Napoli, 1 dicembre 2016 - Addio ad Antonio Tobia Polese, morto a 80 anni, noto per essere stato il ‘Boss delle cerimonie’ nel docu-reality sul matrimonio napoletano che aveva fatto segnare picchi di share su Real Time. Il suo cuore non ha retto all’ennesimo scompenso cardiaco e, forse, alla confisca che il tribunale di Torre Annunziata aveva decretato, un mese fa, per la sua ‘Sonrisa’, monumento trash eretto nelle campagne di Sant’Antonio Abate al quale i novelli sposi approdavano a bordo di una carrozza degna di William e Kate. Un ‘castello a 5 stelle’ piaciuto anche al regista Matteo Garrone che ne aveva fatto l’incipit del suo film ‘Reality’, premiato a Cannes.
Il ‘boss’ se ne è andato, scatenando il web e, più ancora, i cultori del trash che si rimandano, di post in post, le invenzioni gergali di ‘don Antonio’, diventate celeberrime: come gli spaghetti “all’astrice”, lo spumante versato “a zeffunno” o l’esultanza tradotta in ‘Uanderfur’. Se ne andato, mettendo fine anche al suo passato controverso, sul quale neppure il successo televisivo è riuscito a mettere una pezza. Macchie giudiziarie sottolineate in un’interrogazione parlamentare firmata, anni fa, dagli esponenti di Sel Gennaro Migliore (oggi nel Pd e sottosegretario alla Giustizia) e Arturo Scotto che ricordavano come la Sonrisa fosse stata il set non solo di film o nozze trash, ma anche di matrimoni trasformati in alleanze criminali, come quella del 2004 tra la figlia di Luigi Giuliano e il figlio di Michele Mazzarella, pezzi da novanta della camorra napoletana. ‘don Antonio’ si sentì diffamato e querelò, ma il gip napoletano Eliana Franco gli diede torto e archiviò perché Migliore e Scotto avevano solo esercitato un legittimo ‘diritto di critica e di cronaca’.
Non fu l’unico scivolone di Polese. Prima ancora dell’ ‘incidente’ dell’interrogazione di Sel, il suo nome finì nel maxiblitz del 1983 contro Raffaele Cutolo. Era ritenuto uno degli imprenditori che aveva acquistato il castello di Ottaviano nel quale ‘o professore’ teneva i suoi summit criminali. Fu prima condannato a due anni e sei mesi per favoreggiamento, poi assolto.
Gli ultimi guai riguardano gli abusi edilizi alla Sonrisa, che hanno portato poche settimane fa alla confisca e al passaggio del ‘castello’ nel patrimonio del Comune. I giudici hanno stabilito che erano ‘insanabili’ i numerosi abusi edilizi dell’hotel a cinque stelle e che risalgono in un periodo compreso tra il 1979 e il 2011. Condannata a un anno la moglie del ‘boss delle cerimonie', mentre ‘don Antonio’ se la cavò perché non risultava l’effettivo proprietario della struttura.
Già nel 2011 la Sonrisa era finita sotto sequestro a causa di lottizzazioni abusive, ma il Tribunale di Torre Annunziata concesse il proseguimento dell'attività commerciale. Secondo il pm gli abusi edilizi iniziarono nel lontano 1979 quando l’area di circa 40 mila metri quadrati fu ampliata. Ecco cosa scrisse, cinque anni fa, il gip Nicola Russo: “Laddove era presente solo un fabbricato rurale, è stata compiuta un’attività edilizia, in assenza di titoli abilitativi o di titoli emessi in maniera illegittima, in violazione delle più elementari norme edilizie e urbanistiche e della normativa a tutela del paesaggio, che ha portato alla realizzazione di una imponente consistenza immobiliare con lo stravolgimento urbanistico dell’area”. Con la morte del ‘boss delle cerimonie’ rischia il de profundis anche la Sonrisa.