MILANO, 27 GENNAIO 2016 - «A ME pare proprio che questa sia la solita polemica all’italiana, sa? Mi spiace dirlo, ma siamo proprio provinciali», ride il professor Paolo Branca, docente di Lingua e letteratura araba alla Cattolica di Milano e responsabile per la diocesi ambrosiana dei rapporti con l’Islam. La copertura delle statue di nudi ‘scandalosi’ dei musei capitolini di Roma è solo l’ultima puntata della polemica infuriata per la due giorni italiana del presidente iraniano Rohani. L’assenza del vino nei pasti ufficiali e l’astensione dalle strette di mano hanno fatto gridare in molti all’eccesso di zelo, ma nel caso delle statue romane ‘censurate’, il governo è stato accusato di abdicare ai valori della nostra cultura.
In che senso polemica all’italiana, professore?
«Nel senso che guardiamo al dito e perdiamo di vista la luna, come al solito. Rohani sta sdoganando l’Iran, sta avvenendo qualcosa di epocale, e noi ci fissiamo su un problema marginale».
Ma lo Stato laico, i valori occidentali...?
«Insisto: è una battaglia di retroguardia. Le cose sono molto più complesse. Neanche i rabbini stringono le mani e non mi pare che inorridisca nessuno. Nello specifico, la copertura delle statue poteva anche non essere fatta: di certo Rohani non si sarebbe offeso».
Sicuro?
«Conosco troppo bene il suo spessore culturale per pensare che una sciocchezza del genere potesse turbarlo, come del resto quello dell’ex leader Khatami: ho letto le loro opere. Chi ha coperto le statue semmai lo ha fatto per difendere Rohani dagli oppositori reazionari in Iran. Sa che ci sono miniature persiane con scene di amore omosessuale? Insomma, non è gente appena scesa dagli alberi».
Quindi sta dicendo che è nato un putiferio per un equivoco?
«Semmai è un problema nostro. Se due o tre pazzi, sobillati da laicisti, tolgono i presepi dalle scuole, non è colpa dell’Islam, le pare? Abbiamo una percezione del mondo musulmano che è davvero caricaturale, ci sfugge la realtà!».
Cos’è che non cogliamo?
«Che i dati ufficiali della diocesi di Milano ci dicono che il 25% dei frequentatori degli oratori sono bambini islamici, che non hanno proprio alcun problema con il crocefisso e i simboli religiosi cristiani. Che le scuole cattoliche in Medio Oriente e in Africa sono piene di studenti musulmani. Che a Tangeri, in Marocco, c’è un cimitero per cani, e lei sa quanto sia tradizionalmente disprezzato il cane nell’Islam. Qualche anno fa ho anche scritto un libro sull’ironia dei musulmani verso la religione, ma in Italia non se n’è accorto nessuno».
Un problema di rispetto dei diritti in quei Paesi però esiste.
«Esiste un enorme problema di diritti, per carità. Non sono qui a dire che tutto va ben madama la marchesa. Pensi che il parlamento iraniano ha equiparato il ‘prezzo del sangue’, cioè il pagamento dovuto alla famiglia di un assassinato, di un non-islamico a quello di un islamico, ma non quello di un uomo e quello di una donna!».
Come affrontare il problema del rapporto con l’Islam?
«Innanzitutto dobbiamo smetterla di costruire rappresentazioni parziali, unilaterali di quel mondo, che è ricco e vario. Per esempio: in Iran c’è una civiltà unica, importantissima. Una società civile che i Paesi Arabi si sognano. Sono anni luce più avanti. Non c’è famiglia in cui i figli non si dedichino allo studio di uno strumento musicale. Sono appassionatissimi di filosofia, di poesia. Pensi che traducono persino i libri della Fallaci...».