Bologna, 27 maggio 2016 - COME ‘ODISSEA nello spazio 2001’. Per i prossimi viaggi interplanetari, ma la prima tappa dovrebbe essere Marte, gli astronauti potranno viaggiare all’interno di un ‘ibernacolo’ per poi risvegliarsi prima di mettere piede sul pianeta rosso. Non è fantascienza ma un’idea concreta e avvenieristica del giovane ricercatore Matteo Cerri, incaricato dall’Agenzia spaziale europea, per mettere a punto l’ipotermia per i futuri viaggi nello spazio. Il professor Cerri ha già fatto con successo un esperimento su un ratto ed ora lo sta ripetendo su un maiale.
«L’esperimento sul maiale – dice – è ancora in corso e su questo posso dire poco…»
Ancora non è diventato salsiccia?
«No, per il momento, ancora no. La sperimentazione sta proseguendo, ma prima di parlare di dati vogliamo essere sicuri del risultato. L’esperimento sul ratto è andato bene e un mio dottorando, che ha vinto una borsa Montalcini, lo ha riproposto negli Stati Uniti con una tecnica diversa».
Arriviamo allo spazio e alla missione Marte che non sarà, probabilmente, nel 2030.
«Ovviamente se ci fossero le volontà di tutti si può fare, indipendentemente all’ibernazione. Però in un viaggio che dura nove mesi all’andata e altrettanti al ritorno l’ibernazione potrebbe avere una sua valenza. Innanzitutto ci possono essere dei vantaggi sulla quantità minore di cibo da trasportare per un viaggio così lungo e quindi ridurre i costi. Poi c’è il problema dell’aspetto psicologico degli astronauti che devono vivere in uno spazio ristretto con poca privacy per due anni, che può determinare anche delle situazioni aggressive. E se questo capita tra la Terra e Marte diventa un disastro».
E gli altri vantaggi?
«C’è il problema radiazioni che interessa molto all’Esa, perché un corpo ibernato sviluppa una forte radio resistenza come dimostrano varie sperimentazioni sugli animali. Quindi questo renderebbe meno pericoloso un viaggio nello spazio per lungo tempo. Poi c’è l’ultimo aspetto: gli animali ibernati dopo un lungo periodo di immobilità non presentano debolezza muscolare e problemi ossei. E questo è importante per la salute degli astronauti che ora li risolvono con la ginnastica».
Una volta ibernata la persona viene sistemata in una teca come nei film?
«Il gruppo europeo sta lavorando nella progettazione di una sorta di capsula che abbiamo chiamato ibernacolo. È una struttura che dovrà avere un’intelligenza artificiale di tipo medico che serve a monitorare e intervenire di continuo sull’astronauta per tenerlo in vita. C’è anche una certa discussione positiva, su quanto freddo sia necessario per l’ibernazione perché ci sono anche animali che ibernano al caldo. Quindi va valutato il giusto equilibrio di temperatura. Abbiamo anche pensato di usare fluidi trasportatori di ossigeno per modulare il grado di raffreddamento».
Tutto questo ha un costo.
«La tecnologia per svilupparlo non è poi così costosa considerando che le applicazioni mediche sono notevoli. Sarebbe un investimento molto proficuo. Penso che un team, che possa contare su 150 milioni, può sviluppare il progetto in una decina di anni».
I tempi dell’ibernazione umana sono immaginabili?
«Molto dipende da quelli burocratici e di contorno. Se si potesse andare in libertà con gli investimenti in un decennio possiamo arrivare quasi certamente alla ibernazione umana».