
Di Lorenzo Bianchi
“Hamas liberi tutti gli ostaggi e abbandoni la Striscia” altrimenti si scatenerà “l’inferno”. Il presidente americano Donald Trump ha lanciato questo ultimatum in una fase nella quale la tregua tra la fazione palestinese e Israele è sempre più fragile. La Casa Bianca ha dato il via libera a trattative dirette con il Movimento di Resistenza Islamica per accelerare il rilascio degli ultimi prigionieri ancora nell’enclave, soprattutto di quelli americani. “Alla gente di Gaza: avete un futuro luminoso, ma non sarà così se trattenete degli ostaggi. Se lo fate, siete morti, prendete la decisione giusta”, ha scritto Trump sul suo social Truth. Avviso reiterato dopo un incontro con otto rapiti rilasciati nelle ultime settimane: “Liberate tutti gli ostaggi ora, non dopo, e consegnate immediatamente i resti delle persone che avete ucciso, altrimenti per voi è finita”. Poi, l’affondo finale: “Questo è l’ultimo avvertimento! Per la leadership (di Hamas) è arrivato il momento di lasciare Gaza, finché può. Nessun vostro membro sarà al sicuro se non farete ciò che dico”.
L’esodo forzato sarebbe il punto di partenza per realizzare il piano del tycoon sul futuro dell’enclave: una lussuosa riviera costruita sulle macerie e senza palestinesi. In quest’ottica, l’ultimatum di Trump viene letto da Hamas come un assist a Israele perché abbandoni la tregua e riprenda a bombardare per distruggere definitivamente il nemico. Le parole del presidente Usa “complicano le questioni relative all’accordo di cessate il fuoco e incoraggiano l’occupante a evitare di applicarne in concreto i termini”, ha detto Hazem Qasim, un portavoce dei miliziani, esortando Washington a fare pressione sullo Stato ebraico affinché accetti di passare alla seconda fase dell’intesa sottoscritta a metà gennaio che prevede il cessate il fuoco permanente oltre al rilascio di tutti i restanti ostaggi.
Proprio per sbloccare il nodo rapiti gli Usa hanno avviato contatti diretti con Hamas. Contatti che, a quanto riferisce il quotidiano Times of Israel avrebbero irritato il premier israeliano Benjamin Netanyahu. Secondo media sauditi, gli americani ai colloqui di Doha hanno insistito sulla questione dei prigionieri con doppia cittadinanza come primo passo per avviare discussioni più ampie: a Gaza ci sono un israelo-americano ancora vivo e i corpi di altri quattro. Secondo quanto filtra, non è ancora stato raggiunto un accordo, ma i negoziati, guidati da Adam Boehler, l’inviato di Trump sul dossier ostaggi, non sono stati interrotti. Secondo Sky News Arabic Oltre alla questione principale, gli americani avrebbero proposto in questa sede anche un cessate il fuoco di 60 giorni in cambio del rilascio di 10 ostaggi.
Il 2 marzo, di primo mattino, il premier israeliano Benjamin Netanyahu ha sospeso l’ingresso di aiuti umanitari nella Striscia e ha chiuso i valichi di accesso. Hamas, che tiene ancora prigionieri a Gaza 59 ostaggi, 24 dei quali vivi, si è indignata. “La scelta di Netanyahu – ha replicato – conferma il suo disprezzo per le leggi internazionali e impedisce la distribuzione di medicine e di cibo. Fermare l’ingresso degli aiuti significa far morire di fame i residenti della Striscia. Deve essere presa una posizione internazionale dura per fare pressione su Israele”. Hazem Qassem, uno dei portavoce, in una dichiarazione rilasciata il 2 marzo alla tv saudita al Hadath è stato più sfumato. “Sono in corso – ha sostenuto – trattative per garantire il consolidamento dell’accordo sulla tregua. I Paesi mediatori non ci hanno informato di alcun cambiamento nell’approccio israeliano”.
Gideon Sa’ar, ministro degli Esteri di Israele, ha definito lo spauracchio della carestia nell’enclave “una bugia di Hamas”. Secondo fonti del governo israeliano nelle sei settimane di tregua sono entrati a Gaza aiuti umanitari sufficienti per quattro mesi. “I magazzini di Hamas – hanno spiegato -sono pieni di beni, dopo che per 42 giorni sono arrivati 25.200 camion di aiuti”. L’Onu e l’Unione Europea hanno chiesto che non si fermino. Ma Netanyahu non sembra intenzionato a ricredersi. “A Gaza – ha detto – non ci saranno pasti gratis. Se Hamas, senza liberare gli ostaggi, pensa che sia possibile continuare il cessate il fuoco e godere delle condizioni della fase A dell’accordo, si sbaglia di grosso. Gli integralisti islamici hanno il controllo di tutte le forniture inviate nella Striscia, maltrattano la popolazione che cerca di ricevere gli aiuti e le sparano contro. Se gli ostaggi non saranno rilasciati, ci saranno ulteriori conseguenze”. Durante una riunione del suo governo Netanyahu ha spiegato: “L’inviato per il Medio Oriente Witkoff ha definito il suo piano come un corridoio per i negoziati sulla fase due. Noi siamo pronti per questo”. La proposta dell’inviato statunitense per il Medio Oriente prevede un cessate il fuoco temporaneo a Gaza durante il periodo del Ramadan e della Pasqua ebraica, circa 50 giorni. Nelle prime ventiquattro ore sarà liberata metà degli ostaggi vivi e di quelli uccisi. Al termine – se si raggiungerà un’intesa su un cessate il fuoco permanente – saranno rilasciati gli altri rapiti ancora vivi e i morti.
Allo scadere della prima fase della tregua, Israele aveva ricevuto tutti i 33 ostaggi, vivi e morti, previsti dall’accordo del 19 gennaio con Hamas. Gli ultimi quattro cadaveri sono stati restituiti nella notte del 26 febbraio. Sono le spoglie di Ohad Yahalomi, di Tsachi Idan e di Itzhak Elgarat, uccisi durante la prigionia a Gaza, e di Shlomo Mantzur assassinato il 7 ottobre 2023. La consegna delle salme è avvenuta senza macabri show, come aveva chiesto Benjamin Netanyahu per dare seguito all’ultimo scambio e per liberare 643 detenuti palestinesi. Il premier ha quindi “dato ordine al team negoziale di partire per il Cairo per continuare i colloqui”, ha fatto sapere l’ufficio del primo ministro a due giorni dalla fine della prima fase, senza tuttavia precisare se sia l’avvio di trattative per la fase due o per estendere l’attuale tregua. Il ministro degli Esteri Gideon Sàar ha spiegato che “la delegazione andrà al Cairo per capire se esiste un terreno comune su cui negoziare”. “Abbiamo detto che siamo pronti ad estendere il quadro della fase uno in cambio del rilascio di altri ostaggi – ha aggiunto -. Se è possibile, lo faremo. Sarà meglio parlarne a lungo dopo il ritorno della delegazione dal Cairo”.
L’esercito israeliano non si ritirerà dal corridoio Filadelfia, la zona cuscinetto tra la Striscia di Gaza e l’Egitto – ha fatto filtrare il governo ai media – nonostante la circostanza che il ripiegamento sia previsto dall’intesa per il cinquantesimo giorno della tregua. Per Hamas è una “violazione dell’accordo”. Per Israele il confine con l’Egitto è la via di contrabbando dei miliziani: “Non permetteremo agli assassini di Hamas di aggirarsi di nuovo per i nostri confini con pick-up e armi, e non permetteremo loro di riarmarsi”, ha detto un funzionario. Anche il ministro della Difesa Israel Katz ha spiegato che la prima fase della tregua “è completa” e che Israele “punta a riportare indietro tutti gli ostaggi ancora a Gaza”. Il modo più efficace per garantire ciò – ha affermato – è che Hamas sappia che l’Idf è pronto a tornare in guerra”. Katz, che immagina fattibile il piano di Donald Trump di svuotare la Striscia dei suoi abitanti, ha riferito di lavorare a un programma amministrativo per facilitare “i palestinesi che lo desiderano a lasciare Gaza attraverso il porto di Ashdod o l’aeroporto di Ramon”, nel sud di Israele.
Vicino ad Haifa, un uomo si è lanciato con la sua auto su un gruppo di pedoni, ferendone 13 tra cui una ragazza di 17 anni in modo grave. “Il terrorista è stato ucciso”, ha riferito la polizia israeliana: si tratterebbe di un palestinese di 53 anni, originario della zona di Jenin. Viveva illegalmente in Israele ed era sposato con una cittadina israeliana, riporta il sito Times of Israel.
L’amministrazione Trump ha ammesso pubblicamente di appoggiare l’obiettivo di Netanyahu di estendere la fase uno dell’intesa. Il premier israeliano sarebbe intenzionato a passare al cosiddetto “piano dei generali”. Secondo il documento “Israele dovrebbe tornare a una guerra intensa a Gaza, creerà aree di rifugio per i civili e consentirà alle organizzazioni internazionali di distribuire cibo e aiuti solo in quelle aree”, spiega il quotidiano liberal Haaretz. Il primo ministro starebbe aspettando, oltre al rilascio di tutti gli ostaggi vivi e morti, l’insediamento, il 6 marzo, del nuovo capo di stato maggiore dell’Idf Eyal Zamir.
L‘Onu ha definito “abominevole” lo show delle quattro bare nere esposte da Hamas su un palco nella Striscia. Per rappresaglia sabato 22 febbraio Israele non ha scarcerato 602 detenuti palestinesi in cambio degli ultimi sei ostaggi vivi rilasciati, ma due giorni dopo, il 24 febbraio, ha cercato una soluzione con i Paesi mediatori. Se Hamas restituisce immediatamente altri quattro corpi di rapiti morti, senza organizzare umilianti cerimonie con le bare come ha fatto la settimana scorsa con i corpi della famiglia Bibas e di Oded Lipshitz, i detenuti palestinesi saranno rilasciati. Si tratta di centinaia di condannati a lunghe pene detentive, molti dei quali stanno scontando ergastoli per attacchi terroristici. Hamas non ha ancora risposto ufficialmente. Mahmoud Mardawi , un alto funzionario del gruppo fondamentalista, ha affermato che “non c’è alcun cambiamento nella posizione di Hamas, il nemico deve attuare l’accordo liberando i 600 prigionieri palestinesi”. Anche fonti israeliane citate dai media nazionali hanno negato progressi verso il rilascio di quattro salme dei rapiti. Hazem Qassem, il portavoce di Hamas a Gaza, ha annunciato che l’organizzazione islamista è pronta ad accettare la richiesta dei Paesi mediatori “su tutto ciò che riguarda la cerimonia di liberazione degli ostaggi, per porre fine alla crisi e ottenere la liberazione dei detenuti palestinesi”.
Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha annunciato lo stop al rilascio dei detenuti palestinesi in seguito alle “umiliazioni” dei rapiti israeliani, si è detto pronto “in qualsiasi momento” a riprendere i combattimenti a Gaza e ha schierato i carri armati israeliani in Cisgiordania per la prima volta dal 2002. “I nostri piani operativi sono pronti”, ha dichiarato nel corso di una cerimonia di laurea degli ufficiali. “Raggiungeremo pienamente gli obiettivi della guerra, sia attraverso i negoziati che con altri mezzi”. Sabato 22 febbraio Omer Shem Tov si è messo una mano sul cuore e ha baciato sulla testa due miliziani di Hamas. Eliya Cohen e Omer Wenkert sono stati costretti a salire su un palco, a ringraziare i loro carcerieri e a salutare la folla più volte. Erano al rave Nova party di Re’im. Hamas continua a battere la strada dell’umiliazione sistematica di chi viene rilasciato dopo più di un anno di prigionia nei tunnel di Gaza.
Gli ostaggi tornati liberi sono sei. Oltre a Tov, a Cohen e a Wenkert sono Tal Shoham, Abera Mengistu e Hisham al Sayed. Mengistu e al Shahed erano a Gaza da più di dieci anni. Entrambi hanno problemi di stabilità mentale, sono entrati volontariamente nella Striscia nel 2014 e nel 2015. Tal Shoham il 7 ottobre era nel kibbutz Be’eri con la moglie e i figli liberati nel primo scambio fra ostaggi e carcerati palestinesi del novembre 2023. Fra i parenti che ha visto morire in quel massacro c’era Eviatar Moshe Kipnis cittadino italiano e israeliano. A Gaza restano prigionieri di Hamas altri 63 israeliani. Trenta sarebbero morti. Venerdì 21 febbraio era stato restituito a Israele, lontano dalle telecamere, il cadavere di Shiri Bibas, 32 anni, la mamma dei fratellini Ariel e Bibas, rispettivamente 3 anni e 9 mesi quando furono rapiti. Il Movimento di Resistenza Islamica sostiene che tutti e tre sono stati uccisi da un bombardamento israeliano. Ma Chen Kugel, responsabile dell’Istituto di medicina forense di Tel Aviv, ha replicato che le condizioni dei loro corpi non sono assolutamente “compatibili” con quelle di persone fulminate da da ordigni esplosivi.
I negoziati sulla seconda fase della tregua che avrebbero dovuto prendere il via il sedicesimo giorno del cessate il fuoco non sono ancora cominciati. L’unica mossa concreta è stata l’esclusione dalla squadra che si occupa delle trattative dei capi del controspionaggio interno, lo Shin Bet, e di quello estero, il Mossad. Li ha sostituiti Ron Dermer, braccio destro di Netanyahu e da mesi anello di congiunzione fra Gerusalemme e l’amministrazione di Donald Trump. Il premier di Gerusalemme ha anche chiesto la smilitarizzazione della Siria meridionale.
In serata le Forze Israeliane di Difesa hanno comunicato di aver alzato i livelli di allerta operativa attorno alla Striscia. Le truppe resteranno per almeno un anno in tre campi profughi palestinesi già svuotati. Sono quelli di Jenin, di Tulkarem e di Nur Shams. Quarantamila residenti sono stati costretti ad andarsene, e non sarà concesso loro di rientrare. Anche l’attività dell’Unrwa, l’agenzia dell’Onu che si occupa dei profughi palestinesi, è stata interrotta. “Ho ordinato all’esercito di prepararsi per una lunga permanenza”, ha precisato il ministro israeliano della difesa Israel Katz. “Non torneremo alla realtà del passato. Continueremo a sgomberare i campi profughi e altri centri terroristici” ha assicurato.
Secondo l’agenzia di stampa palestinese Wafa ” le forze di occupazione hanno annunciato l’inizio di un’operazione militare nella città di Qabatiya (a sud di Jenin) accompagnata da un coprifuoco di 48 ore, a partire dalla mattina del 23 febbraio”. L’esercito israeliano è entrato in azione all’alba. I bulldozer hanno cominciato a devastare strade e infrastrutture e a tagliare le linee idriche ed elettriche, ha detto il governatore di Jenin Ahmad Zakarneh all’agenzia palestinese, sottolineando che è stato distrutto l’ingresso della città e che sono state vandalizzate proprietà, negozi e veicoli.
Kfir e Ariel Bibas, nove mesi e quasi tre anni quando sono stati rapiti da Hamas il 7 ottobre 2023 nella loro casa del kibbutz Nir Oz, «sono stati assassinati dai terroristi, a mani nude. Dopo la loro morte gli uomini in armi di Hamas hanno mutilato i corpi in modo che le Forze Israeliane di Difesa potessero essere incolpate di averli uccisi in un bombardamento». Con queste parole il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari ha descritto l’orrore emerso dalle autopsie eseguite all’istituto di medicina legale Abu Kabir e dall’intelligence dell’esercito. Secondo la ricostruzione dei miliziani del Movimento di Resistenza islamica invece i due piccoli avrebbero perso la vita a causa di un attacco aereo israeliano nei primi giorni della guerra. I risultati dell’esame autoptico «sono stati inviati agli alleati affinché vedano con i loro occhi e il mondo sappia come si comporta Hamas», ha riferito Hagari.
Le Forze israeliane di Difesa hanno contestato ai jihadisti della Striscia la mancata restituzione della salma di Shiri, la madre dei due piccoli, definendola «una flagrante violazione dell’accordo di tregua e di liberazione degli ostaggi tra Hamas e Israele». Al posto del corpo di Shiri Bibas, nella bara nera inviata da Hamas sono stati trovati i resti di una donna di Gaza il cui Dna non corrisponde ad alcuno dei rapiti. Israele ha chiesto ora l’immediato ritorno del corpo: «Non rimediare il prima possibile è una grave violazione dell’intesa». In serata le Brigate al Qassam hanno riferito al network televisivo del Qatar al Jazeera di avere consegnato i resti della donna alla Croce Rossa che li ha subito affidati all’istituto di medicina legale israeliano per il riconoscimento.
Ismail al-Thawabteh, un funzionario di Hamas, aveva spiegato l’errore dichiarando che il corpo di Shiri Bibas «è stato fatto a pezzi e si è mescolato ad altri corpi sotto le macerie dopo un attacco israeliano». Ora il gruppo terroristico chiede la restituzione del corpo della donna gazawi mandata a Israele nella bara con la foto di Shiri. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, parlando a Fox radio news, ha commentato sdegnato la consegna delle bare: «Una scena barbara. È difficile credere che stia accadendo nell’era moderna», ha detto, lasciando intendere che Netanyahu vuole riprendere la guerra e che gli Usa lo sosterranno: «Bibi non ha alcun dilemma sul riprendere il conflitto». Il governo di Gerusalemme intanto sembra non aver intenzione di far saltare l’accordo, perlomeno per il momento, mentre gli ultimi sei ostaggi vivi su trentatré da liberare nella prima fase dell’intesa stanno per tornare a casa, insieme con altri quattro corpi di rapiti morti.
Netanyahu ha voluto però mandare un messaggio inequivocabile a Hamas, nella prima dichiarazione dopo l’identificazione dei fratellini Bibas. «Oggi il cielo trema. È un giorno tragico. I selvaggi di Hamas li hanno strappati dalle braccia della madre, lei ha lottato come una leonessa per proteggerli. Immaginate il loro orrore. Immaginate la confusione. Bambini, per l’amor di Dio. Chi rapisce un bambino e un neonato e li uccide? Solo mostri. Ecco chi», ha detto in un messaggio video tenendo in mano la foto di Kfir e Ariel. «Come primo ministro di Israele, giuro che non avrò pace finché i selvaggi che hanno giustiziato i nostri ostaggi non saranno consegnati alla giustizia. Non meritano di camminare su questa terra. Niente mi fermerà. Niente», ha promesso con rabbia.
La famiglia Bibas, che ha ricevuto la conferma della morte dei bambini dopo 503 giorni di angoscia, ha postato un messaggio su Facebook per dire che «non vuole vendetta, ma solo che Shiri ritorni». «Primo ministro Netanyahu, non abbiamo ricevuto parole di scuse da voi in questo momento doloroso», ha aggiunto Ofri, la zia dei piccoli. Il padre Yarden, rapito anche lui il 7 ottobre ma separatamente dal resto della famiglia e rilasciato due settimane fa, è stato informato direttamente da Hagari: «Mi ha guardato negli occhi e mi ha chiesto che il mondo intero venga a conoscenza e rimanga scioccato dal modo nel quale hanno ucciso i suoi bambini», ha raccontato il portavoce militare. Netanyahu e il ministro della Difesa Israel Katz sono stati di persona venerdì nel campo profughi di Tulkarem, dal quale lo Shin Bet, il controspionaggio interno, ritiene che siano partiti i terroristi. Entrambi hanno annunciato che le «roccaforti del terrorismo in Cisgiordania saranno eliminate. E l’esercito lancerà ulteriori operazioni dopo i falliti attentati sui bus».
Cinque ordigni avrebbero dovuto esplodere simultaneamente la mattina del 21 febbraio su altrettanti autobus. Fonti della sicurezza israeliana, citate dall’emittente televisiva Channel 12, accreditano l’ipotesi di un fallito “attacco terroristico strategico”. Le cinque bombe erano state piazzate su altrettanti autobus vuoti e fermi. Tre ordigni, evidentemente difettosi sono deflagrati su tre mezzi di trasporto a Bat Yam, un sobborgo di Tel Aviv, la sera del 20 febbraio, mentre altri due sono stati disinnescati su corriere della città di Holon, nell’area di Gush. Su tutti e cinque sono stati trovati timer, ha precisato l’emittente. Il ministro dei Trasporti, Miri Regev, ha ordinato di sospendere “tutte le operazioni di treni e autobus, di seguire le direttive delle forze di sicurezza e di riprendere il servizio seguendo le indicazioni dello Shin Bet, il controspionaggio interno, e della polizia”.
Nel giorno della restituzione dei corpi di quattro ostaggi Abdul Latif al-Qanou”, un portavoce di Hamas, ha dichiarato che Netanyahu “sta temporeggiando”. Dal 19 gennaio è entrata in vigore nella Striscia di Gaza una fragile tregua (nella foto militari israeliani fra le macerie di Gaza). Dal cessate il fuoco 19 ostaggi israeliani sono stati rilasciati in cambio di oltre 1.100 prigionieri palestinesi. In questa prima fase, che dovrebbe concludersi il primo marzo. saranno rilasciati 33 ostaggi israeliani e oltre 1.900 palestinesi in carcere in Israele. Ai bordi delle strade percorse dal convoglio delle Forze Israeliane di Difesa e diretto all’istituto di medicina legale la gente ha aspettato le bare che contenevano le salme dei due bambini Ariel e Kfir Bibas, e del giornalista pacifista Oded Lipshitz. Sventolava bandiere con la stella di Davide, i volti sgomenti, sotto la pioggia, il cielo cupo. L’unico ad essere identificato dagli anatomopatologi è per ora l’anziano Oded, che da vivo aiutava i malati di Gaza a raggiungere gli ospedali israeliani. L’ufficio del primo ministro Benjamin Netanyahu ha reso noto che è stato ucciso dalla Jihad islamica palestinese mentre era in cattività. Chen Kugel, direttore del centro di medicina forense Abu Kabir, ha confermato, aggiungendo che l’assassinio è avvenuto più di un anno fa.
Il 19 gennaio Israele aveva chiesto di nuovo ai Paesi mediatori e alla Croce Rossa che Hamas non mettesse in scena uno spettacolo per la restituzione dei corpi. Per tutta risposta i miliziani hanno allestito un palco a Khan Younis, nel sud di Gaza, con quattro feretri neri chiusi a chiave. Su ognuno c’era la foto del defunto. Sulla piattaforma è stata issata una gigantografia di Netanyahu disegnato come un vampiro con il sangue tra i denti. “Il criminale di guerra – si leggeva nella didascalia – li ha assassinati con i missili. Ritorno alla guerra, ritorno dei rapiti nelle bare”. In un’unica immagine si vedevano Kfir e Ariel, portati via dalla loro casa quando avevano nove mesi e due anni e mezzo, la mamma Shiri, 32 anni e Lipshitz 83 anni. I miliziani li hanno rapiti il 7 ottobre 2023 nel kibbutz di Nir Oz, a poche centinaia di metri dalla Striscia.
Una folla di civili e di uomini in armi palestinesi la mattina del 20 gennaio si è radunata intorno al palco, padri con i bambini piccoli in braccio, adolescenti, adulti. Gli altoparlanti trasmettevano musica e uomini a volto coperto riprendevano con le telecamere. Nella folla c’era anche Mohammed Abu Warda. Secondo gli accordi avrebbe dovuto essere in Egitto. Warda è, un ex comandante di Hamas che stava scontando 48 ergastoli in Israele per aver organizzato attacchi terroristici nei quali sono caduti 45 israeliani. Tra questi un attentato a un autobus di GerusalemmeSecondo gli accordi avrebbe dovuto essere in Egitto. che nel 1996 che costò la vita a 24 persone. Warda, scarcerato l’8 febbraio insieme ad altri detenuti per terrorismo nello scambio con Hamas, è stato fotografato, ripreso in video e intervistato. Il palco è stato preparato accanto al cimitero di Bani Suheila, dove – secondo il network televisivo del Qatar al Jazeera – erano stati sepolti i corpi dei quattro rapiti. Erano proprio sopra un tunnel, lungo un chilometro e chiuso da porte blindate, nel quale i militari israeliani in gennaio hanno scoperto sale operative del battaglione Khan Younis di Hamas che ha diretto il massacro del 7 ottobre.
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