Il vino è la bevanda più antica e apprezzata al mondo, musa ispiratrice di grandi artisti e fonte di allegria per gli uomini “semplici”. Mentre la storia del vino si affida perlopiù a leggende e miti, si hanno diverse certezze storiche per quanto riguarda la coltivazione della vite.
La vite, una pianta molto antica, ha trovato il suo habitat ideale nel bacino del Mediterraneo e nei territori più fertili del vicino Oriente, dove la pianta spontanea venne conosciuta e selezionata.
In Grecia l’arte della vinificazione ed il consumo stesso di pane e vino era considerato lo spartiacque tra popolazioni barbare e civili e fu proprio dai greci che i Romani impararono tecniche di coltivazione più sofisticate.
Arte del vino nell’antica Grecia
In Grecia il vino si diffuse fino a diventare un elemento base della produzione agricola insieme al grano e alle olive. La cultura ellenica lo collegava al culto di Dioniso, dio della forza vitale e dell’ebbrezza.
Il vino prodotto nell’antica Grecia era molto diverso dal vino da quello dei giorni nostri. Molti erano vini dolci, spesso prodotti con uve passite. La loro dolcezza veniva ulteriormente concentrata mediante l’ebollizione del vino che ne riduceva la quantità d’acqua. Altri vini erano prodotti con uve acerbe e avevano un’acidità molto pronunciata. A quell’epoca i vini erano di difficile conservazione, sia a causa dei contenitori utilizzati che alla loro scarsa resistenza all’ossidazione. L’aggiunta della resina di pino al mosto in fermentazione rappresentava uno dei rimedi, e l’usanza è arrivata fino ai giorni nostri in uno dei prodotti più celebri della Grecia, il Retsina.
I Greci sorseggiavano vino durante banchetti conviviali detti simposi. Si tratta di una bevanda speziata, aromatizzata con miele e allungata con acqua, che viene versata da anfore di terracotta riccamente decorate. La colonizzazione ellenica introduce la viticoltura in tutta l’area del Mediterraneo. In Italia, la zona della Magna Grecia – e in particolare i territori dell’attuale Calabria – viene ribattezzata Enotria, terra del vino.
Vino in epoca romana
Per quanto riguarda l’impero romano, il consumo del vino fu inizialmente molto difficoltoso, in quanto la stessa Repubblica era fondata sul concetto del “Latte della Lupa che ha nutrito Romolo e Remo”, creando un’inquadratura militare e salutista.
Visione che era in forte contrasto con le tipiche abitudini greche, delle quali ebbe da ridire anche Cicerone, sentenziando che le stesse fossero in grado di “rammollire” lo spirito guerriero romano. Anche quando il consumo del vino si diffuse, rimase comunque proibito alle donne e il marito aveva il diritto di uccidere la moglie ubriaca.
Alle donne era concesso bere “dulcia”, una sorta di vino non alcolico, oppure la “murrina”, un fermentato leggero aromatizzato con mirra. Il divieto venne abolito da Giulio Cesare, e così Livia, moglie del primo Principe, Augusto, potè scrivere di aver raggiunto una notevole e sana vecchiezza grazie al vino che aveva allietato i suoi pasti. L’Italia venne definita da Sofocle (V sec. a.c.) “terra prediletta dal Dio Bacco” e secondo lo storico Diodoro Siculo la vite nella penisola cresceva spontaneamente. Essa infatti era tenuta, dalle popolazioni autoctone, incolta.
I Romani avevano una profonda conoscenza dei segreti della coltivazione e della vinificazione.Avevano appreso tali segreti da Etruschi, Greci e Cartaginesi e, proprio da questi ultimi, impararono a costruire aziende agricole razionali e capaci di produrre, con grandi guadagni.
La svolta sulla produzione del vino si ha durante la guerra ai Cartaginesi, i quali, sconfitti, decretarono la rapida e dilagante espansione dell’Impero Romano, che portò la tecnica della vinificazione fino ai confini del mondo.