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Campriani, l'oro della ragione sulla paura. "Ma ho odiato questo sport"

A Rio il tiratore mancino delle Fiamme Oro si confessa subito dopo il secondo oro olimpico conquistato in carriera, un successo frutto di un lavoro lungo una vita. "In molti momenti non mi sono divertito, devo tanto alla mia Petra"

Niccolò Campriani (Ansa)

Niccolò Campriani (Ansa)

Rio de Janeiro, 8 agosto 2016 – Niccolò Campriani è il terzo olimpionico italiano dei Giochi della XXXI Olimpiade. Lui che aveva già conquistato a Londra la medaglia d’oro nella carabina da 50 metri a tre posizioni, a Rio de Janeiro è riuscito addirittura a prendersi una rivincita, migliorando l’argento che – un po’ beffardamente – aveva dovuto accettare al termine dell’analoga gara dai 10 metri di Londra. Analoga, non identica, perché nel frattempo le regole del gioco erano cambiate, non senza patimenti. "Ho passato quattro anni davvero duri, ho faticato a causa del cambiamento delle regole; e poi c’era l’argento di Londra da riscattare», ha dichiarato Campriani a caldo, subito dopo aver conquistato il secondo oro olimpico della propria carriera. Già da queste parole, traspare tutta l’attenzione – ai limiti della maniacalità – che l’atleta delle Fiamme Oro, laureato in ingegneria, dedica alla propria preparazione: «Questo oro è il frutto di un progetto che abbiamo sviluppato negli ultimi tre anni», ha spiegato il toscano, che ha già ricevuto i complimenti della Fiorentina, di cui è grande tifoso. «È la prima medaglia di una carabina tutta italiana, un progetto che abbiamo sviluppato con la ditta Pardini partendo da zero. Per questo, sto vivendo questa medaglia un po' come un titolo costruttori».

FOTO - Il bacio con Petra

In verità, la straordinaria vittoria di oggi viene ancora da più lontano: nasce nel 2008 a Pechino, prima esperienza a cinque cerchi di un ancora giovane Campriani. Finisce male, almeno così percepisce la sconfitta il fuoriclasse fiorentino, che da quel momento inizia un percorso – interiore e non solo – che lo porterà a presentarsi a Londra nelle condizioni perfette per conquistare le prime due medaglie olimpiche della propria carriera. Un percorso fatto, tra le altre cose, di un lungo viaggio in America da “cervello in fuga”, che Campriani ha voluto raccontare in un libro pubblicato nel 2013, dopo i trionfi di Londra. Il titolo, “Ricordati di dimenticare la paura. Cosa fa di un atleta un uomo felice”, dice tutto sull’approccio mentale di Campriani al proprio sport. E il fenomenale tiratore mancino, ora, è un uomo felice, anche se non dimentica gli enormi sacrifici sostenuti per arrivare a un risultato così prestigioso. «In alcuni momenti sono arrivato a odiare questo sport», rivela la terza medaglia d’oro per l’Italia a Rio, citando (chissà se volutamente o meno) un grande dello sport come André Agassi.

La dedica, con queste premesse, è obbligata: «Questo successo è anche di chi mi ha sostenuto, chi mi è stato vicino sa che spesso mi sono allenato senza piacere. Tra questi, c’è sopprattutto la mia fidanzata Petra (Zublasing, pure lei tiratrice, impegnata come Campriani a Rio, ndr). Senza di lei non avrei questa medaglia al collo». E chissà che le medaglie non possano diventare due: venerdì prossimo Campriani sarà impegnato nella carabina da 50 metri a terra, mentre due giorni più tardi il fuoriclasse fiorentino cercherà di difendere il titolo conquistato quattro anni fa a Londra nella carabina tre posizioni da 50 metri. Insomma, quella di oggi potrebbe non essere l’ultima gioia che Campriani regalerà a sé stesso e a noi italiani in questa Olimpiade.