Roma, 19 aprile 2017 - CITA la teoria del caos, l’inizio di uno degli episodi di “Tredici” (“13 Reasons Why”), il telefilm attualmente in streaming su Netflix, da settimane lo show più visto sulla piattaforma, record di oltre 3,5 milioni di tweet sull’argomento solo nella settimana tra il 31 marzo e il 7 aprile. Cita la teoria del caos, ovvero come un gesto in apparenza insignificante (una piccola variazione nelle condizioni iniziali) arrivi a produrre grandi variazioni nel comportamento a lungo termine di un sistema. E il famoso battito d’ali di farfalla che porta alla catostrofe è, nel caso di questo telefilm, una stupida lista di quelle – fatte dai maschi a tema ragazze – che da sempre girano a scuola: tizia ha le labbra più belle, sempronia quelle più brutte, e poi il seno, e poi il lato b. La liceale Hannah Baker, 16 anni, ha il lato b più bello, la sua migliore amica il più brutto. E che sarà mai?
I 13 EPISODI della serie “Tredici” raccontano il suicidio di Hannah Baker. Sappiamo da subito che lei si è ammazzata, esattamente come come nel 1951 sapevamo da subito che la voce narrante del “Viale del tramonto” era quella di un cadavere. Hannah, ragazzina dai grandi occhi blu e dallo spirito sensibile e brillante identica a tutte le ragazzine che ci circondano, la sua voce l’affida a sette vecchie audiocassette sulle quali registra il racconto dei 13 motivi che l’hanno portata a togliersi la vita. Ogni motivo ha il nome di un amico, di un compagno di classe, di qualcuno che appartiene alla scuola, la borghese high school di una qualunque città di provincia americana.
Dal momento in cui il suo sedere compare sulla lista, tutti si sentono autorizzati e in dovere di guardarlo, tastarlo, fotografarlo. Così come non si peritano, i compagni, a diffondere via telefonino sulla chat della classe, la foto con la gonna sollevata che le ha rubato – in realtà Hannah era solo sullo scivolo di un parco giochi – il ragazzo del suo primo bacio. Cosa sarà mai? E invece sarà che Hannah, in un’escalation di piccole e sempre più grandi vessazioni, vittima dei tradimenti degli amici e del bullismo dei ragazzi, vittima (non la sola) di atti di stupro destinati dal sistema degli adulti a restare impuniti, sarà che Hannah si taglia le vene, e sceglie di morire.
“TREDICI” è tratto da un libro, un thriller psicologico di Jay Asher (2007), i cui diritti sono stati acquistati dalla “teen idol” Selena Gomez, che figura dunque fra i produttori della serie. Coprotagonista, insieme alla voce e ai ricordi in flash back di Hannah (interpretata da Katherine Langford), è il compagno di scuola Clay (Dylan Minnette), uno degli ultimi destinatari della scatola con le 7 audiocassette che la Baker ha indirizzato ai 13 responsabili più o meno diretti del suo gesto. Clay appare diverso dagli altri, l’unico sinceramente innamorato della ragazza, ma arriverà anche lui a chiederselo: «Ho ucciso io Hannah Baker»?
COLPISCE “Tredici” perché racconta senza giudizi, senza moralismi, con spietata verità tutto l’universo di questi ragazzi: sbatte in faccia allo spettatore un tragico eppure normalissimo mondo adolescente fatto di solitudine, bullismo, alcol, depressione. Fatto di fondamentali atti mancati per paura, noia, timidezza. Fatto dell’ agghiacciante silenzio degli adulti, affettuosi sì ma indaffarati a pensare ad altro, incapaci di parlare e ascoltare veramente, ciechi e sordi, i più colpevoli di tutto. Negli Usa “13” ha fatto gridare esperti di prevenzione suicidio al pericolo emulazione, per la messinscena troppo particolareggiata e “romanzata” in cui Hannah si toglie la vita, mente una petizione lanciata da un ragazzo su change.org chiede invece che la serie venga fatta vedere obbligatoriamente nelle scuole. Andrebbe guardata insieme, genitori e figli. I genitori pure (piacevolmente) sorpresi nel trovare nella colonna sonora Joy Division, Cure e Yazoo. I figli, forse, incoraggiati a parlarne.