TRUMP ABBANDONA I CURDI. Si dimette McGurk capo della coalizione anti Isis

Avevamo anticipato più di un mese fa che il presidente americano Donald Trump aveva abbandonato i curdi al loro destino. Dopo la liberazione del pastore evangelico Andrew Brunson l’interlocutore privilegiato della Casa Bianca è il presidente turco Recep Tayyp Erdoğan. Al quale ora viene affidato il compito di sbarazzarsi delle frange residue del sedicente Califfato […]

Avevamo anticipato più di un mese fa che il presidente americano Donald Trump aveva abbandonato i curdi al loro destino. Dopo la liberazione del pastore evangelico Andrew Brunson l’interlocutore privilegiato della Casa Bianca è il presidente turco Recep Tayyp Erdoğan. Al quale ora viene affidato il compito di sbarazzarsi delle frange residue del sedicente Califfato islamico di al Baghdadi attestate a Hejin, una cittadina sul confine fra la Siria e l’Iraq nella provincia orientale di Deir Ez Zour. Trump ha ripetuto che l’Isis è stato “largamente sconfitto”. “Altri Paesi della regione – ha precisato – tra i quali la Turchia dovrebbero essere in grado di occuparsi facilmente di quello che ne rimane”.  Proprio la Turchia che per anni è stata l’autostrada dei militanti che volevano andare a combattere in Siria e che ora, incredibilmente, si vanta, per bocca del ministro degli esteri Mevlüt Çavuşoğlu di aver “neutralizzato oltre 4000 terroristi di Daesh (l’acronimo arabo dell’Isis)”.

La nuova politica di Trump sulla Siria sta provocando una fuga dai ranghi di punta dell’amministrazione statunitense. Dopo il segretario alla difesa Jim Mattis, anche il rappresentante degli Usa nella coalizione anti Isis Brett McGurk ha annunciato con una lettera che lascerà l’incarico il 31 dicembre, un mese e mezzo prima del previsto. Undici giorni fa aveva detto che sarebbe stato “spericolato” dare per certa la sconfitta definitiva degli ultrà islamici in nero e che non era saggio ritirare completamente gli ultimi duemila soldati americani. McGurk era stato nominato da Barack Obama nel 2015 e confermato da Trump. Una settimana prima il capo di stato maggiore statunitense Joseph Dunford aveva sostenuto che c’è ancora molto da fare in Siria. Secondo il suoi calcoli sarebbe necessario addestrare 35 mila o 40 mila soldati locali per prevenire il ritorno degli uomini di al Baghdadi, un lavoro arrivato appena a un quinto del contingente necessario.

McGurk è politicamente insospettabile. Dopo aver lavorato come avvocato per il capo della Corte Suprema William Rehnquist, un ferreo conservatore, è stato consulente legale dell’Autorità Provvisoria di Coalizione in Iraq dopo il 2003. Lì con gli iracheni ha prestato servizio come responsabile dei negoziati sulla sicurezza nel 2007 e nel 2008, su delega di George W. Bush.

Nella sacca degli ultimi irriducibili seguaci dell’autoproclamato Califfo vivono circa 15 mila persone. I militari americani stimano che i combattenti siano solo 2000. Secondo l’Osservatorio Siriano per i Diritti Umani (in sigla inglese S.O.H.R.) la cifra però potrebbe salire a 8000, se si calcolano anche i miliziani disseminati nei deserti a sud del fiume Eufrate. Questa presenza allarma ancora l’Sdf, un’alleanza di milizie curde, arabe e assiro-siriache nata nell’ottobre 2015, convinta che “la guerra non sia ancora finita” e che al contrario stia “continuando sulle rive dell’Eufrate”.

L’annuncio dell’improvvido ritiro americano galvanizza invece Ankara. Secondo il giornale Hurriyet il ministro degli esteri Mevlüt Çavuşoğlu arriva addirittura a promettere un “rinvio” delle operazioni militari a est dell’Eufrate per evitare incidenti da “fuoco amico” durante il ritiro statunitense dalla Siria. L’annuncio è stato raccolto dalla televisione pubblica turca Trt. Questo non significa però, ha precisato il capo della diplomazia, che la Turchia abbia rinunciato alle sue “operazioni contro le unità curde dello Ypg in futuro”. Ankara infatti è e resterà “contraria a qualsiasi attività che divida la Siria”. Questa linea è stata confermata a Trump dal presidente Erdoğan in una recente telefonata. Dopo aver conquistato con le armi in gennaio il cantone curdo di Afrin, ora Ankara “promette” che l’offensiva contro gli ex alleati di Washington non si fermerà. Gli Usa li hanno abbandonati al loro destino.

La nuova sintonia della Casa Bianca con i turchi sembra totale. Çavuşoğlu annuncia la nascita di tre commissioni di lavoro congiunte con gli Stati Uniti che si riuniranno a Washington l’8 gennaio per discutere del ritiro americano e di come organizzarlo. Il coordinamento è frutto di un accordo telefonico fra il ministro degli esteri turco e il segretario di stato Mike Pompeo. L’operazione dovrebbe essere completata in un arco di tempo compreso fra 60 e 100 giorni.