Londra, 15 giugno 2017 - Persone disperate che si lanciano dalle finestre per salvarsi dalle fiamme, bambini gettati nel vuoto nella speranza di sottrarli alla furia del fuoco. Le grida d’aiuto, il fumo che avvolgeva ogni cosa attorno, il puzzo di bruciato che rendeva l’aria densa e irrespirabile. L’incendio alla Grenfell Tower è stato l’11 settembre di Londra.
Lo racconta la testimonianza di chi è riuscito miracolosamente a sopravvivere all’inferno nel grattacielo e che ha una spaventosa somiglianza con quella dei superstiti delle Torri Gemelle. «Si sentiva gente gridare: aiutatemi, aiutatemi. Una madre ha lanciato il suo bambino dal decimo piano, avvolto in una coperta», racconta concitata Tamara davanti allo scheletro dell’edificio di 24 piani che continua a fumare. Mentre il bambino cadeva giù, continua, un uomo è sbucato dalla folla che era già fuori dall’edificio e lo ha preso al volo, salvandolo. Secondo alcune fonti si tratterebbe del padre.
Kaio vive a pochi passi dalla ‘torre’ e dice di aver visto «un uomo che si gettava da uno dei piani più alti del grattacielo per cercare di salvarsi dalle fiamme». È ancora in ciabatte e pantaloncini corti, uscito di casa come si trovava nel cuore della notte. «C’era chi cercava di scendere legando le lenzuola tra loro. Chi accendeva e spegneva le luci nell’appartamento per farsi vedere dai vigili del fuoco». Tentativi estremi di sfuggire alle fiamme che sembravano moltiplicarsi ad una velocità mostruosa, raccontano in tanti, «senza pietà». Jordan continua a ripetere angosciato che «tutto era folle, un caos, come l’11 settembre». Alcuni amici gli hanno raccontato di aver visto «persone come torce umane, giù dai balconi». «Appena ho sentito, sono corso a casa. C’era mia madre da sola. È disabile, non si può muovere».
Jamal è uno dei tanti musulmani che abitano nel palazzone grigio costruito negli anni 70. Un angolo ‘working-class’ e multietnico incastrato tra il lusso di Kensington e l’eleganza di Notting Hill. Jamal e la mamma sono riusciti a salvarsi perchè vivono in 30 metri quadri al 3 piano. Si trascina un bustone del supermercato dove ha messo le poche cose scampate alle fiamme. «Ho perso tutto, i vestiti, i mobili, ma mia madre è viva. È tutto quello che conta», tira un sospiro di sollievo. Quando è scoppiato l’incendio come lui molti giovani erano in strada a festeggiare la fine della giornata di Ramadan. La maggior parte della gente qui è di origine pachistana, maghrebina, turca. Alcuni vivono ai margini, tanti sono disoccupati. Una tragedia come quella di questa notte può far esplodere la rabbia. «Dall’una alle quattro di mattina, i vigili del fuoco non sono intervenuti. Guardavano il grattacielo bruciare», urla Aysha che è in pena per una famiglia di amici con tre bambini piccoli che abitava al 21esimo piano. Qui tutto il giorno migliaia di londinesi sono accorsi a portare medicine, cibo, acqua, coperte e vestiti per chi ha perso tutto tra le fiamme.