Venerdì 27 Settembre 2024
LORENZO BIANCHI
Esteri

Iran, l'attentato dell'Isis contro il 'nemico' Teheran

Non è un caso che l'autoproclamato Califfato Islamico abbia attaccato prima il Parlamento e poi il mausoleo dell’ayatollah Ruhollah Khomeini. E anche i tempi sono sospetti

Gente in fuga dal Parlamento iraniano a Teheran (Lapresse)

Gente in fuga dal Parlamento iraniano a Teheran (Lapresse)

Roma, 7 giugno 2017 - Due commando jhadisti hanno colpito i simboli dell’Iran, prima il Parlamento e poi il mausoleo dell’ayatollah Ruhollah Khomeini, l’assemblea eletta dal popolo e la tomba del religioso che ha fondato la teocrazia. Due obiettivi perfetti per l’ideologia dell’autoproclamato Califfato Islamico che considera il voto individuale il massimo dell’abiezione (perché sarebbe l’anticamera dell’anarchia) e gli sciiti "apostati", ossia traditori dell’Islam che debbono semplicemente sparire dalla faccia della terra. Anche il tempo scelto per l’incursione nel cuore dell’Iran non è casuale. Sono passate appena 48 ore dalla rottura dei rapporti diplomatici dell’Arabia Saudita, degli Emirati Arabi Uniti e dell’Egitto con il Qatar e pochi giorni dalla visita del presidente statunitense Donald Trump che ha rinsaldato lo storico legame dell’Occidente con il Regno firmando contratti di forniture militari per 110 miliardi di dollari.

Non solo. Ieri è cominciato l’assalto finale a Raqqa, la capitale dell’Isis in Siria, il Paese nel quale hanno combattuto con molta determinazione contro i ribelli jihadisti anche le forze speciali Quds (Gerusalemme) dei Pasdaran della Rivoluzione guidate dal generale Qassem Soleimani. Il 28 marzo il Califfato Islamico ha diffuso un video in lingua farsi intitolato "Persia: il passato e il presente", nel quale esorta i suoi aderenti a ribellarsi alla teocrazia iraniana e annuncia la costituzione della brigata “Salman al Farsi” (un compagno di Maometto). Le immagini mostrano il suo addestramento nella provincia irachena di Diyala che confina con il territorio di Teheran. Il 27 settembre dell’anno scorso le forze di sicurezza iraniane hanno dichiarato di aver ucciso il comandante Abu Aisha al Kurdi a Kermanshah, una città iraniana vicina al confine con l’Iraq. Secondo i servizi di sicurezza di Teheran i giovani arrestati perché stavano per unirsi ai miliziani in nero di Abu Bakr al Baghdadi sono almeno 1500. Uno, Abu Mohammad al Irani, è sfuggito alle loro retate è si è fatto esplodere nel maggio del 2016 a Ramadi, la capitale della provincia sunnita irachena di al Anbar. Reza Niknejad, un americano-iraniano, si sarebbe arruolato in Siria.

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Sono sintomi di un malessere interno che la teocrazia di Teheran non vuole ammettere neppure quando si trova a dover affrontare un clamoroso doppio attacco come quello di oggi. Il presidente del Parlamento Ali Larijani, un conservatore molto vicino alla Guida Suprema Ali Khamenei, lo ha definito "un evento minore" che però "rivela che i terroristi sono in  grado di creare problemi". Per volontà del numero uno dell’assemblea legislativa, la Majlis, la riunione dei deputati è continuata a porte chiuse anche durante i raid dei terroristi.