Giovedì 10 Ottobre 2024
GIOVANNI MORANDI
Magazine

L’Airbus ferito planò sull’Hudson. Il capolavoro di Sully, pilota eroe

Un film di Clint Eastwood sul miracoloso salvataggio del 2009 VIDEO / Le breaking news del 2009 e le interviste ai protagonisti

NEW YORK, primo pomeriggio del 15 gennaio 2009. Erano decollati da due minuti. La collisione avvenne alle 15.27.01. Il comandante era un collaudato frequentatore del cielo, aveva 57 anni, oltreventimila ore di volo, nome Chesley Burnett Sullenberger, detto Sully, ma il decollo era stato fatto dal copilota Jeffrey Skiles, 49 anni, da poco abilitato alla guida di Airbus. Fu Skiles che vide arrivare improvvisamente da destra uno stormo di anatre selvatiche che impattarono con l’apparecchio e finirono dentro i motori. Si sentì uno schianto, l’apparecchio sobbalzò, i motori contro cui si erano schiantati gli uccelli si bloccarono, quello di sinistra prese fuoco.    SULLENBERGER si mise ai comandi. Il copilota avviò la procedura di emergenza per riavviare i motori. Due minuti e mezzo dal decollo, ore 15.27.36 Sully lanciò il mayday: «Mayday mayday, Cactus 1549, impatto con uccelli. Si chiede atterraggio di emergenza». Dalla torre di controllo dell’aeroporto Fiorello LaGuardia di New York, da dove era decollato il volo Us Airways 1549 alle 15.24.56, risponde il controllore di volo Patrick Harten, che indica di raggiungere la pista 13 del LaGuardia Airport.  Sully valuta le condizioni, ce la farebbe con il vento a favore ma il vento soffia contro, perciò dice: «Negativo». L’aereo al momento dell’impatto con gli uccelli viaggiava ad una velocità di 400 chilometri orari ed era a quota 700 piedi, circa 200 metri. Ora quel bestione di 68 tonnellate stava paurosamente perdendo quota.    NEL VANO passeggeri è il finimondo, 150 persone gridano terrorizzate, le tre assistenti, Donna, Doreen e Sheila, sono impotenti. Il controllore di volo fa il secondo tentativo e propone di atterrare a Teterboro Airport nel New Jersey. Ma Sully capisce subito che è troppo lontano e risponde ancora una volta: «Negativo». L’Airbus continua a scendere e ora si trova sulle acque dell’Hudson.  Con una calma assoluta il comandante di ghiaccio, come poi lo avrebbe chiamato il presidente George W. Bush, comunicò che avrebbe tentato l’ammaraggio.    IL VOLO 1549 era a soli 900 piedi di quota in direzione del Washington Bridge di New York. Poi il puntino luminoso dell’aereo scomparve dal radar. A Sully rimase appena il tempo per l’ultima comunicazione. I passeggeri, preda della paura, cercavano di stare chinati con la testa fra le gambe, come prescrive la procedura. In quel caos assoluto ci fu anche chi riuscì a mandare un messaggino alla moglie. «Ti amo». Le ultime parole di Sully mentre cercava di tenere al meglio l’apparecchio ormai a pochi metri dall’acqua furono: «Sono il comandante. Prepararsi all’impatto». «Siamo pronti», disse il copilota. Sully: «Ci siamo».    ORE 15.31, sei minuti dal decollo. Il contatto provocò uno schianto tremendo e sollevò una gigantesca ondata. La fusoliera sprofondò nel fiume e sembrò la fine ma miracolosamente riemerse e rimase a galla. Il controllore di volo Patrick Harten gridò: «Non è possibile, non ci credo!». Ma presto l’acqua entrò nella cabina di comando e nel resto della fusoliera, era acqua gelida, furono aperti i portelloni e i passeggeri, la maggior parte con i salvagente, uscirono all’aperto raccogliendosi sulle ali, che incredibilmente tennero il peso.  Sully fu l’ultimo a lasciare l’aereo e per due volte si fece tutta la cabina passeggeri mezza sommersa per controllare che non fosse rimasto qualcuno, tornò anche in cabina a recuperare il diario di bordo. Arrivarono due traghetti del porto, poi la guardia costiera, infine i vigili del fuoco. Furono tutti tratti in salvo. Bilancio, salvate 155 persone di cui 5 membri dell’equipaggio compresi i piloti.   È PROVATO che in guerra e nelle situazioni di pericolo i timidi sono più coraggiosi di altri. Il comandante Chesley Sullenberger, classe 1951, era conosciuto come timido e schivo. Nato a Denison nel Texas, figlio di una maestra e di un dentista, aveva detto fin da piccino di voler fare il pilota perché era rimasto incantato dal via vai degli aerei di uno scalo militare vicino a casa sua. Eppure sembrava fatto per mestieri più tranquilli, a scuola era il più bravo in latino, suonava il flauto, era molto attivo alla chiesa metodista.  L’ammaraggio fu ripreso dalla tv e grazie a quella diretta Sully diventò quel giorno l’uomo più famoso di America. Gli telefonò Bush, Obama lo volle alla cerimonia del suo insediamento. Il suo Airbus è conservato al museo di Charlotte, nel Nord Carolina. È stato nominato ufficiale della Legion d’onore. All’aeroporto LaGuardia c’è appeso un quadro con la procedura che seguì nell’ammaraggio, giudicata dagli inquirenti semplicemente perfetta. Ma poi gli affari sono andati male per le compagnie aeree. Sully ha avuto lo stipendio tagliato del 40 per cento. Anche per la pensione si è dovuto accontentare di poco.    A GIORNI uscirà una sua autobiografia, “Sully”, e più avanti sarà distribuito l’omonimo film diretto da Clint Eastwood e interpretato dal due volte premio Oscar Tom Hanks. Nonostante la sua bravura a stento Hanks tiene dietro alla poesia che emana da quell’ex pilota dall’aria svagata. Con il sorriso misterioso e lo sguardo assorto. Da quel pensionato, è il caso di dirlo, che sembra stia sempre con la testa tra le nuvole.