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Politica

Luttwak boccia Renzi: riforme soft. "Ha fallito, ma non c’è alternativa"

Il noto politologo americano sul premier Matteo Renzi: "Con lui troppi dilettanti, deve coinvolgere Letta, Bersani e Prodi"

Edward Luttwak

Edward Luttwak

Washington, 19 febbraio 2016 - Partiamo da un punto, dice Edward Luttwak, noto politologo americano e profondo conoscitore di cose italiane. "Renzi ha fallito". Fallito? «Già, proprio così. Aveva promesso riforme drastiche. Non le ha fatte». Beh, qualcosa ha fatto. «Non sul meccanismo economico. Non sulla spending review. Non sulla burocrazia dell’apparato pubblico. Tutte misure che sarebbero servite a rilanciare la crescita». Viviamo in tempi di rallentamento globale. «Vero. Ma l’Italia è più lenta degli altri. L’Ocse, come si sa, ha tagliato la stima della crescita per il 2016. Dall’1,4 all’1 per cento. Potrebbe anche essere inferiore». Allora ha ragione Renzi quando invoca più flessibilità alla Commissione europea. «No. Non ha ragione. Maggiore flessibilità nel bilancio statale comporta automaticamente altri debiti. E il debito pubblico italiano, lungi dal calare, aumenta. Era a 1.900 miliardi di euro quando Berlusconi lasciò il governo. Ora è sui 2.200». E allora? «Allora vuol dire che si avvia alla insostenibilità, come teme Bruxelles». Già. Ma non trova che Bruxelles si sia appiattita da tempo sulle posizioni della Bundesbank, la banca centrale tedesca? «Affatto. La Bundesbank ha ragione quando si oppone ad allargare la quantità dei titoli di Stato che le banche italiane possono acquisire». Perché? «Perché il meccanismo della Banca Centrale Europea è perverso. Infernale. Aggrava il loro dissesto. La Bce dà soldi gratis alle banche italiane. Queste li utilizzano prevalentemente per coprire le spese e garantire agli enti previdenziali il pagamento delle pensioni». Quindi in prospettiva le banche italiane sono esposte al bail-in? Vale a dire al salvataggio che coinvolge i detentori di azioni e obbligazioni? «Ahivoi! Sì. Faccio un esempio. Il Monte dei Paschi di Siena ha sofferenze che sono dieci volte superiori al consentito. Trenta contro 3 per cento. Ovvio che le quotazioni bancarie affondino e lo spread sia in risalita». La Banca d’Italia e le autorità bancarie negano che ci sia il rischio di insolvenza. «Me lo auguro. L’Italia non è la Grecia. Almeno non ancora. Ma la soglia di pericolo è prossima. Un debito pubblico come quello italiano storicamente non può essere ripagato. Né può contare su un’inflazione che non esiste». Come commenta la tesi del complotto dei poteri forti europei? È ipotizzabile che contro Renzi si stia ripetendo il gioco già riuscito per liquidare Berlusconi? «Nessun complotto. C’è stato per Berlusconi, non ho dubbi in proposito. Non c’è per Renzi. Renzi ha fallito non perché lo dica Mario Monti, che quattro anni fa era considerato il maggiordomo di Angela Merkel. Ha fallito per colpa sua. E per colpa del suo partito che lo ritiene un alieno, cioè non uno di sinistra». Quale è l’alternativa a Renzi? «È Renzi». A quale condizione? «Che si sbarazzi delle ragazzine e dei dilettanti e chiami accanto a sé personaggi di spessore». Per esempio? «Tre nomi se vogliamo rimanere a sinistra. Pier Luigi Bersani per le liberalizzazioni. Romano Prodi per le privatizzazioni. Enrico Letta per la burocrazia. E anche Giorgio Napolitano». Napolitano?  «Sì. L’ex presidente della Repubblica dovrebbe impegnare il suo prestigio per affrontare il nodo della giustizia italiana la cui inefficienza, per non parlare della faziosità, è ormai leggendaria». Dunque un rimpasto di governo. «Sì, se rimpasto vuol dire cambiare direzione e premere sull’acceleratore delle riforme. Soprattutto nel settore pubblico.