Martedì 16 Luglio 2024
ROSALBA CARBUTTI
Politica

Sos pensioni per i giovani, la sociologa: "Prima il reddito minimo"

Chiara Saraceno, studiosa di sistemi di welfare e povertà: "Renzi potrebbe trovare i soldi, ma pensa soltanto agli 80 euro o a togliere la Tasi. La 'Generazione mille euro' è in crisi e fa fatica anche a metter su famiglia"

Chiara Saraceno (fotoSchicchi)

Chiara Saraceno (fotoSchicchi)

24 aprile 2016 - La generazione mille euro se la passa davvero così male? «Magari mille euro... – dice Chiara Saraceno, sociologa esperta di sistemi di welfare e studi sulla povertà – chi lavora con i voucher non arriva a 500 euro e 7mila all’anno». Chi guadagna mille euro se verserà contributi per 20-25 anni percepirà una pensione di 450 euro al mese. «Capisco che ci si preoccupi del domani e di come i ragazzi non possano avere una pensione degna di questo nome. Ma il problema è adesso: non possono fare progetti di vita. Metter su famiglia per loro è un azzardo».  Il Jobs Act non basta? «Non risolve il problema né dei giovani, né di chi ha perso il lavoro. E se anche hai già 50 anni, riparti dalla casella zero con il contratto a tutele crescenti. Mia figlia, per anni con contratto co-co-pro, è considerata fortunata perché l’hanno assunta il giorno prima che venisse approvato il Jobs Act. Peccato che fosse un’ultraquarantenne». La precarietà non ha più età?  «Giovani adulti a 30-40 anni non hanno ancora un’autonomia economica. E poi ci chiediamo che tipo di pensione avranno...». Qual è la soluzione? «Ai tempi nella commissione Onofri, vent’anni fa, dissi che la riforma Dini era l’ultima riforma fordista. Già allora il lavoro per tutta la vita stava scomparendo. Oggi bisogna pensare a pensioni non solo agganciate al sistema contributivo e, per dare continuità di reddito nel corso della vita, al reddito minimo. Non solo per le famiglie con figli minori, ma anche per i giovani». Sì, ma i soldi dove si trovano? «È una questione di scelte politiche. Ovviamente non li trovi se spendi 7 miliardi di euro a regime per dare 80 euro ai lavoratori dipendenti, se togli la Tasi a una come me che non è povera...». Scelte, dice il governo, per stimolare i consumi. «Le ricerche provano che i cosiddetti poveri i soldi li spendano tutti in consumi, mentre se togli la Tasi a me, quei soldi magari li risparmio». Non resta che ‘fuggire’ all’estero? «Non tutti hanno la voglia e la forza di reinventarsi».  Garanzia giovani è un’opportunità per tutti? «Doveva essere indirizzata ai Neet (i giovani che non studiano e non lavorano, ndr) ma per aderire bisogna registrarsi sul web e avere certe competenze. Pensate che a Scampia ci sia qualcuno che abbia idea di che cosa sia Garanzia giovani?». Un flop, insomma. «Il ministro Poletti dice di essere contento, invece è un disastro. E Garanzia giovani lo dimostra: non è un problema di offerta di lavoro, ma di domanda. La responsabilità è della classe imprenditoriale che utilizza la fantasia non per migliorare i propri prodotti, bensì per abbassare il costo del lavoro, usando gli strumenti contrattuali a proprio vantaggio».  Resta il welfare familiare. «Non tutte le famiglie possono fungere da ammortizzatore sociale. E anche tra i laureati non tutti hanno la stessa fortuna. Contano il tipo di università scelta, il capitale sociale, le capacità imprenditive del singolo... Già vivere tra Milano e Torino fa la differenza». Lavorare è sempre più difficile? «Non tutti nascono eroi e sono eccezionali. Io, certo, ho più di 70 anni... ma per lavorare la mediocrità è sempre stata sufficiente».