Roma, 10 dicembre 2014 - Solo un fatto tecnico, spiega la minoranza Pd per allontanare da sé lo spettro di un segnale politico a Palazzo Chigi. Resta il fatto che la cronaca di oggi registra il governo battuto in commissione Affari costituzionali alla Camera, sul voto di 2 emendamenti al ddl riforme, uno di Sel e l'altro della minoranza Pd, che eliminano dall'attuale testo del ddl i 5 senatori di nomina presidenziale, che rimangono in carica per 7 anni. Conseguenza formale, rispetto all'impianto delle riforme, è dunque che, di fatto, con l'approvazione di questi due emendamenti il Senato sara sarà composto solo da 100 senatori eletti nei consigli regionali e non ci saranno più, invece, i 5 senatori di nomina presidenziale.
La conseguenza politica, appunto, è quel ko per il governo, battuto per 2 soli voti. Alcuni presenti al momento della votazione riferiscono che anche Francesco Sanna, esponente della maggioranza Pd, non ha votato, essendo assente al momento della votazione. Un ruolo determinante però l'ha avuto il voto favorevole del 'frondista' di Forza Italia Maurizio Bianconi. Se, infatti, Bianconi avesse votato in accordo con il suo gruppo - che si è espresso contro i due emendamenti di Sel e della minoranza Pd - i voti sarebbero stati pari, cioè 21 a 21 e, in questo caso, in Commissione avrebbe prevalso il voto contrario, come avviene quando si riscontra la parità tra i voti a favore e quelli contrari.
Era un "emendamento tecnico", quindi, "non è un voto politico". Spiega così il 'fattaccio' l'esponente della minoranza Pd Alfredo D'Attorre. Tutti gli emendamenti inerenti la materia erano stati accantonati nella giornata di ieri per verificare se era possibile trovare un'intesa. "Erano emendamenti tecnici su cui c'era una larghissima condivisione, non si capisce perché - osserva - il governo ha dato parere negativo. Quanto è successo conferma che sui punti centrali della riforma la Commissione deve decidere. C'è l'impegno di tutti nel Pd a non toccare i pilastri della riforma, ma deve prevalere la discussione in Commissione". D'Attorre ricorda che "ci sono altri nodi" ancora da sciogliere e "mi auguro che l'atteggiamento dei relatori e del governo sia diverso, rimettendosi all'orientamento che emerge in Commissione". "Non ero presente alla votazione, ma non c'è alcuna implicazione politica nel mancato voto", chiarisce Francesco Sanna.
Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi: "Non c'è nessun timore" per il prosieguo del percorso delle riforme, "la parola finale spetta all'Aula". Un voto politico? "Il dato politico è in Aula", aggiunge. "Vedremo se l'Aula confermerà" la modifica, apportata oggi all'articolo 2 del testo del ddl. Ma il responsabile delle riforme del Pd, Emanuele Fiano, protesta: "In politica e all'interno di un partito non si mandano mai sotto il governo e il suo capogruppo. È una questione di patti tra gentiluomini". Furioso su twitter Roberto Giachetti: "I frammenti di minoranza finalmente si uniscono. Obiettivo, impallinare il governo". Il vicepresidente della Camera e deputato Pd, dopo il voto della minoranza Pd in commissione Affari costituzionali sulle riforme, domanda "con amici così a che servono i nemici?" e si risponde: "Elezioni subito".
I frammenti di minoranza finalmente si uniscono. Obiettivo impallinare il governo. Con amici così a che servono i nemici? Elezioni subito
— Roberto Giachetti (@bobogiac) 10 Dicembre 2014
In serata dura presa di posizione del premier Matteo Renzi: "Pensano di intimidirci, ma non mi conoscono: credono di mandarci sotto per far vedere che esistono, anche a costo di votare con Grillo e Salvini", dcie ai suoi. "Non vale la pena di arrabbiarsi - continua - andiamo avanti, c'è un Paese da cambiare. Oggi abbiamo lavorato sull'Ilva, altri preferiscono giochetti parlamentari".