Bottura, è stata una serata esaltante. A distanza di poche ore cosa le è rimasto impresso? "L’attimo della proclamazione. Eravamo rimasti in gara io e Juan, lo chef spagnolo del ristorante El celler de Can Roca , campione in carica. Quando hanno assegnato a lui la seconda piazza, promuovendo automaticamente me a numero uno, è scoppiato il finimondo. La sala è letteralmente esplosa, sono stato sommerso dagli abbracci dei miei colleghi. C’era la voglia da parte di tutti di premiarci. L’italianità, il nostro gusto, la nostra cucina, hanno ancora un grande appeal nel mondo".
Ha subito voluto ringraziare sua moglie lo staff... "Certo. Il nostro è un lavoro di squadra e in queste ore sono sempre stato in stretto contatto con i miei ragazzi della Francescana. Li sentivo tesi, capivo che anche loro ci tenevo tantissimo. Ero più in ansia per loro che per me".
E ora tutti si complimentano? "Passo da una conferenza stampa all’altra, il mio telefono squilla in continuazione. Ma sa qual è stata la telefonata che mi ha commosso più di tutte?".
Quale? "Quella di mia sorella. Mi ha detto: ‘Sono qui al cimitero, sto dando la notizia alla mamma’. Lei è morta due anni fa. Mi sono sciolto, ho pianto come un bambino. I tortellini della mamma... la mia storia parte tutta da lì".
Eppure nel suo ristorante si va oltre i tortellini. "Il nostro sforzo è quello di partire dal passato, prenderne il meglio e proiettarlo nel futuro, attraverso nuove soluzioni che continuno a valorizzare i nostri ingredienti base, rigorosamente italiani".
Sul podio ha detto che l’ingrediente più importante è la cultura, in che senso? "Sì, perché la cultura genera conoscenza, che a sua volta innesca la presa di coscienza e la responsabilità. Noi alla Francescana comprimiamo arte, passione, memoria, passato e futuro dentro bocconi da mangiare. E questa è cultura".
Come vengono le idee per nuovi piatti? "In automatico, è la passione che ci spinge a sperimentare, provare, assaggiare".
E si migliora sempre? "Assolutamente sì. In questo momento alla Francescana abbiamo il miglior menù da quando abbiamo aperto, glielo posso garantire".
Dopo la premiazione ha parlato del progetto refettorio: ne aprirà uno anche a Rio durante le Olimpiadi? "Sì, e ho avuto adesioni da tutto il mondo, tutti vogliono venirci. La formula è sempre quella: utilizzare gli avanzi del cibo e cucinare per i poveri. Non a caso andremo in una favela".
Perché questa idea? "Perché quando dalla vita ricevi tanto, e possiedi un minimo di coscienza e di cultura, capisci quando è il momento di cominciare a restituire qualcosa. A maggior ragione adesso che sono all’apice".
Non l’abbiamo mai vista in un talent televisivo sulla cucina... "E non mi vedrete mai. Me lo chiedono tutti gli anni e io rifiuto sempre. Sono show che danno un’idea sbagliata del mestiere dello chef. Il mio posto è in cucina, la mia vita è lì dentro insieme ai miei collaboratori. E guai a festeggiare troppo per i risultati ottenuti. Nel momento in cui ti senti arrivato, inizia immediatamente il declino".