Rio de Janeiro, 6 agosto 2016 - «Spendendo la metà di quello che un governo sborsa per comprare un aereo da guerra, stanotte manderemo al mondo un messaggio di pace e tolleranza». C’era un ragazzo che come lui amava i Beatles e i Rolling Stones. Lui: Marco Balich, italiano di Venezia, classe 1962. Produttore esecutivo della cerimonia inaugurale della Olimpiade brasiliana.
Un evento capace di incollare due miliardi di persone davanti alla televisione. Ma anche un momento destinato ad alimentare le rituali, persino scontate polemiche. Ha senso per una nazione come il Brasile, squassata da una crisi morale senza precedenti, dissipare più di 150 milioni di dollari per una notte di baldoria? E i fiumi di denaro, investimenti per miliardi, utilizzati per costruire impianti faraonici, come si conciliano con la miseria permanente delle favelas? Una volta per i Giochi si sospendevano le guerre. Non è che oggi invece sono, i Giochi, un pretesto per evitare la realtà, cioè l’Olimpiade si sta trasformando in un’arma di distrazione di massa?
Ma non spetta al geniale Balich rispondere. Anzi, la sua è la storia di un italiano moderno, divenuto il Federico Fellini dei giorni nostri, l’immaginifico regista che confeziona esibizioni destinate a restare nella memoria. Se tutto funzionerà, dall’una di notte (per voi) in poi. «Ho cominciato facendo l’assistente delle grandi band musicali quando venivano a esibirsi in Italia – ricorda Balich –. Ho un ricordo memorabile del concerto che gli U2 tennero a Modena nel 1987...»
E come si arriva dal retropalco alla regia di Rio 2016? «Ah, in fondo è la stessa cosa. Io mi sono specializzato nel proporre emozioni. L’ho fatto a Torino nel 2006 per i Giochi invernali, a Pechino nel 2008, con l’Expo...».
Ma cosa c’entra un italiano con i sentimenti brasiliani? «Sono l’esecutore della creatività altrui. Lavoro con un team di artisti locali. Loro ci mettono le idee, io le realizzo».
Che spettacolo vedremo? «Fantastico».
Viva l’autostima. «Beh, sono bravi loro, i brasiliani. Questa è una terra che tra mille contraddizioni propone un modello di convivenza pacifica, di integrazione tra razze e culture diverse. Del resto, il Brasile da solo è un continente».
È anche un Paese scosso dagli scandali e dalla crisi. «Lo so, lo so. Faccio avanti e indietro da Rio ormai da tre anni e in questo periodo molte cose sono cambiate, non in meglio».
C’è anche chi pensa che per il Brasile questa Olimpiade sia uno spreco, come già il mondiale di calcio del 2014. «Non sono d’accordo. Qui vivono l’evento come una testimonianza di orgoglio, come la riaffermazione di una identità più forte della corruzione».
È vero che lo show inaugurale punterà moltissimo sulle tematiche ambientali, ispirandosi alla enciclica di papa Francesco? «Certamente. Non posso dare anticipazioni sulle dinamiche dello spettacolo, ma l’idea forte è che l’Olimpiade sia un modello per un pianeta da preservare. In Brasile c’è la foresta amazzonica, il polmone della Terra. Tutto si tiene».
Quanto durerà l’inaugurazione? «Staremo nelle tre ore, sfilata delle nazioni compresa».
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.Lo sa che lei, Balich, potrebbe essere il primo vincitore italiano a Rio 2016? «Beh, da tifoso di azzurri e azzurre spero di non essere l’ultimo...»