Martedì 5 Novembre 2024

Oscar 2017, una notte all'insegna delle proteste anti-Trump

La comunità di Hollywood è piuttosto critica verso l'amministrazione Usa: è plausibile che più di un vincitore lanci messaggi critici dal palco. I precedenti delle proteste

Jodie Foster a una manifestazione anti-Trump (Ansa)

Jodie Foster a una manifestazione anti-Trump (Ansa)

Los Angeles, 26 febbraio 2017 - La lunga  notte degli Oscar  2017 è all'insegna delle proteste anti-Trump, con la comunità di Hollywood che lancerà varie frecciate alla nuova amministrazione Usa. Il premio è atteso e visto in tutto il mondo da oltre 100 milioni di persone: un'occasione ghiotta per farsi sentirem ed è molto plausibile che più di un vincitore colga l'occasione per lanciare messaggi critici nei confronti anti-Trump. 

Non sono un mistero le convinzioni di star come Meryl Streep, Mahershala Ali, Viola Davis, Dev Patel, Jeff Bridges e molti altri, che hanno già avuto occasione di dire la loro in materia. L'ultimo in ordine di tempo è stato Casey Affleck che ieri, dal palco degli Independent Spirit Awards, ricevendo la statuetta per il migliore attore protagonista (per Manchester by the Sea) ha attaccato: "Le politiche di questa amministrazione sono abominevoli e non dureranno, sono davvero anti-americane, è tempo di lottare per il futuro e l'anima della nostra nazione. So che suona come una noiosa predica, ma sto solo aggiungendo la mia voce al coro... sono orgoglioso di fare parte di questa comunità".

Oscar 2017, folla a Trafalgar square per il film iraniano

Altrettanto potente è l'assenza del regista di uno dei candidati all'Oscar per il miglior film straniero: l'iraniano Asghar Farhadi, candidato per 'Il cliente', ha deciso di non essere presente in aperta protesta contro le misure restrittive in entrata negli States imposte a sette paesi, Iran compreso. E a Trafalgar square a Londra un maxischermo trasmette la notte degli Oscar, il suo film e un suo messaggio.

Non più tardi di due giorni fa Jodie Foster e Michael J. Fox hanno invitato a opporsi alle politiche di "esclusione e divisione" del presidente Donald Trump, intervenendo a un raduno a Los Angeles. La Foster ha ammesso di non sentirsi "a proprio agio a usare la mia fama", ma "questo è un anno diverso, ed è il momento di farsi avanti, è il momento di impegnarsi". "Non importa per chi si è votato, rosso o blu, non importa se si è bianchi, neri o marroni o di tutti i colori dell'identità arcobaleno, questo è il nostro momento per resistere - ha aggiunto la star - è il nostro momento per farci avanti e fare domande. E' il nostro momento per dire ai rappresentanti eletti di fare il loro lavoro". 

Da parte sua Michael J Fox, diventato cittadino americano circa 20 anni fa, ha dichiarato che voltare le spalle agli immigrati è "un assalto alla dignità umana", dicendosi "orgoglioso di essere qui a sostegno dei valori e dei principi che ammiro". 

Non è una novità, che la politica si mischi alla premiazione degli Oscar: Michael Moore nel 2003, accettando l'Oscar per Bowling for Columbine, disse: "Chi fa documentari ama la realtà e noi amiamo la realtà anche se viviamo in un tempo finto in cui ci sono state elezioni finte". Il discorso era rivolto all'elezione di George W. Bush e finiva con un clamoroso "Vergogna, Signor Bush". Ancora: tre anni fa, ben prima dell'idea di Trump di costruire un muro fra Stati Uniti e Messico, Alejandro González Iárritu parlò sul tema dell'immigrazione: "Mi auguro che i messicani che vivono in questo Paese vengano trattati con la stessa dignità e rispetto delle persone che sono arrivate prima ed hanno costruito questa incredibile nazione di migranti".

E si può tornare anche al lontano 1978, quando Vanessa Redgrave ricevette applausi e fischi per aver definito "un gruppetto di delinquenti sionisti" gli autori di una protesta contro il documentario The Palestinian, da lei prodotto e narrato. Nel '93 Richard Gere, denunciò la violazione dei diritti umani in Tibet da parte della Cina, ma il gesto che è rimasto alla storia è quello di Marlon Brando, nel 1973, che vinse la statuetta per la parte di Don Vito Corleone in Il Padrino ma non accettò il premio e fece salire sul palco l'attivista Sacheen Littlefeather, che spiegò il gesto di Brando come protesta per "il modo in cui i nativi americani sono trattati dall'industria del cinema".