Bologna, 1 agosto 2016 - I più giovani pensano fosse un film e dal loro punto di vista non sbagliano, visto che Ron Howard alla storia ha dedicato una bellissima pellicola, intitolata «Rush».
Ma era tutto vero e le cicatrici sul volto di Niki Lauda, oggi manager Mercedes, stanno lì a ricordare la differenza che passa tra fiction e realtà. 1° agosto 1976. Quarant’anni fa. Un altro Gran Premio di Germania. Lauda campione del mondo in carica a bordo della amata Ferrari. Il circuito del Nurburgring, quello vecchio, lungo oltre venti chilometri. La pioggia. Una sbandata. L’impatto contro le rocce. Il rogo. Niki si salvò perché Arturo Merzario, suo collega, ebbe il coraggio di lanciarsi tra le fiamme, aiutato da altri piloti. Fu un gesto eroico, una testimonianza di coraggiosa solidarietà tra Cavalieri del Rischio.
Superate le conseguenze dell’incidente, Lauda rifiutò la parte del malato lungo degente: quaranta giorni dopo, incredibilmente, stava già in pista a Fiorano, per convincere Enzo Ferrari che nulla aveva perso del suo talento di campione. Il resto è leggenda, ancora pulsante quattro decenni dopo quel fuoco. Tre volte iridato (rivinse il titolo nel 1976 con la Rossa e nel 1984 con la McLaren), oggi Niki Lauda è il supervisore di una Mercedes che sta demolendo tutti i record della Formula Uno. Non per caso: tra fuoriclasse ci si intende.