Prima di scoprire perché abbiamo selezionato i cinque film sulla mafia che seguono, vale la pena di fare alcune menzioni di merito: ad esempio per 'Scarface' (Brian De Palma, 1983), 'Quel lungo venerdì santo' (John Mackenzie, 1980) e 'Bronx' (Robert De Niro, 1993).
IL PADRINO (FRANCIS FORD COPPOLA, 1972)
Non è particolarmente accurato, nella ricostruzione di come funziona la mafia, ma è indubbiamente uno dei titoli più celebrati del cinema statunitense contemporaneo, e a ragione. La magistrale sequenza che apre il film, quella ambientata durante un matrimonio, è un piccolo gioiello che stabilisce le coordinate per il resto della pellicola, così come dei due sequel che chiudono la trilogia: la storia non riguarda tanto gli spargimenti di sangue, che pure ci sono, quanto piuttosto gli equilibri famigliari, le differenze generazionali, il DNA della cultura mafiosa e i problemi che sorgono quando un figlio deve prendere il posto del padre nell'amministrazione dell'impresa di famiglia.
C'ERA UNA VOLTA IN AMERICA (SERGIO LEONE, 1984)
Considerato da molti come il capolavoro di Sergio Leone, è un dramma epico, potente e girato in maniera magistrale. La storia è raccontata in modo non lineare e abbraccia alcuni decenni della vita di un gruppo di amici cresciuti nel ghetto ebraico di New York: proprio il fatto che la trama va avanti e indietro nel tempo consente di evidenziare come l'appartenenza sempre più stretta al mondo criminale ha influenzato la vita dei protagonisti, in peggio. Quella di Leone non è però una condanna 'legale' di quanto raccontato: è più un dolente e malinconico ragionamento sulla solitudine esistenziale dei protagonisti. Le musiche di Ennio Morricone sono la corposa ciliegina sulla torta.
QUEI BRAVI RAGAZZI (MARTIN SCORSESE, 1990)
Di Scorsese avremmo potuto citare anche 'Casinò', ma 'Quei bravi ragazzi' merita di rubargli il posto. Racconta la storia vera di una delle più spietate bande mafiose nella storia di New York e lo fa alternando con grande sapienza narrativa il fascino della vita da gangster, con il rispetto e il trattamento da star, e il lato oscuro rappresentato dalla crescente paranoia di subire il medesimo trattamento violento riservato ad altri. La cinepresa di Scorsese non vacilla mai, nemmeno di fronte ai momenti più viscerali: è sempre alla giusta distanza, non glorifica o assolve e nemmeno condanna per partito preso, senza andare prima a fondo delle cose.
GOMORRA (MATTEO GARRONE, 2008)
Tecnicamente, qui si parla di camorra e non di mafia. Resta però il fatto che 'Gomorra' riesce a portare su grande schermo in modo potente e angosciante tutti i lati oscuri rappresentati dalla criminalità organizzata facente capo al clan dei Casalesi e raccontata per la prima volta nell'omonimo libro di Roberto Saviano (di cui il film è l'adattamento). Alcune sequenze rimangono nella memoria soprattutto per la capacità che ha Garrone di tratteggiare una certa mestizia esistenziale dei protagonisti: non c'è traccia del fascino della criminalità organizzata presente ad esempio in 'Quei bravi ragazzi' o 'Il padrino': il degrado morale, la vigliaccheria subdola, l'ignoranza senza prospettive sono il cuore pulsante del film.
LA PROMESSA DELL'ASSASSINO (DAVID CRONENBERG, 2007)
In questo caso la mafia non è quella italiana o italoamericana, bensì quella russa. Il film di Cronenberg merita però di essere menzionato per la capacità del regista di raccontare una realtà pericolosissima senza farci vedere gli effetti più cruenti di questa pericolosità, che pure non sono taciuti. Il capo clan, per esempio, è raccontato come un signore cortese, ben educato, che si preoccupa di festeggiare a dovere una signora anziana; e nello stesso tempo, quando dice all'infermiera interpretata da Naomi Watts “ora lei sa dove trovarmi e io so dove trovare lei”, noi spettatori capiamo perfettamente il peso di quelle parole.
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Martedì 5 Novembre 2024
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