ANTONELLA SCIARRONE ALIBRANDI, prorettrice dell’Università Cattolica di Milano e docente di diritto dell’economia. Milanese, si occupa da decenni di banche, finanza e assicurazioni. Ma il suo bagaglio di conoscenze ha trovato sbocco anche lontano dalla business community milanese. Da più di due anni Sciarrone Alibrandi fa parte infatti dell’Asi, l’autorità istituita presso la Santa Sede che si occupa di contrasto al riciclaggio e al finanziamento del terrorismo e vigila prudenzialmente sugli enti che in Vaticano svolgono attività di natura finanziaria. Prima ancora, nel 2019, è stata nominata nella consulta scientifica del Cortile dei Gentili, un Dipartimento nato su iniziativa del cardinale Ravasi, che promuove e stimola il dialogo costruttivo tra credenti e non. Oltre a tutte le cariche che già ricopre, Sciarrone Alibrandi si occupa di cose molto più “terrene” perché dirige da qualche mese anche un Osservatorio sul Debito Privato, nato in seno al suo ateneo. E nella sua attività di ricercatrice, Alibrandi ha maturato una solida convinzione: quando si parla della necessità di fare educazione finanziaria in Italia, non bisogna guardare soltanto agli aspetti nozionistici, cioè alla scarsa conoscenza da parte delle famiglie dei più comuni strumenti d’investimento. Ci sono molti aspetti da considerare, in primis la sempre maggiore tendenza a indebitarsi e spesso a indebitarsi troppo. "Occorre che i nostri connazionali facciano un percorso di autocoscienza", dice Sciarrone Alibrandi. "E che imparino a valutare meglio i propri bisogni finanziari presenti e futuri, per evitare il più possibile le scelte sbagliate".
Intende dire che gli italiani si stanno indebitando troppo?
"Indubbiamente il nostro osservatorio, la cui nascita è recente, ha già rilevato un fenomeno evidente: la sempre più diffusa tendenza tra gli italiani a indebitarsi. Il numero di persone con delle esposizioni finanziarie è in sensibile aumento".
Dunque, non siamo più un popolo di risparmiatori con meno prestiti sulle spalle rispetto agli stranieri?
"Lo stiamo diventando molto meno ma credo sia importante sottolineare un altro aspetto. Quando si parla di debiti non bisogna soltanto guardare a quelli che le famiglie o i lavoratori hanno con le banche e le finanziarie. Ci sono molti altri debiti che mettono in difficoltà tantissimi italiani: per esempio i debiti con il fisco, con i fornitori di energia per le bollette non pagate o i debiti commerciali che per esempio gli artigiani hanno con i loro fornitori. Sono fattori che, alla lunga, fanno sentire tutto il loro peso sul bilancio personale o familiare di una persona".
Ma da cosa deriva questa crescente tendenza a indebitarsi, senza nel contempo risparmiare abbastanza?
"I fattori alla base di questo fenomeno sono molti, ma partirei dal più importante: la mancanza di un reddito adeguato a tenere il passo dei consumi. Non è un mistero che, tra i paesi industriali avanzati, l’Italia sia quello dove le retribuzioni sono cresciute in misura minore negli ultimi decenni. Stipendi troppo bassi, spesso, coincidono con debiti più alti. Ma questa non è l’unica ragione. Ve ne sono anche altre".
Quali?
"Per esempio l’avvento delle tecnologie digitali è un elemento capace di sollecitare le voglie dei consumatori di indebitarsi, pur di non rinunciare a determinati acquisti. Oggi si trovano in giro molte offerte di acquisto rateale, anche per piccoli importi, facilmente accessibili proprio grazie alle innovazioni tecnologiche. Si pensi per esempio al buy now e pay later, la formula sempre più diffusa che consente di saldare in tre rate la somma spesa, generalmente senza versare interessi. È vero che si tratta di importi di denaro non elevati ma chi aderisce a queste offerte, non di rado, non ha la piena percezione che si sta indebitando. C’è dunque il rischio concreto che la fascia più debole della popolazione non sappia governare pienamente questo fenomeno. La stessa cosa può avvenire con certe forme di prestito sviluppatesi nell’era digitale come il crowd-lending, attraverso cui gli utenti di internet si prestano denaro reciprocamente su alcune piattaforme online. A volte, per l’erogazione del finanziamento si rischia di non avere un adeguato processo di istruttoria per valutare la reale capacità del debitore di far fronte ai propri impegni, come invece avviene nei canali bancari più tradizionali".
Quali sono le fasce di popolazione che hanno maggiore propensione all’indebitamento?
"Tra i giovani si nota indubbiamente una tendenza maggiore. E, a questo dato, contribuisce anche la loro più diffusa dimestichezza con le nuove tecnologie, che li avvicina a quelle offerte così diffuse nel mondo digitale di cui parlavo prima. In linea di massima, sotto questo punto di vista, le generazioni più anziane sono in una condizione migliore: gli anziani hanno mediamente più risparmi e sono meno disposti a fare prestiti. Alla base della tendenza al sovraindebitamento si sono infatti anche ragioni culturali, cioè una sorta di mito del consumo che spinge a compiere scelte finanziarie sbagliate".
Cosa fare per governare questo fenomeno?
"Come dicevo, quando si parla di educazione finanziaria bisogna agire anche su questo fronte: far capire agli italiani che esiste un indebitamento buono che è motore di sviluppo e un debito cattivo legato al superfluo. Inoltre, c’è bisogno anche di un impegno delle autorità pubbliche. Ci tengo a sottolineare che c’è una proposta di direttiva europea, che ormai è quasi in dirittura d’arrivo e che aggiorna la vecchia direttiva sul credito al consumo e può rappresentare un passo in avanti importante. Tra i principali elementi caratterizzanti, c’è l’obbligo per gli stati europei a dar vita a servizi di debt advice, di consulenza sul debito. In altri paesi come la Francia o l’Olanda già esistono e sono finanziati con soldi pubblici o sono di competenza della banca centrale. Si tratta di strutture che aiutano le persone con problemi di sovraindebitamento a uscire dalle difficoltà. È importante che anche l’Italia si muova in questa direzione".