C’era una volta (e magari c’è ancora) il modulo per chiedere i moduli: una macchinazione escogitata dalla mente perversa di qualche super-burocrate italiano che ha fatto dannare generazioni di artigiani, commercianti e liberi professionisti. Ma se la confusione e l’improvvisazione sul reddito di cittadinanza andranno avanti come si è visto in queste giornate, i malcapitati poveri dovranno rassegnarsi a una trafila forse ben peggiore. Come minimo dovranno partecipare a un corso di formazione solo per poter capire come ottenere e gestire il sussidio promesso.
Tra app, bancomat, tessera sanitaria, Pin di cittadinanza, identità digitale, e ogni altra diavoleria tecno-kafkiana annunciata in queste ore, siamo al caos addirittura prima che la misura sia definita. Figuriamoci quando l’operazione sarà partita.
Ma, come non bastasse, le traversie non è detto che finiscano con la conquista dell’assegno e la comprensione delle istruzioni per l’uso del congegno, per gestirlo. Troppo facile. A quel punto, a sentire Di Maio, Castelli & soci, le spese dovranno essere tracciate perché si dovrà «acquistare italiano» e si potranno comprare solo beni e servizi più o meno di prima necessità. Pena, l’intervento della Guardia di Finanza che bloccherebbe il marchingegno elettronico. No, non è una gag di Scherzi a parte: queste «cose» le hanno sostenute per davvero, in tv e sui social. Dunque, ci sarà ben poco da stupirsi se il reddito di cittadinanza, ammesso che riesca a partire, diventerà un ginepraio di vincoli e regole dentro il quale si perderà lo stesso senso di un intervento che, almeno nelle intenzioni, dovrebbe servire ad alleviare le sofferenze materiali (e non solo) di qualche milione di famiglie.
Anzi, di questo passo e con queste premesse, rischia di diventare un beneficio malefico. E un eventuale esito di questa natura sarebbe particolarmente grave perché consumato sulle aspettative e sulla pelle di persone in condizione di profondo disagio.