ebraico. Una parte è stata distrutta, altri hanno colpito la foresta di Ein Zeitim, dove è scoppiato un incendio, l’area di una sinagoga di Safed e una zona aperta a Beit Hillel. Tsahal (l’esercito) ha dichiarato alla fine di aver centrato 180 obiettivi e distrutto migliaia di rampe di lancio di razzi in Libano e i caccia sono tornati alla base. In mattinata Hamas ha denunciato che Israele ha bombardato la scuola al-Zeitoun, a Gaza City e ha, provocato 21 vittime, tra le quali 13 bambini, sei donne, un neonato. I feriti sarebbero 30. Le Forze Israeliane di Difesa in precedenza avevano reso noto che nella ex scuola si era appostato un gruppo di terroristi di Hamas che lanciava razzi contro il territorio israeliano e le truppe. In un’altra operazione a Rafah, nel sud della Striscia, un raid ha eliminato Muhammad Mansour, un importante ufficiale dell’intelligence di Yahya Sinwar, il capo di Hamas.

A Beirut gli Hezbollah filoiraniani hanno ammesso che nel raid del 20 settembre oltre al capo militare Aqil sono stati uccisi Ahmed Wahbi, un comandante di alto rango,  e altri 14 capi militari. L’Idf ha confermato pubblicando foto e nomi dei miliziani di Hezbollah morti e sottolineando che Wahbi era il capo dell’unità di addestramento del gruppo terroristico ed ex comandante della Radwan, le forze speciali del Partito di Dio coinvolto nella pianificazione dell’invasione della Galilea e nel “promuovere il radicamento del gruppo sciita nel Libano meridionale”.  Hanno perso la vita nella stessa incursione altri comandanti della Radwan. Sono Samer Halawi, Abbas Muslimani, Abdullah Hijazi, Muhammad Reda, Hassan Madi, Hassan Abd al-Satar e Hussein Hadraj. Il bilancio delle vittime è salito a 37 e altri 16 dispersi sarebbero ancora sotto le macerie.

Poco dopo le quattro del pomeriggio del 20 settembre quattro missili di precisione sparati da un caccia, un F36 ha detto la sicurezza libanese, hanno colpito il quartier generale degli Hezbollah filoiraniani in un edificio residenziale di al Jamus, un sobborgo di Beirut. In una sala sotterranea c’erano Ibrahim Aqil, il capo militare di Hezbollah – e stretto confidente di Hassan Nasrallah –  e i suoi comandanti. Secondo l’esercito israeliano oltre ad Aqil hanno perso la vita almeno dieci persone. Le foto pubblicate sui siti del Medio Oriente mostrano quel che rimane del palazzo a più piani, macerie, fumo e polvere. Secondo le autorità libanesi, che all’inizio hanno parlato di bambini tra i morti, le vittime sarebbero 12 e i feriti 70. Nel mese di luglio un raid aveva eliminato il numero 2 e capo di stato maggiore degli Hezbollah Fuad Shukr. In gennaio era stata la volta del vice leader di Hamas, Saleh al Arouri, che in quel periodo si trovava nella capitale libanese. Aqil era appena stato dimesso dall’ospedale dopo che il suo cercapersone era esploso ferendolo martedì scorso.

Una nuova ondata di esplosioni ha devastato il Libano nel pomeriggio del 18 settembre. Sono deflagrate soprattutto le radio portatili utilizzate dai miliziani filoiraniani di Hezbollah. Almeno 14 persone sono morte e 450 sono rimaste ferite. Gerusalemme ritiene che il bilancio delle vittime sia più alto di quanto riportato dalla Radwan, l’unità d’élite degli Hezbollah. Mercoledì sono state segnalate esplosioni nei telefoni, nei sistemi di energia solare e nei dispositivi di lettura delle impronte digitali utilizzati dal gruppo. Almeno una deflagrazione è avvenuta durante un funerale organizzato da Hezbollah per alcune delle 12 persone uccise dai cercapersone il 17 settembre. Un fotografo dell’AP nella città costiera meridionale di Sidone ha visto un’auto e un negozio di telefonia mobile danneggiati da dispositivi esplosi al loro interno. “Diversi walkie-talkie sono esplosi nella periferia sud di Beirut”, ha detto una fonte all’agenzia di stampa “Reuters“. La televisione degli Hezbollah “Al Manar” ha segnalato esplosioni in diverse aree del Libano e un funzionario dei miliziani del Partito di Dio ha detto all’agenzia di  stampa “Associated Press” che i walkie-talkie utilizzati dal gruppo sono esplosi a Beirut.

Le radio portatili sono state comprate da Hezbollah cinque mesi fa, più o meno nello stesso periodo in cui sono stati acquistati i cercapersone, ha affermato una fonte della sicurezza. Un reporter della Reuters nella periferia sud di Beirut ha dichiarato di aver visto membri di Hezbollah estrarre freneticamente le batterie dei walkie-talkie che non erano esplosi, gettandone i pezzi in barili di metallo tutt’intorno. Le immagini dei walkie-talkie esplosi esaminate dalla Reuters mostravano un pannello interno etichettato “ICOM” e “Made in Japan”. Secondo il suo sito web, ICOM è una compagnia telefonica e di radiocomunicazioni con sede in Giappone. La Croce Rossa libanese ha dichiarato su X di essere intervenuta con 30 squadre di ambulanze in seguito a molteplici esplosioni in diverse aree.

L‘agenzia di stampa ufficiale del Libano ha riferito che i sistemi di energia solare sono esplosi nelle case in diverse aree di Beirut e nel Libano meridionale, ferendo almeno una ragazza. Le segnalazioni di ulteriori dispositivi elettronici esplosi hanno suggerito un’infiltrazione nella catena di fornitura di Hezbollah ancora maggiore di quanto si pensasse in precedenza. Il bilancio delle vittime delle esplosioni del 17 settembre è salito a 12, tra le quali due bambini, ha dichiarato mercoledì il ministro della Salute libanese Firass Abiad. Nella serata  del 18 settembre Hezbollah ha lanciato una raffica di circa 20 razzi verso il nord di Israele, facendo scattare le sirene a Kiryat Shmona e in diverse aree circostanti.

Migliaia di cercapersone degli hezbollah libanesi sono esplosi il 17 settembre poco dopo le 15 locali, le 14 in Italia. I morti sono stati sedici, nove nel Paese dei Cedri e sette in Siria, i feriti 2750 in Libano e 14 in Siria.  Almeno duecento sono in gravi condizioni. Tra le vittime una bambina di 9 anni, figlia di un membro del partito di Dio che si trovava in casa nel villaggio di Saraain quando la deflagrazione l’ha colpita. Ha perso la vita anche il figlio di un deputato del partito di Hassan Nasrallah, il capo degli Hezbollah, oltre a leader e alti comandanti del gruppo islamista. Ha riportato lesioni l’ambasciatore iraniano in Libano Mojtaba Amani. Il gruppo terroristico Hezbollah annuncia la morte di due suoi membri, uccisi “sulla strada per Gerusalemme”, termine con il quale di solito vengono definiti i miliziani deceduti negli attacchi israeliani. Si chiamano Hassan Muhammad, del villaggio di Habchit nel distretto di Akkar, nel Libano settentrionale, e Youssef Alwa, della città di al-Hafir nella valle della Beqaa.

Secondo “Sky News Arabia” l’attacco su larga scala è stato possibile perché il Mossad, il controspionaggio estero di Israele,  è entrato in possesso dei dispositivi di comunicazione di Hezbollah prima che venissero consegnati al gruppo terroristico. Gli oo7 di Gerusalemme  hanno posizionato nelle batterie dei dispositivi una piccola quantità di PETN ossia tetra nitrato di pentaeritrite, un materiale altamente esplosivo, e li hanno fatti esplodere da remoto aumentandone la temperatura. In precedenza, il quotidiano economico statunitense “Wall Street Journal” aveva riferito che alcuni membri di Hezbollah avevano sentito i loro cercapersone surriscaldarsi e li avevano eliminati.

Il canale televisivo del Qatar “Al Jazeera” cita una fonte della sicurezza libanese secondo la quale il peso dell’esplosivo inserito in ogni dispositivo era inferiore a 20 grammi. I cercapersone erano stati importati cinque mesi fa. Il portavoce del governo libanese ha affermato che l’esecutivo ritiene Israele responsabile dell’attacco coordinato e lo considera una violazione della sovranità del Paese. Il consigliere di Nasrallah, Hossein Khalil, ha dichiarato che ora “il nemico dovrà aspettarsi tutto dal Libano dopo i crimini che ha commesso”.

A Rafah non c’è più un solo tunnel che colleghi la città con l’Egitto. La fonte della notizia è il generale di Brigata Itzik Cohen, comandante della divisione numero 162 delle Forze Israeliane di difesa (in acronimo inglese IDF) che occupa la città. Secondo le valutazioni israeliane, mentre l’Egitto demoliva le gallerie sul suo lato del confine e mentre cresceva il potere di Hamas, il Movimento di Resistenza Islamica per il contrabbando di armi si è affidato sempre meno ai tunnel transfrontalieri, perché le avrebbe fatte passare in superficie attraverso il valico di frontiera di Rafah con l’Egitto. Inoltre, secondo i militari di Gerusalemme, una parte significativa dei mezzi di offesa è stata realizzata sul posto, principalmente i razzi, i lanciagranate e gli esplosivi Nonostante l’insistenza del Primo Ministro Benjamin Netanyahu sulla necessità che i suoi soldati restino nel Philadelphi corridor per impedire ad Hamas di riarmarsi, l’esercito non sembra aver avuto gran fretta di cercare i pochi tunnel transfrontalieri inattivi lungo il confine tra Gaza e l’Egitto. La sua offensiva sull’area in questione è stata lanciata solo a maggio, sette mesi dopo l’inizio della guerra.

Tre importanti miliziani della Jihad islamica sono stati uccisi in un attacco con droni israeliani nella città di Tulkarem, in Cisgiordania, nella notte dell’11 settembre, secondo quanto riferito dalle Forze israeliane di difesa e dallo Shin Bet, il controspionaggio interno. L’esercito ha dichiarato che l’attacco ha colpito un gruppo di uomini armati che si trovavano in un’auto. Lo Shin Bet ha identificato i morti in Mohammed Abu Attia, Imad Shahdeh e Saleh al-Badu, tutti membri di spicco della Jihad islamica palestinese. Abu Attia era sospettato di essere coinvolto nell’uccisione dell’agente di polizia di frontiera israeliana.

L’ufficio informazioni di Hamas ha dichiarato che il bilancio delle vittime dell’attacco militare israeliano alla scuola di Alja’oni nel campo profughi di Nuseirat a Gaza è salito a 18 morti. L’IDF ha dichiarato mercoledì mattina che i jet da combattimento avevano attaccato la scuola che, secondo la stessa fonte, funge da complesso di comando e controllo per Hamas. Due soldati sono rimasti uccisi e diversi feriti quando un elicottero dell’aeronautica israeliana (Iaf) si è schiantato nel sud della Striscia di Gaza la mattina dell’11 settembre, in quello che i militari hanno descritto come un incidente. Le due vittime sono il Maggiore Daniel Alloush, 37 anni, di Tel Aviv, e il sergente Maggiore Tom Ish-Shalom, 38 anni, di Nes Harim. Entrambi prestavano servizio nell’Unità 669 di ricerca e salvataggio d’élite di Iaf Secondo una prima indagine, un UH-60 Black Hawk è volato a Rafah con una squadra medica dell’Unità 669 martedì notte per evacuare un geniere gravemente ferito nei combattimenti. Durante l’ultima fase di atterraggio all’interno di un accampamento dell’esercito israeliano a Rafah dopo la mezzanotte, l’elicottero si è schiantato al suolo.

Un nuovo raid israeliano, lanciato di notte sull’accampamento di sfollati di Mawasi, nel sud della Striscia di Gaza, ha provocato morti e feriti, e suscitato l’ennesima condanna della comunità internazionale, preoccupata per le vittime civili in quella che doveva essere una “zona umanitaria” sicura per i palestinesi in fuga dai bombardamenti. Gerusalemme si è attirata anche l’ira degli Stati Uniti dopo che l’Idf ha ammesso di ritenere “molto probabile” di aver ucciso “indirettamente e involontariamente” l’attivista turco-americana Aysenur Ezgi Eygi, raggiunta da un colpo di pistola alla testa venerdì scorso vicino a Nablus, in Cisgiordania, mentre partecipava a una protesta in difesa degli agricoltori palestinesi. La scorsa settimana, in un’operazione congiunta tra l’esercito israeliano e lo Shin Bet, il controspionaggio interno di Gerusalemme, un aereo dell’aeronautica militare israeliana ha eliminato Abdullah Abu Riela, un terrorista coinvolto nel massacro del 7 ottobre e nella detenzione del caporale Noa Marciano, rapita e poi uccisa nell’ospedale ‘Shifà di Gaza. In una seconda operazione è stato eliminato Ayman Khaled Abu Alihani, anch’egli coinvolto nel massacro del 7 ottobre.

Sull’attacco a Mawasi – già nel mirino a luglio per eliminare il capo militare di Hamas Mohammed Deif – le Forze Israeliane di Difesa hanno spiegato di aver preso di mira “importanti terroristi che operavano da un centro di comando nella zona umanitaria e di aver ucciso tre esponenti di spicco dell’organizzazione”. Ma per il Movimento di Resistenza Islamica – che in un primo momento aveva parlato di 40 morti, per poi ridurre il proprio bilancio a 19 vittime e 60 feriti – “le accuse sulla presenza di combattenti della resistenza sono una palese menzogna”. “L’attacco mirato”, hanno precisato l’e Forze Israeliane di Difesa, era diretto contro Samer Ismail Khader Abu Daqqa, capo delle forze aeree di Hamas, Osama Tabash, responsabile della sorveglianza degli obiettivi nell’intelligence del Movimento di Resistenza Islamica e Ayman Mabhouh, un altro alto ufficiale della fazione palestinese. Tutti e tre erano direttamente coinvolti nel massacro del 7 ottobre” . L’esercito è quindi tornato ad accusare Hamas di nascondersi nelle aree umanitarie, utilizzando i civili come scudi umani.

Il 9 settembre Israele ha messo a segno un nuovo raid in Siria. Nello scorso aprile il bombardamento del consolato iraniano a Damasco era costato la vita a Mohammad Reza Zahedi, un comandante del Corpo delle guardie della rivoluzione islamica. Teheran aveva risposto con un’ondata di 360 droni e missili contro lo Stato ebraico. Nella notte tra domenica e lunedì i jet delle Forze Israeliane di Difesa hanno colpito diversi siti militari della zona di Masyaf, nella provincia centro-occidentale di Hama. Secondo l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria, almeno 26 persone sono rimaste uccise. I raid avrebbero preso di mira, con 14 proiettili, anche un centro di ricerca dell’Iran che sviluppa “droni e missili di precisione”. Tra le vittime identificate, ha aggiunto l’ong che ha sede a Londra, 11 miliziani siriani fedeli all’Iran, 2 combattenti degli Hezbollah libanesi, 4 militari governativi e 5 civili. I feriti sono almeno 32.

 

Hamas ha sparato a bruciapelo ad altri sei ostaggi israeliani fra il 29 e il 30 agosto in un tunnel a 20 metri di profondità. Le forze Israeliane di difesa hanno ritrovato i corpi nel pomeriggio del 31 agosto. Secondo il portavoce dei militari dello stato ebraico, il contrammiraglio Daniel Hagari, le salme sono state individuate durante i combattimenti a Rafah. Erano in una galleria a circa un chilometro di distanza da quella nella quale si trovava Farhan al Qadi, il beduino salvato il 28 agosto. Le vittime sono Hersh Goldberg Polin, 23 anni, cittadino israeliano e statunitense, Eden Yerushalmi, 24 anni, Ori Danino, 25 anni, Alex Lobanov, 32 anni, Carmel Gat, 40 anni, e Almog Sarusi, 27 anni. Goldberg-Polin, Yerushalmi, Lobanov, Sarusi e Danino (un sottufficiale fuori servizio) sono stati rapiti dal festival musicale Nova vicino al Kibbutz Re’im, Gat è stato preso nel Kibbutz Be’eri.

 Secondo Hagari sono stati “brutalmente assassinati” da Hamas poco prima dell’arrivo delle truppe dello stato ebraico. Il contrammiraglio ha precisato che i soldati di Gerusalemme “hanno combattuto contro gli agenti terroristici in superficie nell’area in cui si trovava il tunnel”. Nel giro di 15 giorni Dodici rapiti sono stati recuperati privi di vita. Il ministro della Difesa Yoav Gallant il 29 agosto si è opposto urlando alla decisione presa dal gabinetto di sicurezza di mantenere i soldati dello stato ebraico nel Corridoio Filadelfia tra Gaza e l’Egitto. Gallant, l’unico a non averla votata, ha denunciato un rischio che poi è diventato una realtà: “Condanni a morte gli ostaggi, ci sono rapiti vivi lì”, aveva gridato al premier Benjamin Netanyahu.

Tre agenti di polizia israeliani sono stati uccisi nella mattinata del primo settembre in una sparatoria nei pressi della città palestinese di Tarqumiyah, nella Cisgiordania meridionale. Sono il primo sergente Roni Shakuri, il sergente maggiore comandante Hadas Branch e l’ispettore generale Arik Ben Eliyahu, Ha sparato contro di loro un palestinese che ha aperto il fuoco contro un’auto della polizia sulla Route 35 vicino all’incrocio Idhna-Tarqumiyah, appena a est di un checkpoint tra la Cisgiordania e Israele. È stato poi ucciso in uno scontro a fuoco con le truppe a Hebron. Ben Eliyahu e Branch sono stati dichiarati morti sul posto, mentre Shakuri è deceduto durante il trasporto in ospedale.

Da Hebron la sera del 30 agosto sono partiti due terroristi con due diverse autobomba esplose nella zona dell’insediamento di Gush Etzion. I due aggressori sono stati uccisi dai soldati di Gerusalemme. Hamas e Jihad hanno elogiato i due “martiri”. Nella mattinata del 31 agosto pesanti scontri a Jenin tra uomini armati palestinesi e truppe dell’esercito israeliano sono stati segnalati dai media di Ramallah e confermati dai militari dello Stato ebraico. L’esercito ha aggiunto che dopo la conclusione dei raid a Tulkarem e Far’a, si sta concentrando principalmente sulla zona di Jenin. In quattro giorni di operazioni, ha detto il portavoce, almeno 30 uomini armati sono stati uccisi e altri 30 ricercati sono stati arrestati. L’Autorità palestinese ha messo in guardia Israele dalle gravi conseguenze dell’assedio in corso imposto agli ospedali della città.

A Tulkarem l’esercito israeliano ha ucciso il ricercato numero uno in Cisgiordania. È Muhammad Jaber, detto Abu Shahjaa, classe 1988, comandante dell’ala militare della Jihad islamica del campo di Nur Shams, accusato di aver messo a segno numerose azioni di terrorismo. Ricercato anche dalla polizia dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), era riuscito a sottrarsi all’arresto e a numerosi tentativi di omicidio con fughe rocambolesche. Per protesta contro le forze di sicurezza dell’Anp che lo cercavano, nei mesi scorsi i miliziani della Jihad avevano preso a colpi di kalashnikov il quartier generale della polizia a Ramallah. Jaber e altri quattro uomini in armi che si nascondevano in una moschea. Nel luogo di culto c’erano un centro di comando attrezzato con sofisticate telecamere e un laboratorio nel quale gli ingegneri della Jihad assemblavano ordigni.

Nella prima giornata delle operazioni in Cisgiordania sono stati eliminati 12 miliziani e altri dieci sono stati arrestati. I media palestinesi riferiscono che le vittime sono 17. Sul fronte di Gaza il portavoce dell’esercito ha riferito che a Rafah un drone ha fulminato Osama Gadallah, un comandante dell’intelligence della Jihad islamica che aveva preso parte all’attacco del 7 ottobre.

L’ora zero sarebbero state le cinque del mattino del 25 agosto. Secondo le intelligence di diversi Paesi in quell’orario, dopo 26 giorni di indecisioni gli Hezbollah libanesi, i miliziani sciiti alleati dell’Iran, avrebbero dovuto scatenare la loro vendetta contro lo stato ebraico per l’uccisione a Beirut il 30 luglio di Fuad Shukr, il loro capo militare. Prima delle quattro dalla “fossa della Kirya”, il bunker del ministero della Difesa a Tel Aviv, il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha dato il via a un’operazione preventiva. Cento caccia si sono alzati in volo nello stesso momento dalle basi militari israeliane e hanno bombardato e distrutto migliaia di lanciarazzi di Hezbollah in quaranta postazioni diverse del Libano meridionale. Molti erano nelle vallate e lontani dai centri abitati, stando alle dichiarazioni delle Forze Israeliane di Difesa. Negli stessi attimi nei quali partivano i raid aerei è stata disposta la chiusura dell’aeroporto internazionale di Tel Aviv e il ministro della Difesa Yoav Gallant ha dichiarato 48 ore di stato d’emergenza nel Paese. Tre combattenti di Hezbollah sono stati uccisi.

Gli Hezbollah hanno risposto tirando 320 droni e razzi contro 11 basi militari dello stato ebraico. “Abbiamo lanciato più di 300 razzi di tipo Katyusha alle 5,15 e, per la prima volta, droni dalla Bekaa. E’ morto un militare israeliano colpito da schegge. Ad Accro è saltata la corrente elettrica. La risposta è stata ritardata fino ad oggi per molti fattori, tra i quali i negoziati per il cessate il fuoco a Gaza. Hezbollah si riserva il diritto di rispondere in un secondo momento”, ha detto nel pomeriggio inoltrato Hassan Nasrallah. Il leader dei miliziani del Partito di Dio affermato di aver scelto di non colpire cittadini inermi “anche se ne avevamo il diritto, perché nelle nostre zone meridionali sono stati uccisi dei civili”. L’obiettivo principale è stato, a suo dire, la base di Glilot, a 110 chilometri dal confine con il Libano, sede del quartier generale del Mossad e dell’unità 8200, un corpo d’élite dell’intelligence. “Avevamo – ha detto Nasrallah – già evacuato tutte le valli contenenti missili di precisione e balistici, quindi ciò che il nemico ha bombardato è stato un paio di rampe di lancio”. La macchina dalla propaganda dei miliziani sciiti oggi ha mostrato un video di sotterranei, vasti come autostrade, nei quali i miliziani tengono la santabarbara, assieme a gigantografie dello stesso Nasrallah. Il sito web di “al Manar”, l’emittente televisiva degli Hezbollah, ha sfoggiato le foto satellitari delle basi militari in Israele obiettivo dei miliziani. Israele, quando Nasrallah stava ancora parlando, ha smentito: “Posso confermare che non ci sono stati colpi alla base di Glilot”, ha detto un portavoce dell’esercito.

Fra il 20 e il 21 agosto in 24 ore gli Hezbollah libanesi hanno lanciato 180 razzi sul nord di Israele. Israele ha risposto uccidendo con un drone a Sidone Khalil el-Moqdah, fratello di Mounir, un comandante delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, il braccio armato di al Fatah.  Sintetizzando la situazione militare, Gallant, dopo aver annunciato che la brigata Rafah di Hamas è stata sconfitta e che 150 tunnel lungo il corridoio Filadelfia sono stati demoliti, ha indicato che ora l’esercito israeliano “guarda a nord”.

Le spoglie di sei ostaggi sono state trovate dai militari di Gerusalemme in un tunnel a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Sono di Alex Dancyg, 75 anni, di Yagev Buchshtav, 35, di Chaim Peri, 79, di Yoram Metzger, 80, di Nadav Popplewell, 51, e di Avraham Munder, 79. La morte durante la prigionia era stata dichiarata per i primi cinque, ma non si sapeva nulla della sorte di Munder. I cadaveri dei guardiani, tutti armati di kalashnikov, sono stati trovati nello stesso posto. Notizie raccolte dall’intelligence hanno fatto scattare l’operazione di recupero, nella notte tra il 19 e il 20 agosto. I soldati sono entrati in 4 gallerie. In un cunicolo profondo dieci metri hanno individuato un muro che sembrava instabile, l’hanno sfondato e hanno scoperto un nuovo percorso che conduceva al luogo nel quale giacevano i corpi dei rapiti. Secondo Hamas le vittime a Gaza hanno superato la soglia di 40 mila. Il 20 agosto l’Aeronautica israeliana ha attaccato un centro di comando di Hamas nascosto dentro una scuola a Gaza City. Secondo i fondamentalisti in armi il raid è costato la vita a 10 civili.

Ancora un attacco il 10 agosto a una scuola di Gaza City nella quale però, secondo le forze Israeliane di Difesa, c’era una “sala di comando di Hamas e della Jihad islamica”. Nel raid, precisano i militari di Gerusalemme, sono stati uccisi “19 terroristi di Hamas e della Jihad islamica”. Il Movimento di Resistenza Islamica sostiene che le vittime sono 93. Undici sarebbero bambini. L’edificio era gremito di sfollati. Le Forze israeliane di difesa sostengono che i miliziani “hanno sempre più difficoltà a rimanere all’interno dei tunnel dopo dieci mesi di guerra e si spostano in superficie, nascondendosi tra i civili”. Sarebbe questa la ragione per la quale negli ultimi mesi i militari israeliani hanno messo in atto decine di raid contro siti di Hamas nelle scuole.

Secondo i militari israeliani per il raid contro la sala comando, situata all’interno di una moschea del complesso scolastico, sono state utilizzate 3 “munizioni di precisione che non avrebbero potuto causare i danni e le vittime riferiti dall’ufficio stampa governativo a Gaza. Né lì vicino c’erano donne e bambini”. L’esercito ha pubblicato le riprese effettuate dopo i colpi che “mostrano che non ci sono danni gravi all’edificio”.

I miliziani più vicini a Sinwar sono stati eliminati da Israele. Primo fra tutti l’amico di sempre, il fidatissimo Muhammad Deif, il comandante militare delle Brigate Ezzeddin al Qassam, ucciso in un edificio nel sud della Striscia il 13 luglio. Betty Lahat, ex direttrice del carcere nel quale Sinwar era detenuto in Israele, lo descrive come un uomo volubile come un gatto, ma anche fragile e codardo come quando gli venne comunicato che aveva un cancro alla testa, curato poi con successo dai medici israeliani. Sinwar tornò in libertà nello scambio tra mille detenuti palestinesi e il soldato Gilad Shalit, detenuto per 5 anni e mezzo nei tunnel, grazie a una decisione presa dal premier Benjamin Netanyahu.

In Iran si è aperta la caccia all’infiltrato che ha reso possibile l’eliminazione del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh in una residenza dei Pasdaran nella parte settentrionale della città. Haniyeh era nella capitale iraniana per partecipare alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente Masoud Pezeshkian. A Beirut, nella periferia meridionale è stato eliminato anche Fuad Shukr, il capo militare degli Hezbollah. Secondo il “New York Times” fra le persone finite in carcere ci sarebbero funzionari dell’intelligence di Teheran, militari alti in grado e membri del personale del residence, gestito dai Guardiani della Rivoluzione nel quale è stato fulminato Haniyeh. Una bandiera rossa è stata issata su una moschea di Qom, la città santa dell’Iran.

Il 27 luglio per i bambini e per i ragazzi drusi che nel pomeriggio si erano raccolti nel campetto di calcio a Majdal Shams non c’è stata via di fuga e di salvezza. Hanno perso la vita in 12. Sono Alma Ayman Fakher Eldin, 11 anni, Milad Muadad al Sha’ar, 10 anni, Vinees Adham al Safadi, 11 anni, Isel Nasha’at Ayoub, 12 anni, Yazan Nayeif Abu Saleh 12 anni, Johnny Wadeea Ibrahim, 13 anni, Ameer Rabaeea Abu Saleh,16 anni, Naji Taher al Halabi,11 anni, Fajer Laith abu Saleh,16 anni, Hazem Akram abu Saleh, 15 anni, Nathem Fakher Saeb,16 anni. La dodicesima vittima non ha ancora un nome. Tutti sono stati dilaniati da un razzo Falaq di produzione iraniana che ha una testata esplosiva di 53 chili. Uno dei piccoli risultava disperso. Secondo i soccorritori è stato centrato in pieno. La bomba lo ha polverizzato. Ai funerali si sono presentate migliaia di persone, donne con il velo bianco sulla testa, uomini con il copricapo tradizionale dei drusi. Sono arrivati da piccole cittadine vicine. Sono state esequie silenziose. I parenti delle vittime guardavano esterrefatti le bare bianche di figli e di nipoti. Gli abitanti indicavano le traiettorie abituali dei missili: quelli dal Libano spuntano di solito dal monte Hermon, dietro il campetto. Da un punto sulla destra, giusto dietro il vicino confine, piombano quelli sparati dal territorio siriano. Ancora più a destra si trova il punto di arrivo dei droni lanciati dai jihadisti filoiraniani dell’Iraq.

Il quotidiano on line “Times of Israel” ha riferito che a Jmaijmeh, una città del Libano meridionale, un attacco israeliano ha fulminato Ali Jaafar Maatouk, nome di battaglia Habib, comandante delle forze speciali Radwan degli Hezbollah. Con la sua scomparsa le vittime del Paese dei cedri sono almeno 369.