Firenze, 28 giugno 2017 – L'attvità fisica è un toccasana, l'eccesso di pratica sportiva logora l'organismo. Si parla di paradosso dello sportivo, gli effetti benefici del movimento dipendono dalla tabella di marcia. L’indicazione viene dal congresso della Società Italiana di Nutrizione Clinica (Sinuc) in corso a Firenze.
Diversi studi hanno messo in evidenza che la pratica regolare dello sport riduce il rischio di malattie cardiovascolari con l'aumento del colesterolo buono, la diminuzione della pressione arteriosa e un maggior rifornimento di ossigeno al muscolo cardiaco; rafforza il tessuto connettivo di cartilagini, legamenti, tendini e ossa; promuove, infine, un generale stato di benessere dovuto alla produzione di endorfine, le molecole del buonumore.
Ma un allenamento sproporzionato rispetto alle condizioni dell'organismo può determinare un aumento dei radicali liberi e dello stress ossidativo, condizioni che le normali difese dell’organismo non riescono a fronteggiare. Lo stress ossidativo non è altro che uno squilibrio tra i processi ossidativi che avvengono continuamente nell’organismo e le reazioni antiossidanti che si verificano in tutte le cellule, spiega il Professor Eugenio Luigi Iorio Presidente dell’Osservatorio Internazionale dello Stress Ossidativo, in pratica, l’ossigeno diventa un fattore reattivo (ros) che aggredisce lipidi e proteine attraverso il processo di perossidazione Quando viene esercitata una intensa e strenua attività fisica, specialmente aerobica, le ros non solo arrivano a colpire le fibre muscolari predisponendole a lesioni e traumi ma aggrediscono anche il tessuto connettivo dell’apparato locomotore con maggiore rischio di infiammazioni, borsiti e tendiniti.
Lo stress ossidativo non è più inteso come in passato, come uno squilibrio fra la produzione di radicali liberi e la loro eliminazione da parte dei sistemi di difesa antiossidante, ha aggiunto il Professor Iorio, è un capitolo del più ampio libro dello stress, fenomeno di adattamento comune a tutti gli organismi viventi, dai batteri all’uomo, passando per le piante. In sostanza esiste un sistema biochimico complesso unico, detto sistema redox, costituito dall’insieme di ossidanti e antiossidanti, che presiede fisiologicamente al controllo dei più importanti fenomeni vitali, quali la trasmissione di informazioni tra cellule, la difesa contro i patogeni e la detossificazione.
Quando il sistema redox non funziona bene nascono i problemi che si chiamano invecchiamento precoce, malattie degenerative e cancro. Lo stress ossidativo costituisce un fattore emergente di rischio per la salute che può essere diagnosticato e, nei casi favorevoli, prevenuto e curato. L’esercizio fisico corretto stimola la produzione di un radicale libero, detto ossido nitrico, da parte delle celle endoteliali, che tappezzano la parete interna dei vasi, il quale ha un potente effetto vasodilatatore; inoltre, una corretta attività fisica stimola la produzione di antiossidanti per attivazione diretta del DNA. Attività fisiche incongrue perché intense e protratte, specialmente in soggetti non allenati, mettono fuori gioco questo delicato sistema redox e da qui i danni funzionali e/o strutturali a carico dell’apparato locomotore. Questo apre il delicato capitolo del controllo dello stress ossidativo negli atleti. Il migliore modo di controllare il sistema redox è eseguire un esercizio fisico seguendo accuratamente le indicazioni del personale medico-sanitario, ovvero una prescrizione motoria, alla stregua di una prescrizione dietetica.
Frutta fresca e secca. L’alimentazione dello sportivo dovrebbe tener conto di una serie di nutrienti in grado di migliorare o ottimizzare le funzioni del sistema redox e, in particolare, le sue specifiche vie di segnale in maniera del tutto fisiologica e naturale. A tal riguardo si è visto che una combinazione di arginina (contenuta abbondantemente nella frutta secca) e di vitamina C (ben presente in diversi tipi di frutta fresca) può essere utile nell’aumentare i livelli di ossido nitrico, indispensabile per il buon funzionamento della circolazione sanguigna e, quindi della funzione muscolare. Inoltre, quasi tutti i polifenoli, sostanze variamente distribuite nella frutta (melograno, frutti di bosco, uva nera) e nella verdura, specialmente ortaggi di stagione, a chilometri zero, attivano il sistema stimolando la produzione endogena degli antiossidanti a livello del DNA e favoriscono la produzione di nuovi mitocondri, mimando esattamente quello che accade con la sola attività fisica, potenziandone i benefici effetti.
Un ruolo importante è svolto, ovviamente dai sali minerali, e dai cosiddetti acidi grassi polinsaturi della serie omega-3, contenuti nelle alghe, in piccoli crostacei, nel pesce azzurro, e in alcuni tipi di frutta secca con guscio, non tostata, e indicati spesso con le sigle EPA e DHA, i quali svolgono un ruolo determinante nel mantenere le membrane cellulari dei vasi sanguigni e dei muscoli sufficientemente fluide e nel preservare le funzioni visiva e cardiaca, essenziali nello sport.
Qualora il regime dietetico non fosse sufficiente, sarà il medico a proporre, sulla base di specifiche indagini di laboratorio, un programma dietetico associato a integratori; evitare il fai da te è essenziale, perché... di più non sempre è meglio. Tra le sostanze più interessanti a tal riguardo sono da segnalare la vitamina E, la vitamina C, il coenzima Q10, l’acido lipoico, l’astaxantina e il glutatione, il più potente antiossidante intracellulare (ne stimolano la produzione endogena le proteine da siero di latte e la N-acetilcisteina, il principio attivo di un comune mucolitico, sempre a basse dosi). L’integrazione va sempre limitata nel tempo: un buon criterio è circoscriverla ai primi cinque giorni di ogni settimana, per un periodo non superiore ai 4 mesi, salvo diversa prescrizione medica. La personalizzazione della prescrizione di omega 3, in particolare, è oggi possibile grazie al cosiddetto esame lipididomico (basta una goccia di sangue capillare deposta su una specifica cartina). Ulteriori ricerche stanno chiarendo il ruolo della flora batterica intestinale (microbiota) e di meccanismi di controllo epigenetici, nello scacchiere che vede in gioco l’attività fisica e lo stress ossidativo.
Per valutare lo stress ossidativo esistono test specifici che misurano i livelli di idroperossidi considerati i marcatori più affidabili: gli atleti allenati ad esempio hanno livelli più bassi di quelli non allenati e aumentano invece sotto sforzo (sono correlati direttamente all’intensità dell’esercizio). Se nei soggetti allenati le sostanze antiossidanti dell’organismo assunte con una alimentazione equilibrata rimettono il sistema in equilibrio, negli atleti occasionali la barriera antiossidante non è abbastanza efficiente a contrastare lo tsunami ossidativo, sottolinea il Professor Maurizio Muscaritoli, Presidente della SINUC Stress eccessivo che può arrivare ad alterare non solo le cellule ma anche il loro DNA. Ci rivolgiamo allora a quel 31% della popolazione italiana che si mobilita all’inizio della bella stagione pensando di recuperare i danni della pigrizia invernale o attirati dal desiderio di trascorrere più tempo all’aria aperta (il 75%). Recuperare il tempo perduto dopo il lungo letargo invernale è un buon proposito purché sia affrontato in maniera graduale.
Maggiori benefici dall’attività regolare - Secondo una ricerca della Brigham Young University fare jogging per 30 minuti per le donne e 40 per gli uomini, 5 volte a settimana, diminuirebbe l’invecchiamento cellulare di 9 anni, mentre gli atleti della domenica e quelli che escono dal lungo letargo invernale con l’intenzione di recuperare tutto il tempo perduto con poche uscite ma strenue sono a rischio di infortuni e eccesso di stress ossidativo. Lo stesso meccanismo di ossidazione che già il CNR aveva indicato come sorvegliato speciale e fattore di rischio per patologie apparentemente insospettabili come Alzheimer, morbo di Chron e Artrite Reumatoide, tanto per citarne alcune.