Mettiamola così: prima di tutto, ovvero prima di ogni altra considerazione, alzi la mano chi, di noi, rinuncerebbe con slancio a qualcosa come 3.500 euro al mese di rimborsi forfettari. Perché è facile dire «io non li prenderei mai» quando a te nessuno si sogna di darli, quei - tanti - soldi. La questione cambia, e non poco, quando il denaro arriva effettivamente sul conto corrente, e diventa tuo. Che ci fai? Lo dai a chi ha bisogno di aiuto, lo restituisci al mittente o mandi tua figlia a studiare in America e le fai cambiare vita? Il punto è tutto qui: molto spesso coltiviamo il desiderio di essere amministrati da una classe politica che sia migliore di noi.
Invece non è così. Le rare volte che ci va bene, i governanti sono mossi dai nostri stessi sentimenti, possono vantare le medesime virtù e imbruttirsi coi nostri stessi vizi. Il potere però annacqua le virtù ed esaspera i vizi oltre il limite della decenza. E allora scopri il consigliere che mette a rimborso l’acquisto delle mutande e quello che paga il ristorante per il matrimonio della prole, come nulla fosse.
Ora la questione – non solo di opportunità – di cui si sta discutendo è questa: ha senso rimborsare le spese di trasferta di consiglieri regionali che, durante il lockdown, si sono mossi molto meno di prima? Ovviamente, no. No, ancora di più ora che stiamo affrontando un momento drammatico della nostra storia economica. Certo è che un sistema di regole semplici, chiare, cristalline e definite potrebbe aiutare tutti, perfino noi che quei soldi – più o meno direttamente – li tiriamo fuori. Se poi imparassimo a dare alle parole il giusto significato, allora sarebbe il massimo. La parola rimborso, ad esempio, vuol dire rim-bor-so, ovvero "restituzione di denaro sborsato per conto o nell’interesse altrui". "Interesse altrui", specifica il vocabolario, non il nostro. E se il rimborso è concesso a forfait questo significa, semplicemente, che si considera la media delle spese che ho sostenuto, non che posso spendere come voglio, dove voglio e quanto voglio. Rendicontare, infine, significa rendere conto, in questo caso ai cittadini. Definite le regole (regola numero uno: al rimborso posso rinunciare) e restituita dignità alle parole, resterebbero le persone. Perché sono le persone che possono fare la differenza. E qui, appunto, viene il difficile.