Gli uccelli esposti all'inquinamento acustico causato dalle attività umane mostrano segni fisiologici di stress cronico e, in alcuni casi, hanno pulcini con una crescita rachitica. È quanto emerge da una recente ricerca svolta presso la University of Colorado Boulder e che ha visto coinvolti scienziati della California Polytechnic State University e del Florida Museum of Natural History.
INQUINAMENTO ACUSTICO E UCCELLI
Lo studio è stato condotto nell'arco di tre covate successive, durante le quali sono state monitorate tre diverse popolazioni di uccelli: una in prossimità di impianti di lavorazione ed estrazione di petrolio e gas naturale, una nella natura selvaggia e una in un ambiente che rappresentava una via di mezzo, dal punto di vista dell'inquinamento acustico, fra questi due estremi.
AUMENTO DEI LIVELLI DI STRESS
Nathan Kleist, principale firmatario della ricerca, ha osservato che "l'inquinamento acustico ha effetti significativi sull'ormone dello stress e sulla salute generale degli uccelli". È infatti emerso che gli uccelli con il nido nelle aree maggiormente rumorose hanno livelli inferiori di un importante ormone dello stress chiamato corticosterone. Il fatto che i livelli siano bassi non deve ingannare: come sottolinea il coautore della ricerca Christopher Lowry, "ciò che abbiamo imparato dalla ricerca sugli esseri umani e anche sui roditori, è che gli ormoni dello stress sono spesso cronicamente bassi in presenza di fattori di stress ineludibili, come ad esempio il disturbo da stress post-traumatico negli umani". La ragione di questo fatto è che il corpo umano, e apparentemente anche quello degli uccelli, tende ad adattarsi per risparmiare energia: una situazione di ipocorticismo che però si accompagna spesso a infiammazioni e a riduzione del peso corporeo.
CRESCITA RACHITICA DEI PICCOLI
La ricerca ha anche evidenziato che i piccoli nati nelle zone a più alto inquinamento acustico presentano disfunzioni nella crescita, che avviene più lentamente e talvolta con un piumaggio meno sviluppato. Curiosamente, è emerso che una situazione analoga riguarda anche gli uccelli nati e cresciuti nelle aree più silenziose: l'ipotesi dei ricercatori è che questo accada perché in queste zone i genitori sono maggiormente esposti all'azione dei predatori naturali, cosa che li spinge a lasciare il nido con cautela e ad allontanarsi da esso il meno possibile: in questo modo hanno però meno tempo e meno occasioni per procurarsi il cibo con il quale nutrire i piccoli.
LA TRAPPOLA ECOLOGICA
Lo studio ha consentito anche di gettare luce su un fenomeno inaspettato: in precedenza, infatti, si riteneva che alcuni uccelli, come ad esempio la Sialia mexicana, avessero una maggiore tolleranza rispetto all'inquinamento acustico, tanto da privilegiare la nidificazione in zone rumorose. L'analisi dei loro livelli di stress, che si sono rivelati dannosi, sembra però smentire questo assunto. Con le parole di Nathan Kleist: "È un esempio perfetto della cosiddetta trappola ecologica, quando cioè un organismo sviluppa una preferenza per qualcosa che in realtà è dannosa".
L E AREE PROTETTE PER GLI UCCELLI
I dati raccolti dai ricercatori potrebbero ora avere un'immediata applicazione pratica. Vale a dire l'introduzione dei parametri legati all'inquinamento acustico nei criteri che presiedono la conservazione e la realizzazione di aree protette per la vita selvatica. Si tratta però di un argomento complesso, perché – e lo dimostra proprio questa ricerca – anche l'habitat naturale, quello più silenzioso, può influire negativamente sullo sviluppo dei neonati. Difficile credere che possa essere accolta senza remore l'idea di aggiungere un po' di rumore allo scopo di favorire gli uccelli.
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Giovedì 21 Novembre 2024
ArchivioL'inquinamento acustico fa male agli uccelli