Martedì 5 Novembre 2024

L'INTERVISTA L'ambasciatore iracheno: "Il Papa è in grave pericolo"

Il diplomatico iracheno in Vaticano: cellule occidentali in azione di Alessandro Farruggia

Bagno di folla per Papa Francesco a Caserta (Reuters)

Bagno di folla per Papa Francesco a Caserta (Reuters)

ROMA, 16 setttembre 2014 - «LE MINACCE contro il Papa sono credibili. Le dichiarazioni pubbliche e i crimini dell’Isis contro il cristianesimo sono un fatto. Basta fare due più due. Ma non possiamo essere prigionieri della paura, subire la pressione di questi terroristi. Per questo, lancio un appello al Papa: venga in Iraq, mandi un messaggio di speranza ai cristiani del Medio Oriente e a tutto il mondo. Con la sua saggezza e il suo coraggio potrebbe fare di questa visita un ponte tra le nostre religioni, un messaggio di pace nel segno di Abramo».

L’ambasciatore iracheno presso la Santa Sede Habeeb M. H. Al Sadr, di religione sciita, è in Italia dal 2010. È esperto, conosce bene il Vaticano ma ha anche un filo diretto con il suo governo, e ribadisce: l’Isis ha nel mirino Papa Francesco.

Ha avuto segnalazioni di intelligence?

«Sia chiaro, non sono a conoscenza di fatti specifici, di progetti operativi. Ma quanto dichiarato dai terroristi dell’autoproclamato ‘Stato islamico’ è chiaro. Loro vogliono uccidere il Papa. Del resto, questa banda di criminali non si limita a minacciare: in Iraq ha già violato o addirittura distrutto alcuni dei luoghi più sacri dell’islam sciita. Ha colpito luoghi di culto della religione degli yazidi, e del cristianesimo. Ha costretto 150mila cristiani a fuggire da Mosul, e così ha fatto gli yazidi. Se pensiamo che le loro sono solo parole, non capiamo la natura della minaccia. Loro dicono: chi non è con noi è contro di noi. O ti converti o sono legittimato ad ammazzarti. E lo fanno davvero: è un genocidio».

Non crede che se il Papa venisse in Iraq agevolerebbe il compito all’Isis?

«Lo stato iracheno, come ha fatto recentemente per le visite di Renzi e Hollande, è assolutamente in grado di proteggerlo. Il problema è un altro».

E cioè?

«Bisogna garantire la sicurezza del Papa ovunque, perché credo che possano cercare di colpirlo durante i suoi viaggi o anche a Roma. Perché ci sono membri dell’Isis che non sono arabi ma canadesi, americani, francesi, britannici e anche italiani. Hanno passaporti occidentali. E quindi Isis potrebbe ingaggiare questi combattenti per compiere un atto terroristico nei paesi europei».

Non sarebbe osare troppo?

«Questa gente non ha coscienza, non ha limiti alla follia. Non è detto che arrivino al Papa, ma non possiamo escludere un attacco in Europa o America. Credo che i paesi europei, come Washington, si siano posti il problema. La coalizione internazionale nasce anche da questa consapevolezza che l’Isis va estirpato. E non servono truppe occidentali sul terreno: se ci date copertura aerea, intelligence e armi tecnologicamente avanzate, li spazzeremo via noi. L’Iraq sarà il loro cimitero». 

Il Vaticano nega che ci siano minacce concrete contro Papa Francesco.

«In Vaticano mi dicono di essere tranquilli e che le affermazioni dell’Isis non cambieranno la loro posizione. Li capisco. Ma il Santo Padre è molto vicino ai rifugiati e ai cristiani perseguitati e non smetterà di esserlo perché l’Isis lo minaccia. Anzi, la sua voce sarà più forte. Lui sa quello che deve fare per portare avanti il suo ministero. Quando l’ho invitato in Iraq mi ha detto: appena posso, quando le condizioni lo permetteranno, verrò. E io sono sicuro che lo farà».