Ilva, stallo con ArcelorMittal. Prende quota la nazionalizzazione

Gli indo-francesi insistono su tutele legali e 5mila esuberi. I sindacati: se vanno via, avanti i commissari. E poi cordata con Cdp

Un grafico che riassume la situazione legata all'Ilva

Un grafico che riassume la situazione legata all'Ilva

ROMA, 8 novembre 2019 - O si trova un accordo decente con ArcelorMittal, oppure Ilva tornerà ai commissari straordinari, quindi allo Stato. E si andrà per vie legali in quella che Conte già chiama "La battaglia del secolo". E se poi non si troveranno nuovi acquirenti, la nazionalizzazione non è affatto esclusa. Questa è la linea del governo: sì al dialogo con ArcelorMittal ma niente ridiscussione del piano industriale, niente riduzione della produzione e niente 5mila esuberi. Al Mise sarebbero disponibili a mettere sul piatto un raddoppio delle casse integrazioni, da 1.200 a 2.500 persone. Ma non a discutere un solo licenziamento. "Aspetto di riparlare con la famiglia Mittal nelle prossime ore, poi vedremo", dice il premier. Conte glissa sulla spaccatura dei 5 Stelle sullo scudo legale, al quale Di Maio ha fatto capire anche ieri di essere contrario, e torna a ribadire di averlo messo sul tavolo. "Se il problema è lo scudo penale – ha detto a Porta a Porta – compattamente il governo è coeso e offre ad horas lo scudo". Che sia coeso e pronto a votare lo “scudo“ è un disinvolto esercizio retorico di Conte, ma che il problema non sia lo “scudo“ è ormai evidente a tutti.

"Il signor Mittal – ha detto il premier incontrando a Palazzo Chigi i sindacati e gli enti locali al tavolo sulla crisi – ci ha detto che non era questo il problema. Il tema era che l’investimento non era per loro più sostenibile. E noi non ci stiamo". Come dirà alla Camera il ministro dello Sviluppo Economico Stefano Patuanelli: "Mittal ha detto che non è in grado di rispettare il piano industriale e occupazionale, e il governo questo non può accettarlo. Ne va della serietà del nostro Paese". Ora tutto dipende da ArcelorMittal, il governo è pronto a tutto, anche alle carte bollate. "Sono convinto che arrivare alla battaglia legale ci vederebbe tutti perdenti – dice Conte – ma se ci sarà un contenzioso legale sarà la battaglia del secolo". Conte è così convinto che ci si arriverà che ha anche chiesto alle istituzioni locali di sostenere come parti civili lo Stato italiano. Chi è a favore della battaglia legale è Di Maio, che non può e soprattutto non vuole forzare sul ripristino dello scudo penale, inviso a una cospicua parte dei gruppi. Se il tema si porrà come decisivo per l’ex Ilva o per la sorte del governo Di Maio lascerà che siano i gruppi a decidere ma per ora la scelta tattica è usare la battaglia legale per deviare l’attenzione dalla spaccatura nella maggioranza. "Se una multinazionale ha firmato un impegno con lo Stato – dice Di Maio – lo Stato deve farsi rispettare, chiedendo il rispetto dei patti e facendosi risarcire i danni".

Ma i sindacati non sono favorevoli. "Credo che la via legale sarebbe troppo lunga e alla fine ci ritroveremmo la fabbrica chiusa. Chiediamo che l’azienda rispetti gli accordi e che il governo faccia per decreto lo scudo penale e se ne faccia garante" osserva il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan. "Se Mittal dovesse effettivamente disimpegnarsi – ha detto Conte – il primo step sarebbe la gestione commissariarle al Mise", dopodiché si aprirebbe la ardua ricerca di nuovi compratori, e nella cordata ci potrebbe essere anche Cdp. "E’ chiaro – ha detto Conte a Porta a Porta – che questa alternativa può essere presa in considerazione, a patto che salvaguardi gli investimenti produttivi, realizzi il piano ambientale e che garantisca la salvaguardia dei livelli occupazionali". A chi gli chiedeva dell’ipotesi di una vera e propria nazionalizzazione, Conte ha risposto così: "Vedremo gli strumenti migliori. Stiamo già valutando tutte le possibili alternative, ma non ha senso concentrarsi adesso su questo".

Per la nazionalizzazione si è già espressa Leu e anche il Pd, obtorto collo, è disponibile. "Per risolvere il caso Ilva come governo siamo pronti a tutto" ha detto il ministro alle Infrastrutture, Paola De Micheli. "Noi – osserva Patuanelli – non possiamo lasciare che un imprenditore che non è riuscito a mantenere gli impegni lasci le cambiali a questo Paese, è una questione di sovranità nazionale. La questione siderurgica è centrale: dobbiamo continuare a produrre acciaio". Con o senza ArcelorMittal.