
Silvia Veratti
Rio de Janeiro, 6 settembre 2016 - Silvia Veratti è stata una promettente amazzone di salto ostacoli e a suo tempo ha lavorato anche con campioni del calibro di Gianni Govoni e Natale Chiaudani. Bolognese, classe 1961, grinta da vendere, pensava a una carriera da professionista e così insieme al marito acquistò una scuderia sull'Appennino. Quando il sogno sembrava realizzarsi arrivò quella fatale caduta da un cavallo riottoso, che la costrinse ad appendere la sella al chiodo. Era il 1997, l'equitazione paralimpica era agli quasi sconosciuta, tutto sembrava impossibile.
Ma già l'anno dopo Silvia Veratti rimontò in sella con l'aiuto dell'AiaSport al Gese di Bologna, storico club del capoluogo emiliano: dovette re-imparare un modo nuovo di stare a cavallo, a condurlo con una tecnica diversa. Però la stoffa è stoffa e così nel 1998 arrivò quello che era sembrato impossibile solo pensare: vinse il campionato italiano disabili e da allora i suoi successi si ripeterono frequenti, anche in campo internazionale: bronzo individuale ai Mondiali disabili '99, disputò negli anni successivi altri due Mondiali e tre Paralimpiadi (Sidney, Pechino e Londra).
Dopo Londra 2012 una serie di incidenti consecutivi rischiarono di farla smettere per sempre: quattro fratture ai femori, altrettante operazioni, due mesi a letto, sei senza montare a cavallo. Una batosta da mettere a terra un gigante. Ma quando, arrivò la telefonata di Laura Conz, responsabile federale del paradressage, tutte le forze residue di Silvia Veratti, che sembravano sopite e invece erano soltanto addormentate, le consentirono una ripresa formidabile.
Cosa le disse Laura Conz per convincerla? "Mi ricordo benissimo la telefonata, la frase semplice e diretta: 'Dato che hai ancora il tuo cavallo, disse, perché non torni in squadra e pensiamo a disputare i mondiali? Ti sto aspettando".
Una grande stimolo da parte del tecnico della Nazionale, è così? "Sì una motivazione fortissima, anche se l'impegno era enorme e non volevo illudermi. Però considerai che se nel 2015, dati i problemi, non avevo avuto un periodo costante con Zadok, questa volta mi sarebbe stato possibile lavorare con lui con più regolarità. Infatti sono arrivati i risultati e ho ottenuto la qualifica per Rio".
Lei possiede e conosce Zadok ormai da diversi anni, questo l'ha aiutata a riprendere rapidamente? "E' un olandese Kwpn di 12 anni, piuttosto caratteriale ma molto affettuoso. Abbiamo stabilito una buona intesa ed è per questo che otteniamo risultati".
Come e dove si allena, ha chi l'aiuta, anche economicamente? "Vivo abbastanza isolata nella mia scuderia sull'Appennino tosco-emiliano, da lì è difficile relazionarsi con le persone, quindi anche con gli sponsor. Diciamo che serve qualche sacrificio".
Come vive il rapporto con i suoi compagni di squadra? "Con questa squadra e con il tecnico ho un buon rapporto. E' un aspetto molto importante, perché per affrontare lo sport agonistico serve, oltre alle motivazioni giuste, la serenità che consente di concentrarsi e pensare agli obiettivi. Certamente a Rio sarò concentratissima".