Roma, 4 luglio 2014 - Farà discutere il processo che si aprirà domani in Vaticano e che, alla sbarra del tribunale di Sua Santità, vedrà salire come imputato un prelato. Intanto, l’ultimo che in quell’aula di tribunale è andato a giudizio, il laico Paolo Gabriele, l’ex maggiordomo infedele di Benedetto XVI che diede l’avvio allo scandalo Vatileaks, conduce oggi una vita senza pace. Due anni fa nel maggio 2012 fu clamoroso prima il suo arresto — in casa gli furono trovati migliaia di documenti fotocopiati — , quindi la celebrazione del processo rilanciata dai media di tutto il mondo con la condanna per furto aggravato. Infine arrivò il perdono di Joseph Ratzinger nella sera di Natale e la possibilità dal febbraio 2013 di riprendere una nuova vita assunto da una cooperativa di servizi presso l’ospedale pediatrico Bambin Gesù. Iniziata peraltro lo stesso giorno che Benedetto XVI annunciava a dei cardinali increduli convocati per un concistoro di routine la sua storica rinuncia al papato.
Ma Gabriele non si è mai adattato al suo nuovo lavoro. Vi entrò sorridente l’11 febbraio dell’anno scorso, nella zona di San Paolo Fuori Le Mura, all’alba di una nuova vita. Ben presto, invece, il fatto di non vedersi mai affidate mansioni, il divieto di contatto con il pubblico, nessun compito da svolgere tutto il giorno confinato in una stanza semivuota (solo scrivania e computer), lo hanno gettato nel panico. Una situazione di stress psicologico tale da indurre il suo medico a prescrivergli continui congedi per malattia. Così Paoletto, ormai «depresso», al lavoro non si vede da mesi. A frustrarlo ulteriormente la promessa di coinvolgerlo in progetti della cooperativa che non si sono mai attuati e, soprattutto, a suo dire, il fatto che non si siano rispettate le disposizioni che Benedetto XVI avrebbe lasciato indicate per lui avendo a cuore, pur nel momento cruciale delle dimissioni, il bene e il futuro dei suoi figli, fortemente scossi dalle azioni del padre. In soldoni, uno stipendio adeguato e una casa vicina alla scuola dei ragazzi. La casa è invece troppo lontana e nello stipendio c’è da far rientrare l’affitto, di ‘soli’ 1400 euro. Dal Vaticano respingono le accuse di averlo ‘mobbizzato’ e fanno al contrario notare la generosità con cui si è trattato un caso che ha gettato un discredito senza precedenti sulla Chiesa, mettendone a nudo come non mai le lotte di potere interne.
A oggi Gabriele non ha mai rilasciato interviste né esclusive, ma certo l’ex cameriere dal Papa che rubò dalla sua scrivania i documenti più riservati del pontificato potendo contare sull’illimitata fiducia riposta in lui, sa di essere potenzialmente seduto su una montagna di soldi. Innumerevoli sono le proposte che ha ricevuto dall’Italia e dall’estero: libri, film, ospitate tv, copertine di riviste. Nessuno finora è riuscito ad aggiudicarsi la sua ‘verità’ né i segreti dell’appartamento papale che in virtù del ruolo che ricopriva Gabriele custodisce. L’ex maggiordomo ha tenuto un profilo bassissimo consigliato anche da antiche amicizie Oltretevere cui è ancora legato. La risoluzione del contratto con la cooperativa collegata col Vaticano sarebbe però vicina.