1) Ci si reinfetta di Covid- 19 e perché?
Una dichiarazione dell'Oms ribadisce che, sulla base delle conoscenze, essere guariti da una infezione da Coronavirus che ha prodotto anticorpi nel sangue non è sinonimo di immunità. Sappiamo ad esempio che chi ha passato il morbillo o la rosolia mantiene una protezione duratura. Al contrario, ogni anno l'influenza si ripresenta. "Al momento sappiamo solo che gli anticorpi dopo l'infezione da Covid-19 si formano, ma non abbiamo idea se poi proteggono, dato che il virus è nuovo. Servirà tempo per sapere se si possono dare patenti d'immunità", ha affermato Massimo Andreoni, direttore scientifico della Società italiana malattie infettive e tropicali (Simit). "Oltre alla risposta attraverso immunoglobuline, misurabili con i test sierologici, nelle malattie respiratorie è importante anche la cosiddetta immunità cellulo-mediata". La speranza, sottolinea Andreoni, è che il Sars-CoV-2 si comporti da questo punto di vista come gli altri coronavirus, ma è ancora presto per capire che piega prenderà la cosa.
2) Nella Covid-19 posso avere ricadute anche più gravi?
Un'infezione da Coronavirus potrebbe ripresentarsi anche in forma ingravescente, con segni quali la febbre, e complicanze quali la famigerata tempesta infiammatoria, l'abbassamento della tensione di ossigeno nel sangue, condizioni che, se trascurate, possono dare quadri via via più gravi. Sorvegliare con tampone gli operatori sanitari già guariti, e positivi al test sugli anticorpi, serve a prevenire una eventuale recidiva. Per questo, in caso di sintomatologia manifesta o di positività al test, anche il personale rientrato in servizio dopo la guarigione da Covid-19 andrebbe sottoposto a tampone periodico, onde scongiurare una reinfezione.
3) Quando avrò la certezza di essere guarito?
Per dichiararsi guarito, una volta che si sia ristabilito, un paziente deve essere sottoposto a due tamponi per la ricerca di SARS-CoV-2, esami effettuati in tempi diversi, consecutivi tra loro, entrambi con esito negativo. Ci sono persone che si negativizzano abbastanza presto, altre che impiegano settimane per liberarsi definitivamente dal virus. Per decretare la scomparsa dell'RNA virale nel sangue circolante sono invece richiesti test molecolari sofisticati, anche questi devono avere esito negativo.
4) Le donne si ammalano più o meno degli uomini?
Le donne si contagiano più o meno quanto gli uomini (49% maschi 51% femmine) perché questo virus riesce a fissarsi alle cellule tramite recettori che trova espressi nei due sessi. Tuttavia, solo il 36% dei decessi riguardano donne. Ci sono varie ipotesi. La donna in età fertile ha un corredo immunologico ormonale che la protegge, e mantiene una relativa resistenza anche dopo la menopausa, tanto è vero che la donna batte l'uomo in termini di longevità, la femmina vive in media cinque anni più del maschio. La donna evidentemente possiede difese che la rendono, il più delle volte, meno vulnerabile di fronte al Covid-19.
5) Rischio focolaio in famiglia, come tutelarsi?
Come ha riferito il presidente dell'Istituto superiore di sanità, l'ambito familiare è uno dei contesti dove ci si ammala di più, secondo solo alle residenze sanitarie per anziani come incidenza. Quando uno dei componenti del nucleo familiare rientra a casa, dopo una uscita per lavoro o per altre necessità, rischia di portare dentro il virus in maniera inconsapevole; virus che in tempi successivi, con effetto domino, potrebbe passare ai conviventi. Diventa pertanto necessario isolare a livello domestico chi si ammala. “I bambini in particolare, sono chiusi in casa da settimane. Se dovessero manifestare sintomi di tipo influenzale devono essere considerati casi sentinella di trasmissione intra-familiare del SARS-CoV-2, anche se gli adulti con cui convivono risultano asintomatici”, afferma Paolo Biasci, presidente della Federazione italiana medici pediatri (Fimp). Come tutelarsi? Eseguire tamponi e analisi sierologiche, rilevare i casi positivi e gli immuni, mappare l’epidemia senza rompere l’isolamento domestico.
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