Anna Giorgi, Marianna Vazzana
MILANO, 17 settembre 2014 - C’È UNA LETTERA, una sorta di «testamento» che Pietro Maxymilian Di Paola lascia per spiegare confusamente i motivi del suo gesto. Ci aveva già provato un anno fa a togliersi la vita, e lunedì notte nella sua testa si agitano spettri di solitudine troppo profonda. Di un abbandono, l’ennesimo, che lui non può più sopportare. Così scrive, racconta il suo progetto delirante, stavolta la sua tragedia amorosa. «Mi uccido davanti a lei, così proverà rimorso». Ma lui vuole ammazzare anche lei, lo confessa confusamente nella lettera, spiegano dalla Procura. Quando lunedì invita a cena Alessandra, sa già come finirà la serata. Sa già che moriranno entrambi. Pietro, era stato adottato assieme alla sorella una decina di anni fa. Il padre, benestante, dentista con studio nel quartiere, da qualche tempo si era separato dalla madre. Forse questo aveva peggiorato il malessere del ragazzo, il suo disagio già profondo. Maxymilian aveva frequentato il liceo classico, lì aveva conosciuto Alessandra. Figlia unica di una famiglia borghese. Vicini di casa, Alessandra e Pietro, e anche compagni di studi. Lei si sarebbe iscritta all’università in questi giorni, lui aveva smesso di studiare e con il diploma aveva iniziato a lavorare in un’assicurazione. Per i ragazzi parlano i loro profili Facebook. Pietro Di Paola era un appassionato di moto. Lui postato in sella a una Suzuki. «C’È MOLTA gnokkaggine», il commento. Frasi semplici, slang giovanili. «Ma che avevi in testa? Ormai non importa. Se ne va un altro amico, un altro biker, un altro fratello», scrive un ragazzo, Ivan, sul profilo Facebook di Pietro. Ancora lui e Alessandra che si baciano, sotto la scritta «Love». Lei però con lui aveva chiuso e su Facebook compare già la foto di un altro. Un professore ricorda i due, sempre sul social network: «Le parole, di qualsiasi tipo siano, e i giudizi, di qualsiasi tipo siano, sono inutili. Ora contano solo il silenzio, la preghiera (per chi crede) e l’esserci per chi ha bisogno di continuare a vivere, per ogni volta che ce lo chiederanno e soprattutto quando non ce lo chiederanno».