VI RINGRAZIO per avermi rivolto l’invito ad aderire al vostro appello. Come potrete immaginare, sono spesso destinataria di petizioni e campagne di sensibilizzazione. Ma la natura imparziale del ruolo di presidente della Camera non mi consente di sottoscriverli. È solo per questo che non mi pronuncio formalmente a favore della candidatura della Marina Militare italiana al Nobel per la pace che sulle vostre colonne ha avuto il forte consenso del vicesegretario Onu Jan Eliasson. Conosco e apprezzo, per una frequentazione cominciata ben prima del mio ingresso a Montecitorio nel 2013, l’impegno straordinario con cui si prodigano nel salvataggio gli uomini e le donne della Marina Militare, così come quelli della Guardia costiera e di altri corpi dello Stato.
DA PORTAVOCE dell’Alto Commissariato dell’Onu per i rifugiati, ho lavorato fianco a fianco con loro per anni. E da presidente della Camera ho voluto esprimere tutta la gratitudine del Paese l’anno scorso, in occasione della Giornata mondiale del rifugiato, che ho passato a bordo della nave San Giorgio al largo di Siracusa. Senza alcuna retorica, sono persone che fanno onore all’Italia. Salvano vite umane, rispondendo a un dovere morale e a un obbligo previsto dal codice del mare. E così facendo pemettono a decine di migliaia di persone in fuga da guerre e persecuzioni di esercitare un diritto fondamentale: quel diritto alla pace e alla sicurezza che è di tutti gli esseri umani, non soltanto di noi abitanti del’Occidente ricco. Certo, il loro lavoro di ricerca e salvataggio in mare non potrà mai risolvere alla radice il problema dei rifugiati. Quello è il compito della politica, se si decide ad alzare lo sguardo dalle conseguenze alle cause e a intervenire sulle crisi – dalla Siria all’Iraq, dalla Libia alla Somalia all’Eritrea – che ingrossano le file del popolo dei rifugiati. Ma intanto, se l’Europa può ancora sentirsi fedele a sé stessa, è anche merito di quegli uomini e quelle donne in divisa.