Cannes, 21 dicembre 2015 - LINO BANFI, la parola “Natale” quali ricordi le evoca a proposito della sua giovinezza?
«Non li voglio ricordare, erano Natali tristissimi e poveri, spesso li passavo lontano da casa. Ero in giro per l’Italia a far finta di lavorare».
Ci racconti un episodio.
«Ero a Napoli, avevo 18 anni. Ero andato via di casa dicendo a tutti che avevo trovato un lavoro ma non era vero. Mi ero messo fuori dalla Galleria con un cappello da laureato in testa, facevo finta di aver appena finito l’Università e chiedevo ai passanti qualcosa da mangiare per allestire la festa. Ma andò male, tutti scappavano di fretta e nessuno mi dava niente. Erano ormai le 23 e non sapevo davvero cosa fare, cosa mangiare, dove dormire - perché allora le pensioncine dovevi pagarle in anticipo - quando passò un posteggiatore abusivo che aveva finito di lavorare e stava tornando a casa. Mi vide appoggiato al muro, con quest’aria sconsolata, e mi chiese: “cosa fai lì?” “Sono un attore disoccupato”, risposi. Lui mi chiese se avevo dove andare a dormire, gli risposi di no e insomma capì la mia situazione disperata. Vieni con me, mi disse. E mi portò in una specie di sotterraneo, un vero basso napoletano, dove viveva con la moglie e 5-6 bambini che facevano un baccano pazzesco. Mi presentò alla moglie, mi diede da mangiare, mi fece ubriacare, e poi dormii in mezzo a quei bambini che facevano una confusione tremenda. Il giorno dopo mi diede i soldi per tornare in Puglia. Io lo ringraziai ma in Puglia non ci sono tornato: non volevo rientrare a casa da sconfitto, nella parte di quello che non ce l’aveva fatta. Dopo andai a Milano e lì cominciai a lavorare».
Da quei tempi torniamo a oggi: come trascorrerà il Natale Lino Banfi?
«Ormai da 12 anni non lo passo più a Roma ma a Cannes, dove dopo tanto tempo sono riuscito finalmente a coronare il sogno di comprarmi una casetta. Sono 75 metri affacciati sulla Croisette. E lì andrò a rifugiarmi con quella che, dopo 54 anni di matrimonio, è diventata la mia fidanzatina. Proprio sotto casa mia c’è un grande ristorante specializzato in piatti di mare, e lì andrò a mangiare ogni giorno perché io sono ittico-dipendente. La mia è una vera e propria dipendenza, ma per fortuna per rifornirmi mi basta scendere sotto casa. Poi farò qualche passeggiata sul lungomare, perché mia moglie mi obbliga a farlo, altrimenti passerei tutta la vita in modo sedentario. Adesso a Cinecittà stiamo girando “Il medico”, e lì stai seduto per ore, poi ti alzi, fai la scena, poi ti risiedi. Sono dieci ore di lavoro, più 2 di viaggio. Mi alzo alle 6 del mattino e sono contento se riesco a tornare a casa alle 7 di sera».
Insomma non festeggia con la famiglia?
«Il 24 ci troviamo con i figli - Rosanna e Walter, che finalmente alla tenera età di 45 anni ha deciso di fidanzarsi - e i nipoti, Virginia di 21 anni e Pietro di 18. Il 24, dicevo, facciamo la cena di Natale a Roma, perché noi del Sud festeggiamo la sera della Vigilia e non con il pranzo di Natale».
Un menù a base di pesce anche questo, immagino...
«Per antipasto preparo vari piatti di frutti di mare crudi e cotti, polpettine di pesce azzurro - cioè alici, sarde e sgombri - che non piacciono quasi a nessuno, poi un primo di pesce, un secondo di pesce».
Lei è il Carlo Cracco di famiglia Banfi! Altro che un medico, meglio un cuoco in famiglia.
«Se si potesse fare anche un dolce di pesce sarei felice».
Qual è il regalo più bello, più originale, più sorprendente che ha fatto?
«Oggi il regalo più bello e richiesto sono i soldi in una busta. Non devi neanche fare la strada per andare a cercarli».
E quello che ha ricevuto lei?
«Siccome i miei conoscono la mia passione per la cucina, spesso mi regalano degli utensili, magari un attrezzo per tagliare le patate in modo diverso, oppure per snocciolare le olive, cose così. Mia moglie quando ne vede arrivare uno nuovo dice: ma ne abbiamo già tre! E io le rispondo: e adesso sono diventati quattro».
E per quanto riguarda Capodanno?
«Io e mia moglie lo passiamo da soli, come due fidanzatini. Una cenetta a lume di candela sulla Croisette, e poi a nanna. Mezzanotte? Per carità! Fino a quell’ora non ci arrivo proprio».