Lunedì 18 Novembre 2024
PIER FRANCESCO DE ROBERTIS
Archivio

Le correnti, quel cancro che divora la magistratura

Il Guardasigilli Alfonso Bonafede

Il Guardasigilli Alfonso Bonafede

Altissimi magistrati in servizio che concertano azioni contro politici di governo, nella fattispecie Matteo Salvini, giudici che mercanteggiano cariche in organismi costituzionali, il Csm, come fossero al mercato, sempre a vantaggio della solita cricca politica. È un verminaio fetido quello che esce dalle carte dell’inchiesta perugina sulle toghe corrotte, che con qualche politico protagonista al posto di un magistrato avrebbe con ogni probabilità portato all’apertura di un’inchiesta, o con un qualche altro esponente di sinistra nella parte della vittima in luogo di Salvini avrebbe visto sfilare in piazza l’Italia democratica.

Un quadro inquietante davanti al quale una buona parte della politica ha messo la testa sotto la sabbia. I partiti che avrebbero dovuto intervenire da tempo non l’hanno fatto. Le intercettazioni di Perugia sono una bruttissima pagina per la gloriosa (in altre circostanze) magistratura italiana, ma in definitiva non aggiungono niente a quanto già noto. La deriva correntizia è da anni sotto gli occhi di tutti. Ma tutti, specie a sinistra, hanno fatto finta di non vedere. La riforma del Csm, qualsiasi riforma che lo riorganizzi, è infatti sgradita alle toghe e quindi meglio starne alla larga. Anche i bambini, che in genere non si avventurano in dietrologie, sanno che una parte delle politica ha stipulato con una parte della magistratura una polizza sulla vita, il cui premio da pagare è appunto il non-intervento in certe questioni. Ma forse stavolta il cattivo odore che giunge da Perugia sarà troppo nauseante e qualcosa si farà. Il centrodestra è ovviamente compatto, da sempre su posizioni garantiste. Adesso pare che anche nel Pd qualcuno dotato di ragione ci sia. Il costituzionalista Stefano Ceccanti e altri hanno presentato per esempio da un paio di anni una proposta di legge per cambiare il sistema di elezione dei membri togati del Csm, quelli eletti dai magistrati, passando da un collegio unico nazionale che concede tutto il potere alle correnti, a collegi uninominali più piccoli. Un (apparente) tecnicismo in grado di risolvere la questione. Altri nel Pd si dicono d’accordo. Vedremo se al momento decisivo i dem, ago della bilancia di questa partita, sapranno uscire dal comodo ombrello protettivo. Il fatto che i grillini, vera longa manus del partito delle procure, vogliano anche loro riformare il Csm non fa ben sperare. Il rischio è che sia un tentativo per annacquare il brodo.