Roma, 18 maggio 2017 - Lo leggi d’un fiato e alla fine ti chiedi: dove eravamo rimasti? Eravamo rimasti al maggio di nove anni fa quando Romano Prodi rassegnava la dimissioni concludendo l’esperienza del secondo governo dell’Ulivo. In questi nove anni l’Europa (e l’Italia in particolare) sono scivolati in un piano inclinato senza fine e Prodi ha osservato l’agonia della più lunga crisi occidentale come una Cassandra troppo spesso inascoltata. Ora basta. Romano Prodi è idealmente ritornato in campo. Non è candidato a nulla, e non ci sono segnali che l’idea lo accarezzi. Semplicemente offre – diremmo, ‘candida’ – le sue proposte come programma per risollevare l’Italia, uscendo dalla logica dei tagli e dell’austerità miope, ma senza riproporre una versione rispolverata di Keynes.
Lo fa con un libro, “Il piano inclinato”, edito dal Mulino, che in poco più di 150 pagine viviseziona la crisi attuale e offre un progetto politico per ripartire. Dicendo cose di sinistra. L’analisi che traccia Prodi, seguendo le domande di Giulio Santagata e Luigi Scarola, parte dalla presa di coscienza che siamo di fronte a una «generale crisi del sistema economico». Dal «perverso intreccio» di finanza, sviluppo tecnologico e mancanza di governo della globalizzazione «nasce l’insicurezza della nostra società». Il risultato è un mondo che taglia il welfare, senza rendersi conto che «blocca l’ascensore sociale e favorisce le diseguaglianze».
La risorse non sono sparite, ma si sono concentrate nelle mani delle classi più ricche. E le classi medie si sono «rassegnate». Che fare? Prodi non si ferma a ipotesi di scuola. Stavolta il suo libro suona come il rilancio di una politica pensata apposta per un governo che voglia svoltare sul serio. Un Ulivo 3.0? Chissà. Certo il programma è dettagliato. Si investa su scuola, welfare e servizi, abbassando il peso fiscale che grava sulle classi medie. Dove trovare le risorse? Intanto dalla tassa di successione, il cui gettito attuale è di 500 milioni di euro all’anno. Prodi propone un modello che lo porterebbe a un miliardo e mezzo. «Una cifra sufficiente per un deciso potenziamento del sistema scolastico».
Un'altra misura è agire sulla redistribuzione dei redditi, incrementando il livello minimo delle pensioni «non inferiore a 700 euro mensili» e «rafforzando il reddito disponibile della componente lavoro». Il meccanismo? «Unificare il livello delle aliquote contributive per tutte le tipologie di lavoro al livello del 27%. La quota di pensione aggiuntiva verrebbe finanziata dalla fiscalità generale e dalla necessaria correzione di alcuni istituti». Il fabbisogno per questa operazione, secondo Prodi, sarebbe di 10 miliardi. Importante poi disinnescare la mina dei pignoramenti per le famiglie che non riescono a pagare il mutuo. L’idea è un «fondo misto pubblico privato» che compri i crediti e trasformi il mutuo in un affitto a vita. Avanti poi con il «reddito di inclusione sociale» e una «nuova ingegneria sociale» che tenga conto dell’assistenza familiare ad anziani, disabili e malati. Le risorse vanno cercate nella spending review, nella lotta all’evasione ma anche ripensando all’imposta sulla prima casa. Solo istruzione e coesione sociale ridanno ossigeno al ceto medio e quindi alla domanda interna. Un circuito virtuoso che deve conquistarsi il consenso delle stesse classi medie, «riaffermando la loro centralità». Se non è dire cose di sinistra questo.