Roma, 10 dicembre 2016 - SALVO sorprese, la spunterà lui. Quando il presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo incaricherà ufficialmente di formare il nuovo governo, gli esponenti delle diverse aree politiche che l’hanno visto nascere crescere e cambiare più volte pelle, inarcheranno le sopracciglia e sorrideranno per questo scherzo del destino: il loro nobile scudiero sbalzato in prima fila. Possibile traghettatore della Repubblica sino alle attese nuove elezioni con legge da inventare. Paolo Gentiloni Silverj, 62 anni, romano di alto casato marchigiano con stemma e radici tra Macerata, Cingoli e Filottrano, è un finto outsider della politica italiana. Capace di ascese felpatissime, scrutando da vicino il potere o combattendolo in conto terzi, ma anche – e soprattutto – lavorando alla rifinitura di un profilo inappuntabile. Democratico, europeista, ambientalista e ora anche atlantista. Missione compiuta. Già quando Matteo Renzi l’aveva promosso agli Esteri al posto di Federica Mogherini, a qualcuno la grazia era sembrata eccessiva. Il classico errore di valutazione usando un metro rigido, anziché la fettuccia per seguire e misurare il prescelto nelle traiettorie di una biografia fuori dal comune. Nato in ambiente cattolico (il Patto Gentiloni per la discesa dei credenti in politica, un secolo fa, fu parto di famiglia con il tacito accordo di Pio X), cresciuto catechista (assieme ad Agnese Moro), prime occupazioni al ‘Tasso’, per amore della politica il giovane Paolo fugge anche di casa. A Milano i primi contatti con il Movimento studentesco. Poi con Mario Capanna. Anni gruppettari. Anatemi, confluenze, scissioni. Altro che Leopolda. Democrazia Proletaria? No grazie. Resta nel Movimento Lavoratori per il Socialismo (Mls) sino alla sua unificazione con il Partito di unità proletaria per il comunismo (il Pdup di antica memoria). Compagni di quegli anni sono Ermete Realacci e Chicco Testa. Scatta – per tutti – la folgorazione ambientalista. Il passaggio al giornalismo e la direzione di Nuova Ecologia santificano la svolta. NEL 1993 riecco la politica: sette anni da portavoce del sindaco di Roma Francesco Rutelli che poi lo promuove assessore al Turismo e al Giubileo: in Vaticano Gentiloni gioca in casa. Con Rutelli è tra i fondatori della Margherita. Entra in parlamento nel 2001 da ulivista convinto. L’incarico di presidente della Commissione di vigilanza sulla Rai, nel 2005, gli dà una marcia in più. Nel secondo governo Prodi (2006-2008) è ministro delle Comunicazioni. Tenta invano di riformare la legge Gasparri e per questo Berlusconi lo detesta. Nel 2007 è tra i 45 fondatori del Pd. Nel 2012 si candida alle primarie del centrosinistra per sindaco di Roma. Arriva terzo dopo Ignazio Marino e David Sassoli. Un passo falso? Sì, ma anche una benedizione: evita bilanci marci, sampietrini sconnessi, agguati grillini. Riparte sotto traccia e appoggia Renzi. Ricompensato con la Farnesina, non demerita: sopravvive alle crisi in Ucraina e Libia, riporta a casa i marò (in attesa del processo). Ora gioca la partita della vita. Un po’ per Renzi, un po’ per sé.
PoliticaNobile, ecologista e cattolico. Gentiloni pronto al grande salto