Giovedì 26 Settembre 2024

Corea del Nord-Usa, salta l'accordo tra Trump e Kim Jong-un

Colpo di scena in Vietnam, i due leader se ne vanno prima del pranzo di lavoro. Il nodo è la denuclearizzazione: il leader nordcoreano "non è pronto"

Kim Jong-un e Donald Trump: fallito il negoziato ad Hanoi (Lapresse)

Kim Jong-un e Donald Trump: fallito il negoziato ad Hanoi (Lapresse)

Hanoi (Vietnam), 28 febbraio 2019 - Colpo di scena nel summit tra il presidente Usa Donald Trump e il leader nordcoreano Kim Jong Un. "Non c'è stato accordo", ha comunicato la Casa bianca dopo che il pranzo di lavoro tra i due leader - all'hotel Metropole di Hanoi - è stato cancellato e le auto dei due sono andate via dal luogo del vertice. I cortei di auto dei due leader sono stati avvistati dai giornalisti presenti nella capitale vietnamita mentre lasciavano il luogo dove si è tenuto il secondo summit.  La portavoce della Casa bianca Sarah Sanders ha dichiarato che "i rispettivi staff non vedono l'ora di incontrarsi in futuro". Ma in conferenza stampa Trump mette le mani avanti: "Non ci siamo impegnati per un nuovo incontro" con Kim Jong-un. "Vedremo se accadrà in futuro".

E pensare che stamattina i colloqui erano iniziati nel segno dell'ottimismo, con Kim che assicurava di avere l'intenzione di denuclearizzare la Corea del Nord e con l'apertura all'ipotesi della creazione di un ufficio di collegamento Usa a Pyongyang. Trump, però, aveva già chiarito che non c'è "fretta" nel raggiungere un accordo. In aeroporto, Trump ha dichiarato ai giornalisti: "Sto per salire su un aereo e tornare in un posto meraviglioso chiamato Washington, DC", poi è salito a bordo dell'Air Force One per il decollo.

image

THE DONALD IN CONFERENZA STAMPA - "Sono state giornate produttive, abbiamo parlato, ma non era ancora una buona cosa", relaziona il presidente americano, Donald Trump, al termine del summit con il leader nordcoreano, Kim Jong-un, bruscamente interrotto. "Le relazioni con Kim sono forti. Questa volta abbiamo deciso di non fare nulla", ha aggiunto.

Il punto, par di capire, è la denuclearizzazione, sulla quale "Kim ha una certa visione e non è esattamente la nostra, ma è più vicina di quanto lo fosse anni fa", dichiara ancora il presidente Usa. In particolare Kim Jong-un voleva la rimozione delle sanzioni per smantellare il suo complesso nucleare strategico di Yongbyon, aggiunge Trump, ribadendo di non voler firmare e che le sanzioni saranno tolte "solo a denuclearizzazione completata". 

Tocca al segretario di Stato Usa, Mike Pompeo specificare che le sanzioni americane alla Corea del Nord "restano". "Non abbiamo potuto toglierle nei settori che loro volevano, non abbiamo ceduto su niente", ha detto Pompeo. Inoltre, Kim Jong-un "non era pronto" a fare progressi sulla denuclearizzazione chiesta dagli Usa. "Gli abbiamo chiesto di fare di più, ma non era preparato a farlo", ha spiegato. Pompeo non esclude che gli Stati Uniti e la Corea del Nord possano avere in un prossimo futuro ulteriori occasioni di colloqui. "Non abbiamo fissato una data. La mia sensazione è che ci vorrà del tempo, ognuno di noi dovrà riorganizzarsi", ha detto ai giornalisti.

I TEST MISSILISTICI - Trump riferisce poi che  "la Corea del Nord ha detto che non riprenderanno i test missilistici". E il presidente Usa insiste: "Kim ha detto che non farà test missilistici o su qualsiasi cosa abbia a che fare con il nucleare".

REAZIONI INTERNAZIONALI - Il mancato accordo ha avuto un'eco anche negli altri Paesi.  La Corea del Sud ha giudicato "deplorevole" l'esito del summit. Il portavoce della presidenza sudcoreana, Kim Eui-kyeom ha dichiarato che comunque "appare chiaro che sono stati compiuti progressi significativi rispetto a qualsiasi altro punto del passato". Il ministro degli Esteri tedesco, Heiko Maas, si è detto rammaricato per l'insuccesso del summit: "Se la Corea del Nord si fosse convinta a mettere fine al suo programma nucleare e smantellare il suo arsenale atomico, il mondo sarebbe molto più sicuro", ha detto. Anche la Cina spera che "il dialogo e le comunicazioni possano continuare - commenta  il portavoce del ministero degli Esteri, Lu Kangnto - Entrambe le parti avevano mostrato sincerità".

LA RELAZIONE DEGLI 007 - La maggior parte degli analisti concordano nel sostenere che la disponibilità a denuclearizzare mostrata da Kim Jong-un negli ultimi tempi sia in realtà un "espediente" per ottenere un riconoscimento internazionale. Lo scrivono i Servizi Segreti nella relazione al Parlamento in un focus dedicato alla Corea del nord. Secondo "la lettura più ottimistica" Kim Jong-un si sarebbe convinto di non poter più perseguire in parallelo lo sviluppo di un arsenale nucleare e il consolidamento dell'economia. Per questo avrebbe "deciso di conferire priorità al miglioramento dei livelli di vita delle popolazione, così da tutelare anche la propria legittimità".

Ma la realtà sulle vere intenzioni del presidente nordcoreano, secondo gli 007, è ben diversa: "Più numerose - aggiungono infatti i Servizi nella Relazione - risultano le voci improntante a scetticismo, che ricordano come la Corea del Nord si sia già impegnata in passato a rinunciare al proprio programma nucleare senza però mai dare seguito coerente a tali assicurazioni". E dunque, secondo questa lettura, la "dichiarata disponibilità a denuclearizzare non sarebbe altro che un espediente" di Kim "teso ad ottenere riconoscimento internazionale e ad incassare un allentamento della pressione economica che attanaglia il Paese".

CENTRALE NUCLEARE - Le sanzioni imposte al regime di Pyongyang sono la conseguenza della febbrile attività del centro di ricerca nucleare di Yongbyon. La centrale situata a un centinaio di chilometri da Pyongyang è il cuore pulsante del programma nucleare nord-coreano, una lunga serie di edifici in cui si produce il materiale fissile per il programma bellico. Inaugurato nel 1986, ospita il primo reattore nucleare del Paese, con una capacità di cinque megawatt, ed è l'unica fonte nota di plutonio in Corea del Nord; ma produce anche altri combustibili utilizzabili per bombe nucleari, l'uranio altamente arricchito e il trizio. Secondo uno studio dello Stanford Center for International Security and Cooperation del 2019, continua ad espandersi nonostante il disgelo diplomatico e nel 2018 ha prodotto materiale fissile sufficiente per cinque, sei o sette bombe atomiche.