Roma, 9 giugno 2017 - IN UNA SITUAZIONE senza bussola come quella attuale, le amministrative possono servire a FI, Lega e Fd’I da orientamento per il futuro. Più che un banco di prova di una strategia decisa a tavolino, possono funzionare da cartina di tornasole per il progetto da realizzare alle prossime politiche, specie in caso di voto anticipato. Se la coalizione – che si presenta compatta al Nord quasi ovunque – funziona, è chiaro che questo risultato indicherà ai tre soci che la strada da seguire è quella unitaria. Ovviamente la legge con cui si andrà a votare non è una variabile di poco conto, però tutto lascia pensare che con un responso positivo delle urne a Genova, Padova o Verona è quasi inevitabile per Berlusconi, Salvini e Meloni presentarsi insieme al Senato, soprattutto se il sistema elettorale sarà quello uscito dalle sentenze della Consulta, pur con qualche piccola modifica. Uniti rischiano di vincere a Palazzo Madama a scapito di Pd e M5S. È chiaro che, a quel punto, il Cavaliere si precluderebbe o quanto meno si complicherebbe molto l’ipotesi di andare al governo con il Pd.
A TAL PROPOSITO, Palermo si conferma un laboratorio nazionale. Nel capoluogo siciliano Forza Italia balla da sola, puntando le sue fiches su Fabrizio Ferrandelli, candidato cinque anni fa dai democratici contro Leoluca Orlando che oggi è in campo per Renzi, mentre la scorsa tornata amministrativa si riprese Palazzo Delle Aquile con la casacca di Italia dei valori, Verdi, Rifondazione, Comunisti italiani. Come nel gioco delle tre carte, cambiano i partiti, non le persone. «Orlando e Ferrandelli rappresentano due facce della stessa sinistra: un anticipo dell’inciucio che FI e Pd stanno tentando a livello nazionale», sottolinea Francesco Lollobrigida, responsabile nazionale dell’organizzazione di Fd’I. Che insieme ai leghisti sostengono La Vardera. Ciò significa che potrebbe partire dalla Sicilia quella lista unica sovranista che il Cavaliere vede come il fumo negli occhi. Anche perché, in quel caso, la golden share dell’alleanza finirebbe nelle mani di Salvini che freme per essere incoronato leader del centrodestra. Vero è che gli azzurri mugugnano per avere concesso «troppi candidati» al Nord agli amici-rivali del Carroccio però... Però: al netto della pessima performance parlamentare del patto sul sistema tedesco, il dialogo con Renzi sulla legge elettorale ha dato nuova linfa a Berlusconi che si sente «più credibilmente» in campo.
GLI OCCHI di tutto il centrodestra sono puntati su Genova: i pentastellati avrebbero potuto piantare una bandiera importante nella città di Beppe Grillo ma arrivano al voto con tre candidati, il centrosinistra appare fragile e dunque la coalizione può sperare nel colpaccio con Marco Bucci, sostenuto – in conformità con il modello Liguria – anche dai centristi e conquistare un’altra roccaforte rossa. Sulla carta, la coalizione parte in pole a Padova dove l’ex sindaco leghista Bitonci – sfiduciato lo scorso novembre – è favorito nella corsa alla poltrona di sindaco, appoggiato dal Carroccio, Fd’I e dalla parte maggioritaria di Forza Italia.
TUTTA da gustare la sfida veronese con Lega e FI uniti sull’avvocato Sboarina nel tentativo di sbarrare la strada al sindaco uscente, Tosi, che candida la compagna, Patrizia Bisinella, perché per legge – avendo amministrato per 10 anni – non si è potuto ripresentare. «Se la coalizione uscirà bene da questo voto – sottolinea il leghista Volpi – si proverà che saremmo potuti andare verso una legge maggioritaria». Il Cavaliere pare non pensarla così: tanto che in diversi comuni del Sud Forza Italia e Carroccio vanno divisi. Presto si saprà la valenza delle alleanze spurie, ovvero fra forze non omogenee, alle quali apre il sistema proporzionale che, forse buttato fuori dalla porta con il tedesco, rientra dalla finestra con il Consultellum.