Roma, 13 dicembre 2017 - Professor Armaroli, quando ha visto il tweet di Grasso sul sito del Senato, cosa ha pensato? «Sono sobbalzato».
Una scivolata semplice o un errore politico grave? «Una grave scivolata politica, direi così. Già era singolare la tesi di Gianfranco Fini, quando era presidente della Camera, secondo il quale in Aula bisognava essere imparziali, mentre fuori si poteva dire un po’ tutto quello che passava per la testa. Ecco già questa tesi era azzardata, anche se è stata fatta propria da Fini; è addirittura un’enormità il fatto che all’interno del Senato, il presidente del Senato ritenga perfettamente legittimo mettere il proprio simbolo sulla sua figura. E mi spiego...».
Prego. «Fino alla tarda mattinata di ieri, sul sito ufficiale del Senato, sotto il profilo del presidente Grasso, figurava in bella evidenza il simbolo del nuovo partito ‘Liberi e Uguali’. Sarebbe lo stesso se il presidente Grasso si presentasse a presiedere l’Aula con un cappellino con sopra il simbolo del proprio partito. È incredibile. Non credo che in tutto il mondo sia avvenuta mai una cosa del genere...».
Non lo sappiamo, qui è successa, però... «Le massime cariche dello Stato, dal presidente della Repubblica ai presidenti delle Camere, non solo devono essere imparziali, ci mancherebbe altro, ma devono anche apparire tali. In questo caso si è stracciata ogni regola. Ricordavo, questa mattina, il caso del presidente della Camera, Francesco Crispi, che nel 1877, nella seduta del 2 marzo, si fece cancellare dalla chiama. Da allora in poi, i presidenti delle Camere non hanno più esercitato il diritto di voto proprio per sottolineare la loro terzietà e imparzialità».
Cose lunari rispetto ad oggi. «Tutto questo è venuto meno nella maniera più clamorosa. Francamente mi domando, pur avendo massimo rispetto per l’alto magistrato che bene ha servito, in passato, la Repubblica, se non sia il caso di trarre le logiche conclusioni di un episodio che non ha precedenti nella storia patria».
Dunque, da un errore, per altro marchiano, lei farebbe dimettere Grasso prima del tempo. «Ho detto che dovrebbe trarre le conclusioni, e mi fermo qui. Io non seguo più le sedute del Senato come una volta, ma quelle poche volte che l’ho fatto mi sono accorto che Grasso non è il massimo. Non tocca palla. Io credo che nella storia d’Italia, tranne in rare eccezioni, non si è mai visto diventare presidente del Senato una persona che non ha mai fatto prima attività parlamentare. Anche la Pivetti, che era giovanissima, aveva fatto un minimo di legislatura... Insomma, sapeva di cosa parlava».
Furono scelti, sia Grasso che la Boldrini, come esponenti della società civile, lontani dai politici di professione. «E guardi come siamo finiti!! Una volta c’era il neorealismo cinematografico, mentre ora c’è il neorealismo applicato alla politica, la gente si prende dalla strada e poi non danno niente... Ho un libro nel cassetto e ho già un titolo pronto, Elogio dei senatori a vita . Perché alla fine, gli unici che hanno lasciato un segno sono quelli che già erano in politica prima di arrivare in alto, non gli improvvisati».