Martedì 26 Novembre 2024
GIORGIO LA MALFA
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La manovra che serve

Dopo mesi di propositi bellicosi, il governo cerca di evitare l’avvio di una procedura di infrazione europea. Nel frattempo però, come mostrano i dati dell’Istat, il problema è cambiato. Non si tratta di "limare" qualche decimale di deficit. Per evitare un 2019 molto difficile per l’economia italiana, è indispensabile una manovra qualitativamente diversa. La maggioranza è in condizioni tecniche e politiche di riscrivere integralmente il bilancio?

Il proposito iniziale del governo era condivisibile: cercare di allentare il cappio del debito pubblico attraverso una crescita economica più sostenuta. Solo che il progetto di bilancio non corrispondeva – e non corrisponde – a quell’obiettivo. 

Il problema non è tanto il livello del deficit, quanto il contenuto della manovra del governo: troppe spese correnti, troppe poche spese per investimento e un messaggio confuso e contraddittorio rivolto agli operatori economici. 

Quindi nessuna crescita indotta e molta sfiducia.

Se già in una situazione economica discreta la manovra non andava bene, ora che si tratta di sostenere l’economia serve un bilancio capace di imprimere uno stimolo molto forte alla crescita. Se l’anno prossimo la crescita si ferma sotto l’1 per cento, anche un deficit ridotto dal 2,4 al 2 per cento spingerebbe in alto il rapporto debito Pil e avvicinerebbe la tempesta sul debito pubblico italiano.

Il governo ha quindi una sola strada: prendere quel punto percentuale di reddito nazionale, cioè 14-15 miliardi di euro, appostato per iniziative come il reddito di cittadinanza, le pensioni anticipate, le assunzioni nel pubblico impiego, rinviare questi propositi al futuro e destinare integralmente questa cifra agli investimenti pubblici e agli incentivi fiscali per gli investimenti privati. 

Se così si facesse, anche un deficit più basso del 2,4 per cento potrebbe contenere una dose di stimolo alla ripresa. 

Sulla carta nulla lo impedisce. E questo allungherebbe la vita di un governo che è già in affanno. Ma servirebbe un durissimo richiamo alla realtà e una determinazione politica inflessibile da parte del Presidente del Consiglio e dei due partner della maggioranza.