Rio de Janerio, 23 agosto 2016 - «I nostri campioni e le nostre campionesse sono l’immagine del Paese. E naturalmente sognano di poter vivere la stessa esperienza appena provata dai loro colleghi brasiliani. Una Olimpiade in casa, a Roma, nel 2024...». Giovanni Malagò arriva sfinito alla meta. Da presidente del Coni, era al debutto sul palcoscenico dei Giochi estivi. «È stata una sofferenza, non ci siamo fatti mancare niente – esclama –, ma credo di tornare in patria a testa alta, con l’orgoglio di aver bene rappresentato l’Italia, grazie agli azzurri e alle azzurre. Per i risultati e soprattutto per i comportamenti ineccepibili di ognuno».
A casa la aspetta la signora Raggi, il sindaco di Roma...
«Ci incontreremo, parleremo con calma. Il confronto con il Comune è previsto da tempo. La mia, la nostra posizione la conoscete. Lo sport italiano considera l’Olimpiade una straordinaria opportunità per Roma, le opere e le infrastrutture necessarie per ospitare i Giochi sono esigenze della città. Vedremo».
A livello internazionale come state promuovendo la candidatura?
«Qui a Rio ci siamo mossi nel modo giusto. Tra i membri del Cio che voteranno a Lima tra un anno stiamo riscontrando simpatia e complicità. Ci vogliono pazienza, educazione e stile».
Le imprese olimpiche dei nostri atleti magari possono aiutare, no?
«Adesso posso dirlo: all’inizio di questa Olimpiade speravo in venticinque medaglie, stavolta il programma non prevedeva il fioretto a squadre femminile e la sciabola a squadre maschile. Ne sono arrivate ventotto! E ho qualche rimpianto...».
Troppi quarti posti, caro presidente.
«Una decina, se non ricordo male, fino all’ultima beffa delle farfalle, giù dal podio per una frazione di punto. Ma dicevo che non ci siamo fatti mancare niente. Posso fare due esempi?»
Prego.
«Prendete Nibali il ciclista e Mangiacapre il pugile. Due infortuni assurdi, due medaglie svanite. Eh, anche il destino incide, in una Olimpiade. E non dimentico Tamberi, il saltatore, si è fatto male a ridosso dell’evento».
Per tacere di Schwazer, il marciatore.
«Non commento la sentenza, anche se avrei tanto da dire su tempi e modi del processo. Fino all’ultimo ho sperato non fosse squalificato, vinceva sicuro».
Comunque l’atletica leggera è il nostro buco nero.
«Con Tamberi e con Schwazer faremmo altri discorsi. Comunque è vero, l’atletica deve rimboccarsi le maniche, cambiare rotta».
Scherzando, potremmo dire che almeno sono soldi risparmiati sui premi!
«Invece li avrei sborsati volentieri! Pagheremo 5,4 milioni lordi agli atleti saliti sul podio. Il medagliato più giovane è Giannelli, pallavolista ventenne. Il più anziano è Pellielo, tiratore 46enne. L’elenco dei nostri campioni rispecchia la geografia del paese, 13 regioni hanno contribuito al bottino».
Molte nazioni vincono tanto con atleti naturalizzati...
«Noi abbiamo avuto 9 medaglie da persone nate fuori dalla penisola e ne andiamo fieri. A Londra furono 5».
Il mondo cambia, ma la finale del volley no: la perdiamo sempre...
«Ah, ci tenevo tantissimo, sarebbe stato l’oro più bello, un premio a un movimento che ci prova da un quarto di secolo. Ma bisogna accettare la legge dello sport, onestamente i brasiliani sono stati più forti».
Magari dovremmo giocarla in casa, la finale della pallavolo.
«L’ultimo giorno di Roma 2024, sì...»