Di Lorenzo Bianchi

Hamas rimette sul piatto della bilancia gli attentati di kamikaze. “Vogliamo tornare alle operazioni suicide. Ripeto il mio appello a tutti a partecipare su più fronti alla vera resistenza contro l’entità sionista”, ha detto Khaled Meshaal, cofondatore del Movimento di resistenza islamica, parlando a una conferenza a Istanbul.

Nelle stesse ore l’esercito israeliano a Tulkarem ha ucciso il ricercato numero uno in Cisgiordania. È Muhammad Jaber, detto Abu Shahjaa, classe 1988, comandante dell’ala militare della Jihad islamica del campo di Nur Shams, accusato di aver messo a segno numerose azioni di terrorismo. Ricercato anche dalla polizia dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), era riuscito a sottrarsi all’arresto e a numerosi tentativi di omicidio con fughe rocambolesche. Per protesta contro le forze di sicurezza dell’Anp che lo cercavano, nei mesi scorsi i miliziani della Jihad avevano preso a colpi di kalashnikov il quartier generale della polizia a Ramallah.

Nella mattinata del 29 agosto le Forze Israeliane di Difesa hanno rivendicato di aver eliminato Jaber e altri quattro uomini in armi che si nascondevano in una moschea a Tulkarem. Nel luogo di culto c’erano un centro di comando attrezzato con sofisticate telecamere e un laboratorio nel quale gli ingegneri della Jihad assemblavano ordigni.

Nella prima giornata delle operazioni in Cisgiordania sono stati eliminati 12 miliziani e altri dieci sono stati arrestati. I media palestinesi riferiscono che le vittime sono 17. Sul fronte di Gaza il portavoce dell’esercito ha riferito che a Rafah un drone ha fulminato Osama Gadallah, un comandante dell’intelligence della Jihad islamica che aveva preso parte all’attacco del 7 ottobre.

Israele ha accettato limitate pause quotidiane nei combattimenti a Gaza per permettere una campagna di vaccinazioni antipolio. Lo ha annunciato Rip Peeperkon, un rappresentante dell’Organizzazione mondiale per la Sanità (Oms), specificando che i combattimenti si fermeranno in tre aree della Striscia. La campagna comincerà il primo settembre nel centro di Gaza e proseguirà nei due giorni successivi al sud e poi al nord, ha precisato Peeperkorn citando l’impegno assunto dal Cogat, l’autorità israeliana responsabile degli affari palestinesi. Le pause quotidiane dei combattimenti, che dovrebbero permettere la vaccinazione di oltre 600mila bambini, inizieranno alle 6 del mattino e finiranno tra le 14 e le 15. l’ex ostaggio beduino Qaid Farhan al Qadi ha raccontato che nei primi 40 giorni di prigionia è stato tenuto in un ospedale nel sud di Gaza, insieme con un anziano israeliano che è morto di stenti.

L’ora zero sarebbero state le cinque del mattino del 25 agosto. Secondo le intelligence di diversi Paesi in quell’orario, dopo 26 giorni di indecisioni gli Hezbollah libanesi, i miliziani sciiti alleati dell’Iran, avrebbero dovuto scatenare la loro vendetta contro lo stato ebraico per l’uccisione a Beirut il 30 luglio di Fuad Shukr, il loro capo militare. Prima delle quattro dalla “fossa della Kirya”, il bunker del ministero della Difesa a Tel Aviv, il capo di stato maggiore Herzi Halevi ha dato il via a un’operazione preventiva. Cento caccia si sono alzati in volo nello stesso momento dalle basi militari israeliane e hanno bombardato e distrutto migliaia di lanciarazzi di Hezbollah in quaranta postazioni diverse del Libano meridionale. Molti erano nelle vallate e lontani dai centri abitati, stando alle dichiarazioni delle Forze Israeliane di Difesa. Negli stessi attimi nei quali partivano i raid aerei è stata disposta la chiusura dell’aeroporto internazionale di Tel Aviv e il ministro della Difesa Yoav Gallant ha dichiarato 48 ore di stato d’emergenza nel Paese. Tre combattenti di Hezbollah sono stati uccisi.

Gli Hezbollah hanno risposto tirando 320 droni e razzi contro 11 basi militari dello stato ebraico. “Abbiamo lanciato più di 300 razzi di tipo Katyusha alle 5,15 e, per la prima volta, droni dalla Bekaa. E’ morto un militare israeliano colpito da schegge. Ad Accro è saltata la corrente elettrica. La risposta è stata ritardata fino ad oggi per molti fattori, tra i quali i negoziati per il cessate il fuoco a Gaza. Hezbollah si riserva il diritto di rispondere in un secondo momento”, ha detto nel pomeriggio inoltrato Hassan Nasrallah. Il leader dei miliziani del Partito di Dio affermato di aver scelto di non colpire cittadini inermi “anche se ne avevamo il diritto, perché nelle nostre zone meridionali sono stati uccisi dei civili”. L’obiettivo principale è stato, a suo dire, la base di Glilot, a 110 chilometri dal confine con il Libano, sede del quartier generale del Mossad e dell’unità 8200, un corpo d’élite dell’intelligence. “Avevamo – ha detto Nasrallah – già evacuato tutte le valli contenenti missili di precisione e balistici, quindi ciò che il nemico ha bombardato è stato un paio di rampe di lancio”. La macchina dalla propaganda dei miliziani sciiti oggi ha mostrato un video di sotterranei, vasti come autostrade, nei quali i miliziani tengono la santabarbara, assieme a gigantografie dello stesso Nasrallah. Il sito web di “al Manar”, l’emittente televisiva degli Hezbollah, ha sfoggiato le foto satellitari delle basi militari in Israele obiettivo dei miliziani. Armi e foto grazie alle quali Hezbollah avrebbe colpito “in profondità”. Israele, quando Nasrallah stava ancora parlando, ha smentito: “Posso confermare che non ci sono stati colpi alla base di Glilot”, ha detto un portavoce dell’esercito. Notizia che “al Manar” ha ignorato, dando invece risalto alle parole di Nasrallah secondo le quali “il Libano non è più debole e non può più essere sottomesso facilmente. Potrebbe arrivare il giorno in cui vi invaderemo con una banda musicale”.

Aprendo il Gabinetto di sicurezza alle 7 del mattino Netanyahu ha fornito la prima dichiarazione pubblica della giornata:” Abbiamo scoperto i preparativi di Hezbollah, che era pronto ad attaccare Israele, abbiamo dato ordine all’esercito di agire subito per eliminare la minaccia”. Poche ore dopo la fine degli attacchi sui due fronti le restrizioni di sicurezza in Israele, escluso il nord, sono state ritirate e l’aeroporto Ben Gurion di Tel Aviv è stato riaperto. La tensione è tornata a salire in serata quando le sirene hanno suonato di nuovo a Rishon Lezion, 8 chilometri a sud di Tel Aviv, per il lancio di un razzo rivendicato dalle Brigate Al-Qassam, il braccio armato di Hamas, “in risposta ai massacri israeliani contro i civili e allo sfollamento del popolo palestinese”. Stando alle Forze Israeliane di Difesa, il missile è caduto in un’area aperta. Una donna di 26 anni è rimasta ferita mentre raggiungeva un rifugio.

Dopo gli incontri del 22 agosto al Cairo tra i mediatori egiziani, israeliani e americani si è riaccesa la speranza di poter superare lo stallo in cui erano caduti i negoziati sulla tregua a Gaza subito dopo il vertice di Doha. La Casa Bianca ha fatto sapere il 23 agosto che “sono stati fatti progressi”. A supporto del fragile ottimismo, la rivelazione di fonti egiziane circa un compromesso che prevede la presenza di forze internazionali lungo i corridoi Filadelfia, lungo il confine della Striscia con l’Egitto, e Netzarim, una striscia lunga 6,5 chilometri che divide in due la Striscia di Gaza 5 chilometri a sudovest di Gaza City, i nodi sui quali si erano arenate le trattative.

Fra il 20 e il 21 agosto in 24 ore gli Hezbollah libanesi hanno lanciato 180 razzi sul nord di Israele. Nella cittadina di Katzrin, sulle alture del Golan, un uomo è stato ferito e 30 persone sono rimaste senza casa. Israele ha risposto uccidendo con un drone a Sidone Khalil el-Moqdah, fratello di Mounir, un comandante delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, il braccio armato di al Fatah. L’Idf ha specificato che Khalil operava anche per conto di Hezbollah e dei Pasdaran iraniani. Sintetizzando la situazione militare, il ministro della Difesa israeliano Gallant, dopo aver annunciato che la brigata Rafah di Hamas è stata sconfitta e che 150 tunnel lungo il corridoio Filadelfia sono stati demoliti, ha indicato che ora l’esercito israeliano “guarda a nord”.

Le spoglie di sei ostaggi sono state trovate dai militari di Gerusalemme in un tunnel a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza. Sono di Alex Dancyg, 75 anni, di Yagev Buchshtav, 35, di Chaim Peri, 79, di Yoram Metzger, 80, di Nadav Popplewell, 51, e di Avraham Munder, 79. La morte durante la prigionia era stata dichiarata per i primi cinque, ma non si sapeva nulla della sorte di Munder. I corpi dei sei ostaggi recuperati nei giorni scorsi dai militari israeliani a Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale, presentano tutti segni di ferite da arma da fuoco. Questi sono i risultati delle analisi dell’Abu Kabir Forensic Institute. I cadaveri dei guardiani, tutti armati di kalashnikov, sono stati trovati nello stesso posto. Notizie raccolte dall’intelligence hanno fatto scattare l’operazione di recupero, nella notte tra il 19 e il 20 agosto. I soldati sono entrati in 4 gallerie. In un cunicolo profondo dieci metri hanno individuato un muro che sembrava instabile, l’hanno sfondato e hanno scoperto un nuovo percorso che conduceva al luogo nel quale giacevano i corpi dei rapiti. Secondo Hamas le vittime a Gaza hanno superato la soglia di 40 mila. Il 20 agosto l’Aeronautica israeliana ha attaccato un centro di comando di Hamas nascosto dentro una scuola a Gaza City. Secondo i fondamentalisti in armi il raid è costato la vita a 10 civili.

Un giornalista palestinese freelance è rimasto ucciso nel corso di un attacco delle forze israeliane a nord di Khan Younis, nella Striscia di Gaza. Lo riferisce lunedì 19 agosto 2024  il sito online del canale televisivo del Qatar “Al Jazeera“. Ibrahim Muharab, 26 anni, era diretto con un gruppo di colleghi ad Hamad City quando è finito sotto il fuoco dei tank dello stato ebraico. Secondo i dati della Federazione internazionale dei giornalisti sono almeno 123 i reporter e gli operatori dei media uccisi dall’inizio della guerra a Gaza.

Ancora un attacco il 10 agosto a una scuola di Gaza City nella quale però, secondo le forze Israeliane di Difesa, c’era una “sala di comando di Hamas e della Jihad islamica”. Nel raid, precisano i militari di Gerusalemme, sono stati uccisi “19 terroristi di Hamas e della Jihad islamica”. Il Movimento di Resistenza Islamica sostiene che le vittime sono 93. Undici sarebbero bambini. L’edificio era gremito di sfollati. Il nuovo negoziato avrebbe dovuto riprendere il 15 agosto. Alti funzionari israeliani hanno definito questa tornata di incontri “l’ultima possibilità” per la liberazione degli ostaggi in cambio di un cessate il fuoco temporaneo a Gaza. Le Forze israeliane di difesa sostengono che i miliziani “hanno sempre più difficoltà a rimanere all’interno dei tunnel dopo dieci mesi di guerra e si spostano in superficie, nascondendosi tra i civili”. Sarebbe questa la ragione per la quale negli ultimi mesi i militari israeliani hanno messo in atto decine di raid contro siti di Hamas nelle scuole.

Secondo i militari israeliani per il raid contro la sala comando, situata all’interno di una moschea del complesso scolastico, sono state utilizzate 3 “munizioni di precisione che non avrebbero potuto causare i danni e le vittime riferiti dall’ufficio stampa governativo a Gaza. Né lì vicino c’erano donne e bambini”. L’esercito ha pubblicato le riprese effettuate dopo i colpi che “mostrano che non ci sono danni gravi all’edificio”.

“Per come stanno le cose, [il capo di Hezbollah Hassan] Nasrallah potrebbe trascinare il Libano a pagare prezzi estremamente alti. Non possono nemmeno immaginare cosa potrebbe accadere”, ha dichiarato il ministro israeliano della difesa Yoav Gallant durante una visita alle truppe della 646a Brigata Paracadutisti di Riserva. Il ministro degli Esteri dello stato ebraico Israel Katz con un post su “X” osserva che “l’elezione di Yahya Sinwar al vertice di Hamas deve inviare un chiaro messaggio al mondo: la questione palestinese è ora completamente controllata dall’Iran e dal Movimento di Resistenza Islamica”. Il ministro ha sottolineato che “senza l’azione israeliana a Gaza, l’area cadrebbe interamente sotto il controllo di Hamas”, con “l’Iran che sta inondando i campi profughi in Cisgiordania e l’intera zona di armi e di finanziamenti per stabilire un altro fronte del terrore da est contro i principali centri abitati di Israele”. Per Katz la linea del “macellaio di Gaza” adesso è l’unica di Hamas. Non ci sono più mediazioni e mezzi termini. “Haniyeh – è la sua sintesi – è morto e Doha ha perso”.

L’uomo che da mesi vive nei dei tunnel di Gaza ora è il nuovo capo di Hamas. Yahya Sinwar, 61 anni, di Khan Younis, subentra a Ismail Haniyeh, 62 anni, ucciso a Teheran.  Sinwar sarebbe il regista del massacro del 7 ottobre che è costato la vita a 1200 israeliani. Con una nota ha relegato in un angolo Muhammad Ismail Darwish,, capo del Consiglio della Shura e vero “boss dell’impero economico e finanziario di Hamas”, evidentemente gradito solo a Doha e a Teheran, Rimanendo nell’ombra, Darvish da anni dirige i trasferimenti di denaro dall’Iran alla milizia islamica e li trasforma in investimenti in tutto il mondo. Pochi giorni fa l’esperto di Medio Oriente Michael Milshtein aveva evocato questo scenario: “Con la morte di Haniyeh Sinwar è l’uomo che veramente comanda nella Striscia. Lui disprezzava Haniyeh, perché era tra quelli in giacca e cravatta, senza esperienza militare, che non hanno sofferto in prigione come lui e non capiscono che la visione è il jihad, lo sforzo per la Guerra santa, non i progetti politici. Per l’analista, alla morte di Haniyeh, Sinwar “non ha brindato, ma sicuramente la sua uccisione ha creato uno spazio operativo più confortevole”.

Gli uomini più vicini a Sinwar sono stati eliminati da Israele. Primo fra tutti l’amico di sempre, il fidatissimo Muhammad Deif, il comandante militare delle Brigate Ezzeddin al Qassam, ucciso in un edificio nel sud della Striscia il 13 luglio. Betty Lahat, ex direttrice del carcere nel quale Sinwar era detenuto in Israele, lo descrive come un uomo volubile come un gatto, ma anche fragile e codardo come quando gli venne comunicato che aveva un cancro alla testa, curato poi con successo dai medici israeliani. Sinwar tornò in libertà nello scambio tra mille detenuti palestinesi e il soldato Gilad Shalit, detenuto per 5 anni e mezzo nei tunnel, grazie a una decisione presa dal premier Benjamin Netanyahu.

In Iran si è aperta la caccia all’infiltrato che ha reso possibile l’eliminazione del capo politico di Hamas Ismail Haniyeh in una residenza dei Pasdaran nella parte settentrionale della città. Haniyeh era nella capitale iraniana per partecipare alla cerimonia di insediamento del nuovo presidente Masoud Pezeshkian. A Beirut, nella periferia meridionale è stato eliminato anche Fuad Shukr, il capo militare degli Hezbollah. Secondo il “New York Times” fra le persone finite in carcere ci sarebbero funzionari dell’intelligence di Teheran, militari alti in grado e membri del personale del residence, gestito dai Guardiani della Rivoluzione nel quale è stato fulminato Haniyeh.

La vendetta di Teheran per l’assassinio di Haniyeh sarà “severa” e si consumerà nei “tempi, nei luoghi e nei modi appropriati”, avvertono i Pasdaran in un messaggio diretto a quello che definiscono “il regime terrorista sionista”. A differenza dell’operazione di aprile, quando l’Iran informò preventivamente delle sue intenzioni, dando l’idea di volere solo una dimostrazione di forza, in questi giorni non c è stata alcuna indicazione sui tempi della vendetta annunciata. Una bandiera rossa è stata issata su una moschea di Qom, la città santa dell’Iran.

Il Pentagono nella serata di venerdì  2 agosto ha dichiarato ufficialmente che gli Usa rafforzeranno la loro presenza militare in Medio Oriente, schierando altre navi da guerra e aerei da combattimento per proteggere il personale statunitense e per difendere Israele. “Il dipartimento della Difesa continua ad adottare misure per mitigare la possibilità di un’escalation regionale da parte dell’Iran e degli alleati”, ha detto la vice portavoce del Pentagono, Sabrina Singh.

Probabilmente la Nahaja (le forze aeree della teocrazia) cercherà di sfidare soprattutto i sistemi difensivi Arrow progettati per intercettare missili balistici nell’atmosfera sia che siano lanciati dall’Iran o dallo Yemen, una distanza di 1.800-1.400 chilometri, sia da 800-600 chilometri e cioè dall’Iraq o dalla Siria nordorientale. L’esercito israeliano ha gli aerei pronti in pista, ma sa che un attacco concentrico è complicato da intercettare.

Nella serata del 30 luglio un drone israeliano aveva fatto crollare tre piani di un palazzo di otto nel quartiere di Haret Hreik, nella periferia sud di Beirut che da sempre è la roccaforte degli Hezbollah. L’obiettivo dei raid israeliano era Fouad Shukr, detto Hajj Mohsin, comandante militare di punta dei miliziani del Partito di Dio, cervello dell’arsenale dei missili di precisione, ispiratore, secondo le Forze Israeliane di Difesa, della strage di bambini drusi a Majdal Shams.

Per la seconda volta Gerusalemme ha colpito la periferia meridionale della capitale del Paese dei Cedri. In gennaio aveva fulminato il numero due di Hamas Saleh al Arouri. L’esercito israeliano ha confermato la morte di Shukr, definendolo “braccio destro di Hassan Nasrallah”, la guida degli Hezbollah. Una fonte vicina al Partito di Dio ha precisato al quotidiano di Beirut “L’Orient le Jour” che Shukr è effettivamente deceduto nell’attacco. La stessa informazione è stata raccolta dalle tv saudite “al Adht” e “al Arabiya”. Gli Hezbollah sostengono invece che Shukr è sopravvissuto. Il raid ha ucciso tre persone, due delle quali erano bambini, e ne ha ferite 74. Nei giorni scorsi alcuni quadri del Partito di Dio avevano confidato a diplomatici occidentali: “Se Israele mira a Beirut, noi mireremo a Tel Aviv”. Il palazzo colpito era la sede del Consiglio della Shura di Hezbollah e ospitava la sala operativa dei miliziani. Sul nord di Israele per buona parte della giornata sono piovute dal Libano decine di razzi che hanno provocato la morte di un uomo di 30 anni.

A Gaza le truppe di Gerusalemme si sono ritirate da Khan Younis sostenendo che 150 miliziani di Hamas sono stati uccisi, che molti tunnel sono stati distrutti e che cinque corpi di ostaggi sono stati riportati in Israele. Secondo le Forze Israeliane di Difesa “un certo numero di rapiti il 7 ottobre che sono morti probabilmente non verrà ritrovato mai più”. La difesa civile palestinese ha denunciato di aver ritrovato 300 cadaveri, molti in decomposizione. Non è stato spiegato se fra i 300 ci fossero fossero miliziani uccisi.

Il 27 luglio per i bambini e per i ragazzi drusi che nel pomeriggio si erano raccolti nel campetto di calcio a Majdal Shams non c’è stata via di fuga e di salvezza. Hanno perso la vita in 12. Sono Alma Ayman Fakher Eldin, 11 anni, Milad Muadad al Sha’ar, 10 anni, Vinees Adham al Safadi, 11 anni, Isel Nasha’at Ayoub, 12 anni, Yazan Nayeif Abu Saleh 12 anni, Johnny Wadeea Ibrahim, 13 anni, Ameer Rabaeea Abu Saleh,16 anni, Naji Taher al Halabi,11 anni, Fajer Laith abu Saleh,16 anni, Hazem Akram abu Saleh, 15 anni, Nathem Fakher Saeb,16 anni. La dodicesima vittima non ha ancora un nome. Tutti sono stati dilaniati da un razzo Falaq di produzione iraniana che ha una testata esplosiva di 53 chili. Uno dei piccoli risultava disperso. Secondo i soccorritori è stato centrato in pieno. La bomba lo ha polverizzato. Ai funerali si sono presentate migliaia di persone, donne con il velo bianco sulla testa, uomini con il copricapo tradizionale dei drusi. Sono arrivati da piccole cittadine vicine. Sono state esequie silenziose. I parenti delle vittime guardavano esterrefatti le bare bianche di figli e di nipoti. Gli abitanti indicavano le traiettorie abituali dei missili: quelli dal Libano spuntano di solito dal monte Hermon, dietro il campetto. Da un punto sulla destra, giusto dietro il vicino confine, piombano quelli sparati dal territorio siriano. Ancora più a destra si trova il punto di arrivo dei droni lanciati dai jihadisti filoiraniani dell’Iraq.

“Ho visto – racconta all’agenzia di stampa “Ansa” Fahed Abded Walli – un mio collega che guida le ambulanze e che abita qui, a Majdal Shams. Mi ha guardato. Ha preso in braccio la sua bambina, è venuto verso di me e me l’ha affidata. Era irriconoscibile, mutilata. Iris, 11 anni, era già morta quando sono arrivato. Sono ferito nell’anima”. Il popolo druso – 150mila persone in Israele, 12mila a Majdal Shams – che si è sottratto alla violenza fuggendo dalle persecuzioni di sciiti e sunniti, oggi non è più lo stesso. La sua rabbia ha preso di mira i ministri israeliani presenti alla cerimonia. “Ci avete abbandonato per nove mesi e ora siete qui?”, ha urlato un uomo al responsabile dell’Economia Nir Barkat e al titolare della Protezione Ambientale Idit Silman.

I giovanissimi caduti del 27 luglio sono il prezzo più alto di sangue versato sul territorio israeliano dal 7 ottobre scorso, quando cominciò il conflitto a Gaza. Gli Hezbollah libanesi negano ogni responsabilità, ma le Forze di Difesa di Israele puntano il dito contro i miliziani del Partito di Dio , “in base a valutazioni di intelligence”. Il ministro degli esteri israeliano Israel Katz , dopo aver parlato per telefono con il premier Netanyahu, ha denunciato come “Hezbollah abbia oltrepassato tutte le linee rosse. Stiamo affrontando una guerra totale”. Solo il 27 luglio sono arrivati dal Libano circa 40 razzi in due tornate. Israele continua ad attaccare a Gaza. Hamas ha denunciato oltre 30 morti in un ospedale da campo nel centro della Striscia. I militari di Gerusalemme  riferiscono di aver condotto un raid contro un centro di comando di Hamas in un complesso scolastico.

Il premier israeliano Benjamin Netanyahu il 24 luglio parlando al Congresso degli Stati Uniti aveva illustrato le linee portanti di una filosofia di condotta intransigente. “Il conflitto durerà finché non avremo distrutto le capacità militari di Hamas e il suo dominio a Gaza e non avremo riportato a casa tutti i nostri ostaggi. Non ci accontenteremo di niente di meno”, aveva detto.  Nel dopoguerra, aveva annunciato, la Striscia dovrà essere smilitarizzata e deradicalizzata. “Non vogliamo – aveva spiegato – occupare di nuovo Gaza, ma per il futuro prevedibile, dobbiamo mantenere il controllo della sicurezza per prevenire la rinascita del terrore e per assicurare che non rappresenti mai più una minaccia per Israele”.

Il 25 luglio le forze angloamericane hanno attaccato l’aeroporto yemenita di Hodeida. Lo riferiscono le tv israeliane “Channel 12” e “Kan“. Nei giorni precedenti nella stessa città, la porta degli Houthi filoiraniani sul Mar Rosso, un raid israeliano aveva provocato sei morti e ottanta feriti.  E’ stata la reazione di Gerusalemme all’attacco che venerdì 19 luglio ha ucciso nel sonno Yevgeny Perder, 50 anni, in un edificio nel quale faceva lavori di manutenzione tra le vie Shalom Aleichem e Ben Yehuda a Tel Aviv.  Un drone Yaffa (il nome arabo di Tel Aviv) è riuscito a penetrare nella metropoli israeliana dal mare e ad esplodere, sfuggendo al sistema di difesa Iron Dome. Dopo il blitz su Hodeida il portavoce dei guerriglieri filoiraniani yemeniti Mohammed Abdulsalam ha dichiarato alla tv del Qatar “Al Jazeera”: “Tutte le istituzioni sensibili a tutti i livelli saranno un obiettivo per noi. Non ci saranno linee rosse”. Poco prima il portavoce militare Houthi Yahya Saree aveva detto che “la risposta del gruppo terroristico all’aggressione israeliana contro il nostro Paese arriverà inevitabilmente e sarà enorme”. “Giorno dopo giorno la forza della resistenza è sempre più evidente”, ha scritto su “X” in lingua ebraica il Grande Ayatollah Ali Khamenei, mentre negli Stati Uniti il premier israeliano Benjamin Netanyahu parlava al Congresso americano. “Una forza militare, politica ed economica imponente come gli Usa – si è compiaciuta la Guida Suprema dell’Iran –  sostiene l’usurpatore regime sionista. Entrambi Stanno lottando contro un gruppo di resistenza e ancora non sono riusciti a metterlo in ginocchio”.

A Hodeida gli aerei israeliani hanno colpito “depositi di carburante e una centrale elettrica”. Le vaste fiamme sprigionate dall’incendio seguito all’attacco sono divampate per tutta la notte, con enormi colonne di fumo. Yahya Saree, portavoce militare degli Houthi, ha promesso una rappresaglia contro “obiettivi vitali del nemico sionista” e ha ribadito che Tel Aviv “non è una zona sicura”. In mattinata i miliziani hanno rivendicato di aver messo a segno un assalto con missili e droni contro la città israeliana di Eilat e di aver attaccato una nave statunitense nel Mar Rosso. Gerusalemme ha controbattuto che i proiettili lanciati contro Eilat sono stati intercettati e distrutti. La Difesa americana, da parte sua, ha riferito di aver abbattuto un drone nel Mar Rosso.

No ai due stati, uno israeliano e uno palestinese in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza. Il Parlamento di Gerusalemme, la Knesset, ha votato il 18 luglio il diniego motivandolo con la circostanza che dire di sì ora “sarebbe una ricompensa per Hamas”. Il no è uno schiaffo al presidente degli Stati Uniti Joe Biden e all’intera comunità internazionale. Secondo Abu Rudeina, portavoce di Abu Mazen, il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, il voto conferma l’insistenza di Israele e del suo governo “nel voler gettare l’intera regione nell’abisso”.

La risoluzione della Knesset ha suggellato “un’opposizione di principio” israeliana ad uno stato palestinese. In caso contrario si “incoraggerebbero Hamas e i suoi sostenitori a considerare questo riconoscimento come una vittoria grazie al massacro del 7 ottobre”. Hanno votato a favore 69 deputati su 120, onorevoli della coalizione di governo e parlamentari del partito centrista di Benny Gantz. Il capo dell’opposizione Yair Lapid e i suoi seguaci sono usciti dall’aula. I 9 suffragi contrari sono quelli dei laburisti e dei partiti arabi. Il primo ministro Israeliano Benjamin Netanyahu ha visitato le truppe schierate a Rafah e ha definito “essenziale” il controllo israeliano del “corridoio Filadelfia, la striscia di terra fra Gaza e l’Egitto, e del valico di Rafah. Gli Stati Uniti vorrebbero invece affidarlo all’Unione Europea e a clan locali di palestinesi moderati. Il portavoce del Consiglio di sicurezza Nazionale americano John Kirby ha ripetuto che l’amministrazione di Washington crede ancora “nel potere e nella promessa della soluzione dei due stati”. L’organizzazione non governativa Oxfam denuncia la circostanza che Gerusalemme ha ridotto del 94 per cento la fornitura di acqua a Gaza. Il network del Qatar ha denunciato che migliaia di sfollati stanno annegando nelle fogne.

Il quotidiano on line “Times of Israel” ha riferito che a Jmaijmeh, una città del Libano meridionale, un attacco israeliano ha fulminato Ali Jaafar Maatouk, nome di battaglia Habib, comandante delle forze speciali Radwan degli Hezbollah. Con la sua scomparsa le vittime del Paese dei cedri sono almeno 369.

Il 13 luglio Israele ha cercato di colpire Mohammed Deif, capo militare del Movimento di Resistenza Islamica nella Striscia e architetto del massacro del 7 ottobre nei kibbutz vicini al confine con Gaza. Ma se “della sua eliminazione non c’è certezza”, come ha ammesso in serata il premier israeliano Benjamin Netanyahu, il raid dell’Idf, secondo le cifre fornite da Hamas, ha provocato 90 morti e oltre 300 feriti, soprattutto donne e bimbi, in una zona piena di sfollati di al-Mawasi non lontano da Khan Yunis, nel sud della Striscia. L’ospedale locale ‘Nasser’ non è riuscito a far fronte all’enorme afflusso di feriti e ha vissuto, stando ai racconti dei medici, “uno dei suoi giorni più neri”. Poco dopo l’attacco, l’esercito israeliano ha confermato di aver attaccato Mohammad Deif e il comandante della Brigata Khan Yunis Rafaa Salameh. L’attacco “mirato”, come ha spiegato il portavoce militare, è avvenuto “in un complesso civile che Hamas aveva recintato con alberi, in un’area aperta, piccoli edifici, una struttura bassa di capannoni così che i terroristi potessero muoversi in sicurezza”. Le Forze Israeliane di Difesa – che hanno anche diffuso foto dei luoghi prima e dopo l’attacco – hanno precisato che il complesso colpito non fa parte degli attendamenti “degli sfollati” e che i due leader di Hamas “si nascondevano tra i civili”.

Le Forze armate israeliane e lo Shin Bet, il controspionaggio interno, in una dichiarazione congiunta hanno confermato ufficialmente che è stato ucciso Rafa’a Salameh, comandante della Brigata Khan Younis di Hamas,  Salameh era “uno dei più stretti collaboratori” di Muhammad Deif, il capo dell’ala militare del gruppo terroristico. Anche Deif sarebbe stato in quel posto, ma si sarebbe salvato. Salameh si unì ad Hamas nei primi anni ’90. In seguito gli fu assegnato il comando del battaglione al-Qarara della Brigata Khan Younis. Le IDF affermano che ha “svolto un ruolo significativo” nel rapimento del soldato Ghilad Shalit nel 2006. Nella guerra del 2014, era al comando dei “piani di supporto al combattimento e difensivi” di Hamas. Secondo l’esercito nel 2016 ha sostituito  Mohammed Sinwar, fratello del leader di Hamas a Gaza Yahya Sinwar, nella guida della Brigata Khan Younis.

Il 14 luglio nel campo di al-Nuseirat 15 persone hanno perso la vita e 80 sono rimaste ferite nel raid aereo israeliano su una scuola-rifugio di Abu Oreiban gestita dall’Unrwa, l’agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati palestinesi. La fonte della notizia è l’emittente televisiva del Qatar “al-Jazeera” che cita il governo di Gaza controllato da Hamas. Le Idf accusano il Movimento di Resistenza Islamica di nascondersi tra i civili nelle scuole ”violando in modo costante il diritto internazionale e usandoli come scudi umani”.  Secondo i militari di Gerusalemme il “sito serviva come nascondiglio e infrastruttura operativa dalla quale erano progettati e condotti attacchi contro le truppe che operano nella Striscia”.

Mentre sembra essersi sbloccato l’invio delle munizioni Usa a Gerusalemme, come annunciato dal ministro della difesa Yoav Gallant (nella foto i militari israeliani in azione nella Striscia), su Israele è piombata la condanna dei ministri degli esteri del G7 per i nuovi insediamenti ebraici in Cisgiordania. Questi, Italia inclusa, si sono uniti all’Onu e all’Ue nel condannare l’annuncio del ministro delle finanze e leader di “Sionismo religioso” Bezalel Smotrich, esponente della destra, “che 5 avamposti saranno legalizzati nei Territori. “Respingiamo inoltre – hanno aggiunto – la decisione del governo israeliano di dichiarare terre statali oltre 1.270 ettari in Cisgiordania, la più grande di questo tipo dai tempi degli accordi di Oslo, di espandere gli insediamenti esistenti in Cisgiordania di 5.295 nuove unità abitative e di realizzare tre nuovi insediamenti. Gli Usa hanno imposto sanzioni a 3 individui e a 5 entità israeliane ritenute responsabili di atti di violenza contro i civili in Cisgiordania. Tra queste figura l’organizzazione estremista Lehava.

Per le Nazioni Unite a Gaza City la situazione degli sfollati è “pericolosamente caotica”.  Di recente Israele ha emesso ordini di evacuazione e ha ordinato di abbandonare le aree nelle quali sono in corso i combattimenti: “Le persone – ha denunciato un portavoce – sono state viste scappare in molte direzioni, senza sapere bene dove andare e quali potrebbero essere le zone più sicure”. È di almeno 25 morti il bilancio dell’attacco israeliano a una scuola dell’Unwra ad al -Awda che ospitava famiglie di Khan Younis nel sud di Gaza. Un reporter dell’agenzia di stampa “Associated Press” ha contato i corpi all’ospedale Nasser di Khan Younis. Il portavoce dell’ospedale ha dichiarato che tra i deceduti ci sono almeno sette donne e bambini. Secondo la tv del Qatar “Al jazeera” il numero delle vittime è già salito a 29. L’agenzia di stampa palestinese “Wafa” ha riferito che nelle ultime 24 ore il massacro di tre famiglie della Striscia è costato la vita a 50 persone. Sette bambini sono stati uccisi e molti altri sono rimasti feriti il 9 luglio in un bombardamento di droni israeliani sul campo profughi di Bureij, nel centro della Striscia di Gaza. Fonti locali hanno precisato che aerei da guerra israeliani hanno preso di mira un gruppo di civili vicino alla rotonda di Abu Rasas. Nella notte fra il 9 e il 10 luglio l’esercito di Gerusalemme ha fatto sapere di aver condotto proprio a Gaza City una “incursione mirata contro i terroristi di Hamas e della Jihad islamica che operavano all’interno del quartier generale dell’Unrwa”, usato “come base per condurre attacchi contro i soldati” in quella zona.

Le Forze Israeliane di Difesa e lo Shin Bet, il controspionaggio interno di Israele, con un attacco aereo a Jenin hanno ucciso sette terroristi che si erano barricati in un edificio. Due avevano ucciso il capitano israeliano Alon Scagio in Cisgiordania. Altri quattro erano membri delle Brigate martiri di Al Aqsa. Sono Ahmed Amouri, 20 anni, Kusai Azouz, 23 anni, Fuad Jaradat, 25 anni e Yassin al Ariri, 30 anni. Il battaglione di ricognizione Haruv ha fulminato anche Nidal al Amar, 23 anni, figlio di Ziad, un comandante militare di al Fatah nelle brigate Martiri di al Aqsa. Con loro è caduto Mohammad Jabarin, 54 anni, un ufficiale dell’intelligence del servizio di sicurezza preventiva.

Il fronte nord di Israele è incandescente. Dal libano sono partiti oltre cento razzi dopo che Gerusalemme ha ucciso Abu Ali Nasser, comandante del gruppo Aziz, una delle tre divisioni degli Hezbollah schierate sul confine con Israele. Lo ha fulminato un drone ad al Hawsh, a est di Tiro, 90 chilometri a sud di Beirut. Secondo le Forze Israeliane di Difesa era un pari grado di Taleb Abdallah, un comandante militare di Hezbollah ucciso l’11 giugno scorso. “Nasser – ha detto un portavoce militare – era responsabile del lancio dei missili anti carro e dei razzi dal sud-ovest del Libano verso Israele”. Il ministro della difesa dello stato ebraico Yoav Gallant ha dichiarato che i tank in uscita dall’operazione di terra a Rafah “possono arrivare fino al fiume Litani”, che scorre circa 16 chilometri a nord della frontiera con Israele. “Stiamo colpendo – ha aggiunto – duramente Hezbollah e siamo in grado di intraprendere qualsiasi azione necessaria in Libano o a raggiungere un accordo da una posizione di forza. Preferiamo un accordo, ma se la realtà ce lo impone, sapremo combattere”.  La linea del fiume Litani è quella oltre la quale Israele vuole che ritornino i combattenti Hezbollah.

Anche i giovani religiosi ortodossi in Israele saranno obbligati a fare il militare e da subito. La Corte Suprema ha sancito un principio storico nella realtà di un Paese nel quale il servizio militare è da sempre obbligatorio per uomini e donne, eccetto che per gli ortodossi ed ha rimosso una disparità avversata da gran parte della popolazione. Al tempo stesso ha aperto una forte crepa nel governo di Benjamin Netanyahu, vista la presenza nella coalizione di maggioranza di 2 partiti religiosi – Shas e Torah Unita – titolari di 18 seggi sui 64 sui quali si regge l’esecutivo del premier. Subito dopo la sentenza, la procuratrice generale dello stato Gali Baharav Miara ha chiesto che il ministero della difesa disponga immediatamente l’arruolamento di 3mila giovani ortodossi, su una platea stimata di circa 63mila validi per la leva.

Hamas ha denunciato che in un raid israeliano sul campo profughi al Shati a Gaza City sono state uccise 13 persone. Dieci di queste, tra le quali la sorella Zaher, – ha aggiunto – erano parenti di Ismail Haniyeh, leader politico del Movimento di Resistenza Islamica. “Israele – ha fatto sapere Haniyeh – si illude se pensa che colpire i miei parenti possa cambiare la mia posizione”. Nella situazione disastrata della Striscia, il capo dell’Unrwa Philippe Lazzarini, citando dati Unicef, ha detto che “ogni giorno a Gaza 10 bambini perdono in media una o due gambe”. I numeri – ha aggiunto – non includono quelli che hanno perso mani o braccia. A Gaza City, un membro dello staff di Medici Senza Frontiere (MSF) è rimasto ucciso in un attacco, insieme ad altre cinque persone tra le quali 3 bambini, vicino alla clinica di MSF dove stava andando a lavorare. Fadi Al-Wadiya era un fisioterapista di 33 anni e aveva tre figli. Al Wadiya è la sesta persona dell’organizzazione ad essere uccisa dal 7 ottobre.

Nella Striscia i combattenti di Hamas sembrano aver adottato tattiche di guerriglia, con gravi conseguenze per l’esercito di Israele. Otto soldati israeliani hanno perso la vita vicino a Rafah nell’esplosione del veicolo blindato sul quale viaggiavano. Le Idf hanno annunciato che altri due soldati sono morti sabato nel nord della Striscia, quando un ordigno è stato fatto esplodere contro il loro carro armato. Altri due soldati sono rimasti gravemente feriti nell’attacco. Secondo l’agenzia di stampa palestinese “Wafa” sei civili, tra i quali un neonato, sono rimasti uccisi negli attacchi aerei israeliani contro il campo profughi di al-Bureij nel centro di Gaza.

Hezbollah ha lanciato 215 razzi dal Libano meridionale per vendicare l’uccisione del generale Taleb Sami Abdullah, 55 anni, fulminato l’11 giugno da Israele assieme a tre suoi uomini. Dieci chilometri a nord del confine i caccia di Gerusalemme hanno colpito una casa . Abdullah comandava le unità speciali Nasr delle brigate Nader responsabili della zona a nord di Kyriat Shmona. In un raid analogo l’8 gennaio era stato eliminato il comandante Wissam Tawil. L’unico danno della nuova offensiva dei miliziani libanesi sono i campi bruciati nella zona di Safed, ma non si lamenta nessun ferito.

Le Idf sostengono di aver ucciso”17 terroristi” in un pesantissimo attacco a una scuola dell’Unrwa a Gaza. Il bilancio complessivo delle vittime è fra 35 e 37. In un comunicato l’esercito israeliano ha scritto di avere ucciso nella stessa giornata altri 8 terroristi in un’operazione a Nuseirat. Sei facevano parte del braccio armato di Hamas. Uno in particolare aveva partecipato all’attacco del 7 ottobre. “. Secondo il capo dell’Unrwa, Philippe Lazzarini, nell’operazione sono morte “almeno 35 persone” e “molte altre sono ferite”. L’ospedale Al-Aqsa nella citta’ di Deir al-Balah, non lontana da Nuseirat, ha calcolato che le vittime siano 37.  

Il raid è stato “mirato, basato su intelligence” e affidato a due bombe Gbu 39 di piccolo diametro, anche perché le ‘Idf sapevano della presenza di civili nella zona. Sono state colpite solo le stanze della scuola nelle quali erano “state rilevate attività terroristiche”. Per le Idf per “cinque volte in un mese Hamas ha usato edifici dell’Unrwa”. L’Alto rappresentante dell’Unione Europea Josep Borrell ha sottolineato che, a fronte “della terribile notizia” a Gaza, serve “un’indagine indipendente in linea con l’ultima decisione della Corte di giustizia internazionale”. Subito dopo ha ribadito l’urgenza di “un cessate il fuoco duraturo”. A suo giudizio le parti devono “accettare immediatamente il piano del presidente Biden”.

il 26 maggio un raid israeliano contro due leader di Hamas a Rafah, nel sud della Striscia, ha ucciso 45 sfollati palestinesi e ne ha feriti 180.  Vicino al valico di Rafah in una sparatoria con i militari israeliani ha perso la vita un soldato egiziano. Dalle prime risultanze dell’inchiesta aperta dal procuratore militare di Gerusalemme risulta che le Forze Israeliane di Difesa attribuiscono la strage all’incendio innescato da un’incursione nell’area di Tel al Sultan, nella parte occidentale di Rafah. Gli obiettivi erano Yassin Rabia e Khaled Nagar, responsabili del Movimento di Resistenza Islamica per le operazioni in Cisgiordania e mandanti di numerosi attacchi contro Israele. Secondo la ricostruzione dei militari erano stati “fatti passi per minimizzare il rischio di colpire i civili”, come “la sorveglianza aerea e l’uso di armi speciali da parte dell’aviazione”.

Il premier Benyamin Netanyahu ha definito la strage di Gaza “un tragico incidente del quale rammaricarsi”. Hamas ha denunciato l’ennesimo “massacro sionista” e ha esortato i palestinesi di “Cisgiordania, Gerusalemme e rifugiati all’estero a insorgere e a marciare”. A Jabalya, nel nord della Striscia, i militari di Gerusalemme hanno recuperato i corpi di tre ostaggi israeliani uccisi il 7 ottobre e portati a Gaza. Sono Michel Nisenbaum, 59 anni, Hanan Yablonka, 42, e Orión Hernández Rado, 30 anni.

Il vice comandante delle forze nazionali di sicurezza di Hamas Diaa al-Din al-Sharafa e’ stato ucciso in un attacco aereo nel centro della Striscia di Gaza. Secondo l’esercito israeliano era responsabile del “meccanismo che protegge i confini della Striscia di Gaza. Durante la guerra ha impedito alla popolazione di abbandonare le zone di combattimento”. I caccia israeliani hanno anche colpito più volte il campo profughi di Shaboura, nel centro di Rafah. L’emittente britannica “Bbc” ha pubblicato la notizia che i raid sono cominciati poco dopo l’ordinanza della Corte internazionale di giustizia che ha chiesto a Israele di interrompere l’offensiva militare contro Rafah.

Il 13 aprile l’Iran ha lanciato 360 fra missili e droni in due ondate successive contro lo Stato ebraico, vettori tutti intercettati da Israele e dagli alleati occidentali. L’unica ferita grave è stata Amina Alhasoni, 7 anni, una bimba beduina colpita nel deserto meridionale del Neghev e ricoverata tra la vita e la morte nel reparto di Terapia intensiva dell’ospedale israeliano Soroka di Beersheva.

Alle 4 e 45 di venerdì 19 aprile droni e tre missili israeliani si sono abbattuti su postazioni radar iraniane che difendono il sito nucleare di Natanz, vicino a Isfahan. La notizia è stata trasmessa dall’emittente televisiva americana “Abc” che ha citato una fonte statunitense. I tre missili sarebbero stati sparati da caccia che volavano all’esterno dallo spazio aereo di Teheran. L’Iran qualche ora prima aveva ammesso che l’attacco a Isfahan era stato messo a segno da tre piccoli droni centrati dalla contraerea nell’area di Zerdenjan e in una struttura  nella quale si trovano tre reattori di ricerca forniti dalla Cina che producono combustibile per il programma nucleare di Teheran. Gli  iraniani si ostinano a definirlo civile, anche se ha raggiunto una percentuale di arricchimento dell’uranio del sessanta per cento, mentre per quello destinato ad usi civili è sufficiente il 3 per cento. Iran International ha mostrato fotografie che sembrano confermare l’attacco al radar del complesso di difesa dell’impianto nucleare di Natanz, a circa 120 chilometri da Isfahan. Secondo il “New York Times” per l’attacco sono stati utilizzati missili lanciati a distanza da aerei da combattimento e i caccia israeliani non sarebbero entrati nello spazio aereo iraniano. In l’Iran la Guida suprema Ali Khamenei ha ribadito che “Teheran ha mostrato la sua potenza durante l’assalto a Israele”.

Natanz è nel fianco di una montagna, cento chilometri a nord di Isfahan. Parlando al canale televisivo “Canale 12” Israel Ziv, già capo delle operazioni delle Forze Israeliane di difesa, ha detto che l’operazione non è stata portata avanti per causare grandi distruzioni, ma per “mandare un chiaro segnale agli ayatollah” e per dimostrare” il divario di tecnologia” fra Israele e il regime di Teheran. Le immagini dei satelliti sono state scattate alle 10 e 18 locali, cinque ore dopo il bombardamento. Non mostrano grandi crateri sul suolo e neppure edifici distrutti.