Roma, 13 dicembre 2017 - Sito istituzionale o sito di parte? ‘Foglioline’ o donne? Presidente del Senato o leader di una nuova forza politica (Leu: Liberi e uguali)? Il dilemma, per Pietro Grasso, protagonista ieri di una gaffe che ha almeno in parte minato il suo ruolo super partes , inizia a farsi stringente. Domani, al tradizionale incontro con la stampa parlamentare per gli auguri di Natale, forse Grasso scioglierà definitivamente il nodo gordiano, anche se tutti escludono che possa, entro breve, dimettersi per lanciarsi, da libero e uguale, nella corsa per il voto.
Il Colle più alto, quello del Quirinale, è però preoccupato. Sergio Mattarella nei giorni scorsi avrebbe espresso, pur se con il suo tono cortese, un cruccio ai suoi: ho grande rispetto per Pietro, la sua storia, il suo ruolo e la sua figura, ma io, al suo posto, non mi sarei comportato così. Motivo: Grasso è pur sempre la seconda carica dello Stato. Certo, formalmente, i problemi sono minori di un tempo. Per esempio, Mattarella è il primo presidente che, quando è all’estero, non si fa più ‘sostituire’ dal presidente del Senato, nonostante questi avrebbe per la Carta il ruolo di capo dello Stato supplente. Infatti, ormai, telefoni satellitari e wifi rendono immediate le comunicazioni e inutile la supplenza.
Ma se Mattarella avesse un serio problema di salute (successe, per dire, ad Antonio Segni che venne sostituito da Cesare Merzagora) sarebbe Grasso a tenere ad interim il ruolo di capo di Stato di certo fino all’elezione dei presidenti delle nuove Camere. E se Grasso si dimettesse? Sarebbe la Boldrini, attuale presidente della Camera e terza carica dello Stato, a far sventolare su palazzo Montecitorio la bandiera italiana. Già, peccato che, a sua volta, Boldrini stia per buttarsi anche lei in politica, nello stesso partito di Grasso: Leu.
La sua discesa in campo, sostenuta dagli ultimi ‘pisapiani’ di sinistra rimasti orfani di Pisapia, avverrà il 22 dicembre, dopo che la Camera avrà archiviato il voto sulla Stabilità, in un’assemblea nel quartiere ‘rosso’ di Roma, San Lorenzo.
Ma tornando al casus belli di Grasso, ieri succede che, sulla homepage del sito (un sito super-istituzionale) di palazzo Madama, dove pagine intere sono dedicate al presidente, fa capolino il logo del nuovo partito: Leu, Liberi e uguali. Simbolo che, peraltro, solo il giorno prima aveva dato la stura a un’altra messe di polemiche. Molte donne – specie le femministe – protestano indignate perché in tv, da Fabio Fazio (su Rai1), Grasso parla della ‘e’ congiunzione del logo come se volesse derubricare le donne a delle ‘foglioline’. Il paragone, in realtà, lo fa Fazio, ma la polemica divampa.
Lo scivolone di ieri risulta però ben più imbarazzante. Il cinguettio «Ecco il simbolo di Liberi e Uguali, una nuova proposta per il Paese» spunta, nella homepage di Grasso, vicino ai normali impegni, discorsi ed eventi ufficiali. Si tratta della svista di chi si occupa del sito: la colonna di Twitter e la pagina personale su Facebook di Grasso scorrono in modo automatico, ma la frittata è fatta. Il Pd attacca, Augusto Minzolini (FI) parla di «sito da Corea del Nord» e i social non perdonano neppure quest’altra gaffe. Grasso, e presto anche la Boldrini, nel convulso finale di legislatura, faranno i presidenti delle Camere o i leader dello (stesso) partito? In ogni caso, Matteo Renzi schiva le domande dirette sul ruolo di Grasso e fa sapere che la campagna elettorale del Pd non sarà impostata a una guerra fratricida con Leu, ma contro destre e M5S.