Giovedì 26 Dicembre 2024
DAVIDE NITROSI
Politica

Paranza di sigle, nostalgia e partitini. Riecco le consultazioni spezzatino

Dall’Unione sudamericana a Euro Exit, boom di delegazioni al Colle

Consultazioni, Renata Eitelwein Bueno (Imagoeconomica)

Roma, 10 dicembre 2016 - «ABBIAMO detto al presidente della necessità, essenziale, della riforma elettorale». Renata Eitelwein Bueno, 37 anni, scandisce poco dopo mezzogiorno con pronuncia carioca il fondamentale apporto dell’Unione sudamericana emigrati italiani al presidente Mattarella. «Essenziale»: quando si dice parlare chiaro.... Ma qui la sintesi politica è d’obbligo. Poche chiacchiere, la Primeira brasileira eleita deputata no Parlamento Italiano (come si presenta lei stessa su Facebook), è una delle 17 – dicasi 17 – delegazioni di partito che solo ieri sono passate sotto gli occhi del capo dello Stato.    CONGRATULAZIONI a chi spacciava la Seconda (o forse già Terza) Repubblica come sinonimo di semplificazione politica. Le consultazioni post Renzi – rito italianissimo che la Costituzione non prevede ma che l’uso ha stratificato in decenni di crisi parlamentari – assomiglia a una paranza politica. «Più che partiti, queste sono sigle vuote», sospira Pino Pisicchio, oggi nel Gruppo Misto, che pure ne ha viste negli anni.    LA PARANZA delle sigle, dei partitini, delle minoranze e persino delle nostalgie, s’apparecchia fin dalla mattina con un cerimoniale da Luchino Visconti. Tutti leader per un giorno, varcando la porta di legno scuro fra due corazzieri con lo spadone. All’uscita lo sguardo torvo e la storica dichiarazione nell’ora solenne per la nazione. Il quarto d’ora di celebrità. «Buonasera. Prima di tutto mi presento... Sono Mario Ferrara di Gal», dice. E lì capisci tutto. Dopo oltre vent’anni di Seconda repubblica, qualche annetto di Terza, una ginkana di svolte bipolari, tripolari eccetera eccetera, rieccoli. Rottamato il tappo di Renzi, i partitini escono come mille bollicine. Le minoranze, intanto. E guai a scherzarci. Valle d’Aosta e Alto-Adige. Karl Zeller che dichiara al microfono in tedesco, a uso e consumo da Bolzano in su, fa tanto Europa. Ma anche lui è parte della liturgia italica. Il calendario non dà tregua. Ore 11.25, varca la soglia la delegazione di Alternativa libera – Possibile, che detto così, c’è da spaventarsi, ma quando vedi il viso radical-meneghino di Pippo Civati, ecco che si scioglie la tensione. E poi Pippo sbaglia pure la porta. «Quando si è lì, si pensa a cose serie, ci può stare che non ci si ricordi quale sia la porta d’uscita... ». Son ragazzi. Il messaggio? «No a un Renzi bis». Ricevuto, avanti un altro. Ecco l’Udc, dove è rimasto Cesa (Casini se ne è andato da tempo). Poco dopo, la garota de Ipanema. A seguire il rude Flavio Tosi da Verona. Guida Fare! (punto esclamativo compreso), che si porta un doppio nome: Pri, i repubblicani che furono di La Malfa e Spadolini sono finiti qui. Tosi ha un cruccio: «La cravatta era storta. Il nodo ce l’ho sempre così, perché dato che non sono capace di farlo, tengo sempre quello fisso». Ma che importa al popolo di Fare! Solo la senatrice Patrizia Bisinella, fedelissima del partito (e compagna di Tosi) lo redarguisce via sms: aveva scelto lei l’abito del leader, che figure ci fa fare.  Forza venite gente. Altri posti a tavola: il Partito Pensiero Azione è stentoreo: «Maggioranza quanto più ampia possibile». E te credo, direbbe il popolino, la dichiarazione è sottoscritta da «Giacomo Antonio Portas, presidente nazionale PPA-Moderati; Antonio Piarulli, segretario del movimento; Nello Formisano, capogruppo a Montecitorio; e Michelino Davico, capogruppo a Palazzo Madama». Più ampia di così. Scandalizzati? Maddai, è solo l’evoluzione naturale di quella specie politica che si chiama ‘voltagabbana’. Molti di questi partiti sono nati per partogenesi, grazie ai salti della quaglia. Una media di 10 cambi di casacca al mese, quasi 250 dall’inizio della legislatura. Prolifici. Sì.   MA NON È tempo per la morale. Fuori uno, dentro un altro. Riecco il Psi, i socialisti. Riecco il Pli, per gli amanti del vintage liberale. Partiti che almeno hanno avuto un ruolo nella storia d’Italia. Pausa pranzo, poi tocca alla Meloni con Fratelli d’Italia. Segue Democrazia Solidale – Centro democratico (Dellai, già fondatore della Margherita, e Tabacci, democristiano di lunghissimo corso). Alle cinque della sera, Mattarella affronta il piatto più complesso: Autonomie e libertà. Una macedonia con Grande Sud, Popolari per l’Italia, Moderati, Idea, Alternativa per l’Italia, Movimento politico Libertas e, udite, Euro-Exit. Alle 18 tocca ai Conservatori e riformisti di Fitto.  «Sì, andiamo verso il proporzionale – ragiona Pisicchio – ma la verità è che la forma partito è finita e chissà che cosa nascerà. Siamo come gli Argonauti alla ricerca di Giasone». Riusciranno i nostri eroi? Intanto chiude in bellezza la Lega Nord. Ci crediate o no, è uno dei partiti più antichi.