Si guarderanno. Certo non potranno fare a meno di guardarsi. Come si guarderanno? Aria beffarda o severa? Ironica o arrogante? Conciliante o minacciosa? E come si saluteranno? Con un sorriso o con un ghigno? Come due gentiluomini dell'800 prima di un duello o come due gladiatori al Circo Massimo? Si somigliano per il dato anagrafico, sono due giovani leader. E non è cosa da poco. Per il resto davvero poco simili. Se si eccettua il fatto che sono due eretici. Renzi lo è per natura e la scissione ne è una conferma. Salvini a lungo lo è stato nella Lega, partito nel quale non riscuoteva certo le simpatie di Bossi e in cui ha contribuito all'ascesa di Maroni, proprio in rotta col fondatore. Perché i due Matteo - Renzi e Salvini, il fiorentino e il milanese - hanno accettato di incontrarsi a "Porta a porta" a metà ottobre per il primo confronto televisivo tra leader senza che siano imminenti le elezioni politiche? Certo, il 27 si vota in Umbria. La lealtà di Renzi è fuori discussione, ma se vincesse la Lega indebolendo Zingaretti non credo che il Matteo fiorentino avrebbe una crisi di disperazione.
Ma per i duellanti le date che contano sono altre. Venerdì 18 a Firenze si celebra la decima Leopolda, la più importante della sua storia: la prima che vede Renzi leader di un partito che non sia il Pd di cui la vecchia stazione granducale vedrà la fondazione ufficiale. Il giorno dopo, sabato 19 ottobre, Salvini riunisce il centrodestra in Piazza San Giovanni a Roma: la piazza storica del Pci di Togliatti e Berlinguer, ma anche quella in cui il 20 marzo 2010 Berlusconi e Bossi (senza Fini) portarono più di un milione di persone alla vigilia di elezioni regionali in cui il centrodestra conquistò sei regioni colorando per due terzi d’azzurro una cartina d’Italia che fino al giorno prima era per tre quarti vestita di rosso. I due leader vogliono quindi caricare i rispettivi campi. Renzi e Salvini se le sono dette di ogni tipo. Eppure dopo le elezioni del 2018 si sono scambiati una infinità di WhatsApp, mentre – per dire – Renzi e Di Maio non si sono mai parlati fino a qualche giorno fa quando è stato il nuovo ministro degli esteri a chiamare l’ex presidente del Consiglio. La vera ragione del confronto può essere il comune desiderio di legittimarsi a vicenda. Renzi è un peso massimo allo stato con poche truppe. Salvini ha un consenso molto alto, ma minore esperienza di governo. Il segretario della Lega è dichiaratamente un candidato premier. Renzi lo è stato e se lo conosciamo un poco tornerà ad esserlo. Quando è venuto l’altro giorno a ‘Porta a porta’ ha rassicurato il governo Conte: ma nel giro di un mese è stato l’uomo che lo ha fatto nascere e l’uomo che può chiudere in qualsiasi momento la chiavetta dell’ossigeno. Non ha peraltro nessun interesse a staccare la spina. Primo: in primavera scadono 400 cariche che regolano il funzionamento di aziende vitali per lo Stato e nessuno vorrà rinunciare a dire la sua. Secondo, il Presidente della Repubblica. Ricordiamoci che non è stato mai eletto un capo dello Stato di centrodestra. E Renzi si candida ad essere determinante anche nella scelta del successore di Sergio Mattarella. Ma con l’aria che tira fare previsioni è davvero da spericolati…